Storace: “L’intesa sulla legge elettorale non durerà più di 5 minuti”
06 Settembre 2007
“Non durerà più di cinque minuti… E’ stato un grande momento tattico, ma la strategia dov’è?”. Francesco Storace, leader della neonata “La Destra”, non la manda a dire, e stronca senza appello l’accordo sulla legge elettorale siglato da Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega.
Senatore, cos’è che nel sistema proposto dai partiti del centrodestra secondo lei non va?
“A parte il fatto che questo accordo non durerà più di cinque minuti, si tratta di una iniziativa controproducente. Sostanzialmente si propone il sistema tedesco, infiorettandolo con la clausola che il premier viene indicato prima delle elezioni. Ma il punto è questo: se non si introduce il premio di maggioranza, il premier che vince le elezioni viene ricattato il giorno dopo aver vinto, e due giorni dopo può essere cacciato. Insomma, si rischia di riprodurre alla Camera domani quello che oggi succede al Senato. Io credo che questo sia l’errore, perché il bipolarismo si afferma se c’è il premio di maggioranza. E poi…”
E poi?
“Non vorrei polemizzare con Fini, ma ricordo che fino all’altro ieri ha raccolto firme e mobilitato gli italiani a sostegno di un referendum che prevede un premio di maggioranza spietato… Non è una cosa seria. E sorvoliamo sul fatto che forse si pensa di poter fare a meno di consultare altri soggetti che potrebbero essere coinvolti nella partita. Ma non credo sia questa la fine del film”.
Senatore, in sostanza siete arrabbiati perché “La Destra” non è stata coinvolta nell’accordo? E’ già finito l’idillio che il gossip politico le attribuisce con Berlusconi?
“No, quello c’è… Ripeto, non credo sia questa la fine del film: in un Paese in cui si va al governo per 25mila voti, le forze che possono catalizzarne qualche milione è bene tenersele da conto. Il problema è distinguere tra la tattica e la strategia. Quanto a me, io non ho mai sofferto di gelosie per gli incontri. Se non siamo stati chiamati, vuol dire che non è una cosa seria… E poi, diciamolo chiaramente, vorrei sapere quanti dei signori che capeggiano le forze del centrodestra sarebbero favorevoli a riportare Berlusconi a Palazzo Chigi”.
Sta dicendo che qualcuno tra i firmatari dell’accordo bara e vuole aprire la partita per la leadership?
“L’accordo sulla legge elettorale in realtà è un bavaglio a Berlusconi. Guardi, io sono uno che l’autonomia la pratica. Ritengo che Berlusconi sia la risorsa che serve al Paese, o almeno il meno peggio che c’è rispetto ai contendenti. Poi, se ci sono veti nei nostri confronti, ne prenderemo atto. Ma al Cavaliere suggerirei di non dar retta a chi cerca di imporgli tali veti, perché è proprio così che si perdono le elezioni”.
Veniamo alla domanda d’obbligo: cosa vede nel futuro del centrodestra?
“Il centrodestra deve ritrovarsi innanzi tutto nei valori, su questo punto condivido molte delle cose che dice Tremonti. Il nome della vostra testata è eloquente: non c’è dubbio che debba essere compiuta una scelta di campo che è occidentale, cristiana e profondamente radicata nella cultura della nazione. Io voglio stare in una coalizione che si indigna se un crocifisso viene buttato per strada, che si inquieta se un criminale esce di galera dopo un giorno dopo aver commesso gravi reati, che vuole per i suoi figli la certezza di un futuro ordinato, e che soprattutto esige che questi figli abbiano una madre e un padre. Non è certo che con la sinistra al potere questa sia la condizione in cui ci troveremo un domani”.
Sul fronte politico, quali sono le condizioni preliminari perché tutto questo possa essere realizzato?
“Deve essere coltivata una autentica e sostanziale capacità di rinnovamento. Bisogna uscire dalla logica della casta, fissare dei limiti agli stessi mandati dei parlamentari, restituire agli elettori la possibilità di esprimere la propria preferenza”.
Sulla reintroduzione della preferenza la sua posizione non sembra riscuotere molto successo, sia a destra che a sinistra…
“Su questo sbagliano entrambi gli schieramenti”.
Sarebbe favorevole alla genesi di un partito unico del centrodestra? E in tal caso, sarebbe della partita?
“Io sono disposto ad un processo di aggregazione che sia di destra. Se il centrodestra diventa un partito di destra, allora sono favorevole ad un percorso unitario. Io con il centro mi ci alleo, fare un partito insieme è un’altra cosa”.
Ritiene che la condizione che lei pone sia realizzabile? Per parlar chiaro, ad un partito di cui faccia parte l’Udc, ci starebbe?
“Se l’Udc diventa di destra come An è diventata di centro se ne può parlare… Di questi tempi tutto può succedere. Non mi spavento dei contenitori, ciò che mi preoccupa sono i contenuti. All’interno di Alleanza nazionale questi contenuti si sono molto modificati, ed è per questo che ho fatto una scelta diversa, anche rischiando qualcosa. Continuo a preferire le idee alle poltrone staticamente conquistate…”.