Storia del piccolo Tommy che sogna di essere Tammy

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Storia del piccolo Tommy che sogna di essere Tammy

20 Ottobre 2011

Una coppia americana ha un figlio di 11 anni, che si chiama Tommy. Tommy è un bambino confuso e insicuro, come tutti i bambini della sua età. È in quella fase pre-adolescenziale in cui un ragazzino si prepara a cambiare tutto del suo fisico, del suo animo e della sua mente, in cui non si sente né carne né pesce, e in cui trova il suo riferimento sessuale nel genitore del suo stesso sesso, con cui si rapporta e si confronta. Ma Tommy è figlio adottivo di una coppia lesbica e ha un padre che è solo biologico.

Le madri di Tommy affermano che il loro bambino non si sente perfettamente a suo agio nel suo corpo, che è fin dalla tenerissima età che sostiene di non appartenere al genere maschile, che si veste da femminuccia e ha persino minacciato più volte di mutilarsi i genitali pur di diventare una bambina. Per questo viene sottoposto da mesi a terapie psichiatriche volte ad accertarne l’effettiva identità sessuale, E così, in attesa di capire se in futuro deciderà di essere Thomas o una donna, avviando tutte le ordinarie procedure per il cambio di sesso di un transgender, le due mamme gli stanno somministrando ormoni bloccanti della crescita. Nel frattempo, per non sbagliare, vestono Tommy da femmina e lo chiamano Tammy.

Nelle intenzioni delle due appassionate “genitore”, c’è l’idea di ritardare quanto più possibile lo sviluppo fisico del figlio – almeno fino a 14, 15 anni – per dargli il tempo di capire se vuol continuare ad essere un maschietto o preferisce cambiare il suo sesso, assieme a tutto il resto. Nella scelta sono sostenute da quanti ritengono che si tratta di dare ai bambini e le loro famiglie l’opportunità di prendere la giusta decisione. La libertà di scelta, sacrosanta in una società evoluta e aperta alle nuove dimensioni sociali.

Ma l’opinione pubblica è divisa. C’è chi sostiene che si tratti di vero e proprio abuso sui minori, che pasticciare con la natura umana può portare effetti devastanti non solo dal punto di vista psicologico per il piccolo Tommy, che gli inibitori dello sviluppo ormonale possono alla lunga provocare malattie anche letali, che 11 anni sono troppo pochi per decidere persino quale scuola frequentare o quale sport praticare, figuriamoci a quale sesso appartenere, che non devono e non possono essere i genitori ad incoraggiare o favorire scelte di questo tipo. Che la legge, lo stato dovrebbe difendere i soggetti deboli e incapaci di tutelare loro stessi. Che molti bambini che mettono in dubbio la propria identità sessuale in fase preadolescenziale, con lo sviluppo scoprono una perfetta appartenenza al proprio genere naturale. Che questo tipo di terapie andrebbe piuttosto adottate attorno ai 20 anni, quando la definizione della propria identità sessuale è completa. Che il 61 per cento delle persone che desiderano un cambiamento di sesso si trovano ad avere disturbi psichici secondari, come la depressione o disturbi dissociativi. Che probabilmente c’è qualcosa che non va nell’adozione di una coppia lesbica di un figlio maschio.

Sembrerebbe la trama dell’ultimo film di Pedro Almodovar. E invece tutto questo è vero. E accade in California.