Storia del jihadista kosovaro che ha ucciso due soldati americani

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Storia del jihadista kosovaro che ha ucciso due soldati americani

10 Marzo 2011

Il giovane kosovaro che mercoledì scorso ha ucciso 2 militari Usa davanti all’aeroporto di Francoforte ha agito per vendicarsi dell’intervento Usa in Afghanistan. Lo rivela il procuratore federale tedesco, Rainer Griesbaum, aggiungendo che il killer aveva visto un filmato che mostrava presunte atrocità commesse da militari americani.

Ardi Uka – nome di battaglia Abu Reyann, 21 anni e originario di Mitrovica, Kosovo, ma nato e cresciuto in Germania – è stato arrestato subito dopo dagli agenti di sicurezza del terminal, dichiarando di aver compiuto l’atto dopo aver visto un video su youtube che mostrava “alcuni soldati americani irrompere in un’abitazione musulmana” in Afghanistan e “violentare” una ragazza.

Nel corso dell’attacco, Uka ha esploso 9 colpi di pistola, uccidendo sul colpo un militare Usa e un altro che era alla guida del bus. Ovviamente dobbiamo essere cauti a non dare giudizi sommari sulla "matrice di un gruppo islamica", perché questa volta pare che si sia trattato di un gesto folle generato sì da odio di matrice religiosa, ma non da un gruppo ben organizzato.

Un kosovaro di religione islamica che uccide soldati americani lo fa per motivi diversi, forse perché imbevuto di odio anti-occidentale o perché influenzato dalla propaganda di uno dei tanti siti web integralisti. Ma da solo un singolo uomo non può essere definito come un “gruppo di matrice islamica”. Se non fosse che nel frattempo le autorità hanno scoperto che Uka era amico di un fondamentalista tedesco di origine siriana, Rami M., arrestato nel giugno 2010.

Rami M. era stato precedentemente arrestato dall’ISI (il servizio secreto pachistano) per incitamento all’odio religioso. Il ragazzo viveva insieme ai genitori e a due fratelli in un appartamento del quartiere di Sossenheim, a Francoforte, ma da Gennaio lavorava come precario all’ufficio postale internazionale dello scalo tedesco, situato a pochi metri dal luogo dell’attentato.

Non tutti sanno che il nonno di Uka è un noto imam Wahabita nel vilaggio di Zhabar, a Mitrovica. Oltre a suo nonno, anche l’imam di Mitrovica, Avdullah Bejta, città del Kosovo settentrionale, di cui è originario l’attentatore, ha espresso sconcerto per il gesto del ragazzo che "mai avrebbe creduto capace di compiere una tale azione". Il religioso ha precisato che la morte dei due soldati "ci trafigge il cuore" poiché "la religione musulmana non sprona alla morte ed alla violenza".

Ciò non toglie che nei Balcani ci siano alcuni nuclei wahabiti estremisti e legati alla sfera di influenza del mondo arabo, non a quella turca; benché minoritari, sono presenti nelle zone rurali e arretrate e non nei centri urbanizzati e anche per questo sembrano incapaci di esercitare un vero appeal sulla popolazione. La minaccia wahabita, un’ideologia islamica radicale e aggressiva, contigua al terrorismo internazionale, non risparmia il Kosovo.

I wahabiti, insediati inizialmente entro i porosi confini della Bosnia, ora minacciano anche i musulmani moderati di Pristina. Silenziosi, confusi fra la gente e nelle zone periferiche o rurali, di passaggio e in attesa di mete più definite, predicano l’unità assoluta del loro credo con la lotta a ogni forma deviante dalla purezza del culto: la tawhid. La popolazione musulmana moderata li teme, così come quella cristiana, e cerca di parlarne il meno possibile.

Si spostano con frequenza, e “vengono da lontano”, dalle rete dalla jihad internazionale, così come vengono da lontano gli ingenti fondi che sono distribuiti mensilmente ai proseliti per guadagnare la fede di un uomo a prezzo stracciato. L’Arabia Saudita spende centinaia di milioni di dollari per sponsorizzare la jihad balcanica, erogando uno stipendio di quattrocento euro al mese a ogni nuovo convertito. Anche in Macedonia le autorità sorvegliano un manipolo di volontari qaedisti, già reclutati per la guerra in Afghanistan.