Storia della “singolar tenzone” tra il Cremlino e Downing Street
18 Luglio 2007
Tutto è cominciato quando la giornalista russa Anna Politkovskaya – che non aveva mai risparmiato critiche al governo russo, specie per la conduzione della guerra in Cecenia – è stata trovata morta nel suo appartamento di Mosca il 7 ottobre dello scorso anno, con due ferite di arma da fuoco sul corpo. È qui che entra in scena l’ex 007 russo Alexander Litvinenko, che comincia a indagare sulla morte della giornalista. Poco tempo dopo, il primo novembre, avviene l’incontro al Millennium Hotel di Londra, che vede protagonisti un altro ex agente segreto del Kgb, Andrei Lugovoi, e il suo amico Dimitri Kovtun, uomo d’affari di stanza a Mosca. Ovviamente alla riunione prende parte anche Litvinenko. A questo punto accade il fattaccio: il cameriere del “Pine Bar” bar al Milenniun Hotel viene distratto proprio nel momento in cui sta servendo un tè, che Lugovoi aveva caldamente consigliato. “Un russo non rifiuta mai di bere in compagnia di un suo connazionale”, pare abbia detto quest’ultimo a Litvinenko prima di avvelenarlo.
In quella tazza di te c’erano pochi milligrammi di polonio 210, una sostanza radioattiva che emette particelle Alfa le quali una volta all’interno del corpo liberano un energia in grado di generare radicali liberi che a loro volta possono danneggiare a fondo gli organi con i quali vengono a contatto. Oltretutto, il polonio 210 è difficilissimo da rintracciare perchè tutte le radiazioni che emette rimangono all’interno del corpo umano. Secondo la BBC, questa sostanza non è ottenibile facilmente in Gran Bretagna, per questo gli inquirenti ritengono che sia di provenienza russa.
A questo punto entra in scena anche il nostro Mario Scaramella, che incontra Litvinenko in un sushi-bar di Londra, a Piccadilly square. Il russo accuserà poi un malore (sarà stato il sushi o il polonio?). L’11 novembre 2006, Litvinenko si confida con alcuni giornalisti della BBC dal suo letto di ospedale, e, riferendosi al suo incontro con Scaramella, dichiara: “Mi ha consegnato alcune carte in cui c’era il nome della persona che apparentemente sembra avere qualcosa a che fare con l’omicidio di Anna Politkovskaya”.
Il 22 novembre, mentre il governo di Mosca declina ogni responsabilità sull’accaduto e il signor Litvinenko perde tutti i capelli a causa dell’avvelenamento, Scaramella dichiara che l’ex-agente del Kgb aveva preso visione dei documenti in cui veniva additato come possibile bersaglio, mentre si trovava al Sushi-bar di Piccadilly . Il giorno seguente Litvinenko muore, dopo una lunga agonia. Ai suoi assassini dichiara: “Avete provato a voi stessi di essere tanto barbari e spietati quanto i vostri critici più feroci hanno affermato”. Si scatena una fobia da polonio, che viene rinvenuto un po’ ovunque, dall’Emirates Stadium dell’Arsenal agli aerei di linea della British Airways per finire negli uffici di Scotland Yard. Il mondo si chiede come mai, per ammazzare un personaggio scomodo, si sia ricorso ad una sostanza tanto pericolosa e letale, quando sarebbero bastate la classica coltellata o un buon cecchino appostato sui tetti della “city”. dire
Si arriva così ai fatti recenti: il primo gennaio di quest’anno, Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha dichiarato ai giornalisti che “invece di una inchiesta di tipo professionale, stiamo assistendo ad un tentativo di trasformare il caso in una specie di campagna politica. Siamo contrari a tutto questo”. Commento che Putin non tarda a fare suo, accusando la Gran Bretagna di “politicizzare” il caso Litivinenko. A innervosire ulteriormente le autorità di Mosca, interviene poi il Crown Prosecution Service che dichiara la non perseguibilità penale in Inghilterra dell’esule russo Boris Berezovsky, amico di Litvinenko, accusato da Putin di ordire piani sovversivi contro il Cremlino. Di qui il “njet” russo alla richiesta di estradizione di Lugovoi che per gli inglesi è l’esecutore dell’omicidio di Litvinenko.
