Storace si chiude a “Destra” ma sa che la scelta è solo rinviata
09 Novembre 2008
Francesco Storace è una vecchia volpe della politica italiana. Uno che ha fatto la gavetta, quella vera, fatta di militanza, di estenuanti campagne elettorali, di traversate del deserto. Sa cosa sia il consenso e sa come si maneggia il potere. Storace ha fatto la politica delle retrovie quando era portavoce di Gianfranco Fini e ha saputo conquistare il proscenio da governatore e da ministro. Ha consumato i suoi strappi personali e ha fatto i conti la sua storia politica. Ora deve dimostrare di avere la stoffa del leader, di poter giocare con i numeri uno, e la “Destra” di cui ieri è stato confermato segretario è lo spazio di questa sfida.
Quando dice che “le trattative si fanno da posizioni di forza” non solo declina una delle regole dell’abc della politica, ma mette nel conto una sua crescita personale in una congiuntura che potrebbe essergli favorevole. Il sostanziale fallimento del Pd veltroniano e la lentezza con cui procede il progetto del Pdl rischiano di aiutare una formazione che ha sempre ritenuto non possibile e non desiderabile un assetto bipolare della politica italiana. Se a questo si aggiunge lo stallo sulla modifica della legge elettorale per le europee, Storace potrebbe rientrare sulla ribalta nazionale passando per Strasburgo, assieme ad una miriade di formazioni minori di destra e sinistra. A quel punto sarà facile per chiunque mettere in discussione il risultato sistemico delle elezioni dell’aprile scorso, quando sembrò profilarsi una forte semplificazione del quadro politico.
Storace guarda a questa prospettiva e non ha nessun interesse oggi a infilarsi nelle spirali di un possibile dialogo con il Pdl con il rischio di perdere libertà di manovra e attrattiva per il suo elettorato di riferimento. Per questo saluta con rispetto e interesse l’inviato del Pdl al suo congresso, Gaetano Quagliariello, ma niente di più. Ed ha buon gioco a rispondere con un filo di iattanza al suo interlocutore che si spingeva a prevedere una futura confluenza della Destra “in uno stesso partito”. Ma nello stesso tempo ha ragione Quagliariello, e da prova di un certo realismo, quando dice che il futuro “è una sfida aperta” e cioè che il modello bipolare incarnato dal Pdl e quello “coalizionale” in cui credono Storace e tanti altri, sono ancora oggi in competizione.
Non si tratta insomma di un percorso già scritto dalla supremazia dei numeri in cui è destino che il piccolo soccomba al grande: lo scontro è più complesso, più sottile e coincide con lo spazio della politica e delle risorse dei suoi protagonisti. E non è neppure tutto legato, come Storace sembra voler credere o far credere, alla sorte personale di Silvio Berlusconi. La vicenda del centro destra conta ormai 15 anni e in politica la durata conta più delle persone: puntare tutte le proprie carte sulla variabile Berlusconi sarebbe rischioso e anche un po’ ingenuo.
E’ probabilmente vero, invece, come ha detto Storace a Quagliariello che “nella Destra nessuno vuole stare in un partito con te”. Ma si tratta di una fotografia scattata oggi, in più nell’esaltazione propria di ogni congresso di partito. Ma Storace sa bene che le cose possono cambiare. La Destra e il Pdl sono divisi da molte cose, un certo reducismo, vecchie mitologie legate alla Fiamma tricolore e all’immagine di Almirante e una diffusa vena di antiamericanismo, c’è però un pantheon di valori in comune (basti pensare che al congresso c’erano le immagini di Oriana Fallaci e di Benedetto XVI), si tratta di vedere se questo possa essere meglio tutelato e promosso nel piccolo confine di un partito identitario e geloso della sua autonomia, o nel contesto di una partito a vocazione maggioritaria e con una solida cultura di governo.
Oggi si tratta di uno scontro di opinioni, di battute, fischi e applausi. Domani, con l’evoluzione del quadro politico, si dovrà fare i conti con i fatti. Se la legge per le europee dovesse cambiare, se le riforme costituzionali dovessero riprendere il cammino interrotto dal referendum della sinistra, se le modifiche dei regolamenti parlamentari fossero portate a termine come previsto, se in poche parole il modello bipolare dovesse consolidarsi allora Storace dovrà fare una scelta molto più difficile. Barricarsi dentro i confini del suo partito in nome di una identità unica e indivisibile e farsi acclamare segretario ogni volta che vuole, o allargare il campo della sua sfida in nome di un patrimonio comune e condiviso. Quello è il momento in cui si vedrà se c’è la stoffa del leader.