Storace spiazza Fini e va a Destra

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Storace spiazza Fini e va a Destra

03 Luglio 2007

Francesco Storace ha lasciato Alleanza Nazionale. Questa mattina il senatore dal suo sito internet ha diffuso la notizia pubblicando la lettera inviata al partito in cui motiva la sua scelta.

Una decisione che in An non ha colto nessuno di sorpresa. Ormai era noto da tempo che il senatore, ex governatore del Lazio e ministro della Sanità, era in rotta con la nomenclatura del partito. In particolare con Gianfranco Fini con il quale dall’inizio della Legislatura aveva ingaggiato una strisciante guerra fredda. Uscito da oltre un anno dall’Esecutivo nazionale e poi, per scelta, lo scorso maggio dall’Assemblea nazionale per Storace il passo di oggi è stato quasi consequenziale. Come lui stesso ha precisato nella lettera “credo che questa non sia più la mia casa politica”.  Dimissioni che peraltro aveva già annunciato lo scorso aprile dalle colonne di Panorama dove spiegava che qualora non si fosse indetto per l’estate il Congresso nazionale avrebbe rassegnato le dimissioni. Che adesso sono arrivate.

Nella lettera l’ex governatore mette sotto accusa Fini che starebbe trasformando “Alleanza nazionale nell’ennesimo partito di centro esistente in Italia”. Un partito che per Storace “ha praticamente esaurito la funzione di rappresentanza dei valori della Destra”, dove Fini è “molto impegnato nel tentare a tutti i costi, attraverso formule che si modificano quotidianamente e incomprensibilmente, nel liberarsi di quello che appare sempre più un fardello ingombrante per i suoi disegni politici”.

Sulla dialettica interna anche qui l’ex ministro lamenta più di un punto debole: “In Alleanza nazionale, salvo qualche rara e coraggiosa eccezione, non ho visto nessuno disponibile ad impegnarsi per pretendere coerenza rispetto alle idee con cui fondammo a Fiuggi la nuova destra italiana. Addirittura si rifiuta la celebrazione del congresso nazionale – cinque anni dopo l’ultimo! – con motivazioni assolutamente sconcertanti”. Questa l’analisi per il passato.

Sul futuro l’ex ministro precisa che “seguirò, come indipendente di destra, le direttive del gruppo parlamentare ogni volta che saranno formalizzate dalla maggioranza dei senatori nelle riunioni del gruppo medesimo. Altrimenti mi regolerò con la mia coscienza e nel rispetto dei nostri valori nelle votazioni d’aula”. Parole dure e circostanziate che qualcuno all’interno del partito in silenzio e nell’ombra sembra addirittura condividere pienamente. Non è un mistero che le interviste rilasciate da Fini in cui impostava ed imponeva la linea politica del partito da molti non siano state digerite. Le posizioni sul referendum, e prima ancora sul fascismo, su Israele e la decisione solitaria sulle quote rosa hanno lasciato più di qualche strascico. Il tutto legato all’assenza di un confronto e di un dibattito interno. All’assenza totale di dialettica politica, elemento essenziale per la vita di un partito che da qualche angolo si sussurra ormai vada avanti solo a forza di unanimismi mascherati.

Perplessità che, invece, ad alta voce Teodoro Buontempo, deputato e coordinatore regionale dell’Abruzzo riprende: “Le ragioni politiche, organizzative e di democrazia interna sollevate da Storace sono tutte reali e hanno tutte la loro importante sostanza che più volte è stata sollevata all’interno di Alleanza Nazionale. Mi dispiace che nessuno dei cosiddetti colonnelli abbia fatto un passo per ricondurre a leale confronto politico le ragioni sollevate da Storace”.

Una dichiarazione da leggere con attenzione non solo perché a favore di Storace ma perchè “er pecora” è l’unico in grado di carpire gli umori più profondi del partito e della sua base. Dal vertice di An giunge, invece, una netta chiusura. I capigruppi di Camera e Senato, La Russa e Matteoli non condividono le motivazioni delle dimissioni storaciane mentre Fini derubrica tutta la vicenda ad un laconico: “Sono umanamente dispiaciuto, ma trovo che le motivazioni politiche addotte da Storace siano inconsistenti”. Tattica ma molte questioni rimangono aperte. In primo luogo la capacità di attrazione che avrà la nuova formazione storaciana. La scelta del nuovo simbolo, lanciato sempre oggi sul sito del senatore, che richiama a valori tradizionali della destra come il tricolore e la fiaccola del vecchio Fronte della Gioventù, ed il nome molto evocativo “La Destra” sono tutte scelte che mirano ad erodere quello zoccolo duro e missino legato finora ad An per mancanza di altre alternative. Una scelta che Storace adesso vuole offrire.

Secondo alcuni l’ex Governatore punterebbe al tre per cento. Previsioni molto spesso smentite dalla realtà. Però a preoccupare è un altro aspetto e cioè i risvolti interni. Non tanto la questione che altri in An possano seguire le orme di Storace. In molti casi i nomi sono gettati nel frullatore, come con Daniela Santanchè e Alfredo Mantovano. Il timore è un altro. I contraccolpi politici e la possibilità che la porta sbattuta da Storace possa risvegliare la pratica del dissenso interno con la nascita, sarebbe la prima volta per Fini, di una opposizione interna.

In una fase così delicata per il leader di An, che si sta giocando le sue carte per diventare erede di Berlusconi, un partito dilaniato o azzoppato da un dissenso interno non sarebbe un buon viatico. Paradossalmente altre uscite rafforzerebbero Fini anziché indebolirlo. Per questo sarà importante leggere le mosse di quelli da sempre considerati in procinto di andarsene per capire quale sarà il futuro di An e del suo leader. A cominciare dalla Santanchè che continua a dire che “il confronto non è rinviabile all’infinito”. Un messaggio non di abbandono e poco rassicurante per Fini.