A Downing Street, la reazione di Mosca è stata bollata come “estremamente deludente” e il ministro degli Esteri di Sua Maestà, David Miliband, da par suo ha annunciato l’espulsione dal paese di quattro diplomatici russi, ritenuti agenti segreti sotto copertura.
La vicenda non ha mancato di sollevare polemiche sulla stampa estera. Il Times, ad esempio, ha scritto: “Il governo britannico ha cominciato una battaglia che non può vincere. La Russia è uno stato troppo potente per questa sfida. Forse la risposta dei russi è solamente diplomatica, ma c’è anche da temere che i rapporti commerciali ne usciranno danneggiati. Aziende britanniche hanno effettuato massicci investimenti in Russia che adesso sono a rischio. Inoltre, la Russia può essere d’ostacolo su altre questioni importanti: il programma nucleare iraniano, il Darfur, la Corea del Nord e in Medio Oriente quale membro del Quartetto per la pace”. Più laconica ma altrettanto decisa la valutazione dell’Indipendent: “La decisione di espellere solo quattro diplomatici è ridicola. Il governo dovrebbe anche espellere l’ambasciatore russo e i membri dei servizi segreti russi”.
Il Guardian, d’altra parte, sottolinea l’inevitabilità delle scelte presa da Gordon Brown: “Il governo di Londra non ha avuto altra scelta, ha dovuto reagire così. Si deve ricordare che un cittadino britannico (Litvinenko) è stato ucciso sul suolo britannico. Per di più, coloro che l’hanno avvelenato hanno sparso il veleno in diversi posti della città così che anche altri cittadini avrebbero potuto rimanere uccisi. Il polonio è una sostanza rarissima che probabilmente solo un governo può procurare”.
Interessante è la posizione del Daily Telegraph che pone l’accento sulla leva economica con cui Mosca potrebbe spostare il mondo economico inglese. “La decisione di espellere quattro diplomatici è la risposta minima che il governo ha dovuto dare – scrive il Telegraph -, ma dobbiamo anche aspettarci una risposta più dura. Tramite gli investimenti di Shell e BP, la Gran Bretagna è l’investitore più importante in Russia. Mosca può colpire gli interessi economici del Regno Unito in modo severo. La cosa che dà più fastidio a Mosca è la presenza di Boris Berezovsky a Londra, ex-oligarca ed arci-nemico di Putin, che il governo di Londra non vuole estradare. Per di più, anche Ahmed Zakayev, separatista ceceno si trova in esilio a Londra”.
Insomma, tutti concordano nel ritenere che la questione sia molto seria, e lo scontro in atto tra i due governi ne è la prova. Questa “singolar tenzone” tra il Cremlino e Downing Street, tuttavia, è tesa come una corda di violino perché, in fin de conti, è di denaro che si sta parlando. Come scrive Andrew Peaple sul New York Times, “qualcosa come 30 grandi compagnie russe con un capitale sociale di 625 miliardi di dollari compaiono nel London Stock Exchange”. Non sono certo bruscolini. Infatti, in un’intervista rilasciata ieri alla BBC, il legato russo in Gran Bretagna, Yury Viktorovich Fedotov, ha usato toni alquanto piccati nei confronti della condotta del governo di Londra e ciò la dice lunga sulla serietà con cui la questione sarà affrontata da parte del Cremlino: “Siamo interessati a mantenere aperti i canali di comunicazione con tutti, incluso il governo britannico, e specialmente qui a Londra che sfortunatamente rappresenta un rifugio per molte persone sospette”. Non certo una risposta tenera, in pratica l’ambasciatore russo accusa il governo britannico di ospitare criminali, solo che lo fa utilizzando perifrasi diplomatiche. Peaple cita poi i dati relativi all’emissione di bond russi che avrebbero raggiunto nel 2007 la considerevole cifra (secondo dati Dealogic) di 33 miliardi dollari contro gli 11 del 2003. Ancora, la Gran Bretagna ad oggi è il secondo investitore straniero sul suolo russo e il commercio tra le due nazioni ha fruttato 16,3 miliardi di dollari nel 2006, in pratica triplicandosi dal 2001. Dopo la Guerra Fredda, ricompaiono certi fantasmi, ma nessuno parlava di soldi allora, invece si parlava di falce e martello e bandiera americana. Forse questa volta i legami economici, considerati dagli esperti come l’unico aspetto positivo dell’intera vicenda, serviranno a tenere tutti un po’ più calmi.