Storia delle donne che spariscono dalle strade francesi

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Storia delle donne che spariscono dalle strade francesi

06 Gennaio 2017

Niente più donne a spasso per la Francia socialista e le sue periferie a maggioranza musulmana. In un sobborgo di Lione, la giornalista di France 2 TV,  Caroline Sinz, intervista donne che vivono nelle comunità a maggioranza islamica, e qualcuna le confida, molto semplicemente: “Ho paura di uscire. Ormai indosso solo vestiti larghi e giro senza trucco per evitare di essere presa di mira”. Dai caffè alle strade, le donne stanno sparendo dalla circolazione.

E’ la paura a dettare i nuovi codici comportamentali, come spiega il reportage mandato in onda in Francia prima di Natale, che il ministro per gli Affari digitali ha giudicato un “intollerabile caso di discriminazione contro le donne”. Salvo poi aggiustare il tiro spiegando che non si tratta in alcun modo di questioni religiose. Quello del ministro Lemaire è l’ennesimo caso in cui si finge di non vedere la radice del problema e ci si rifiuta di affrontare il crescente pericolo della islamizzazione.  

Nel distretto di Seine-Saint-Denis, una zona abitata da oltre 600mila musulmani (su una popolazione di 1,4 milioni di persone), le donne tendono a rintanarsi in casa, incapaci di ‘integrarsi’ nella società islamica parallela. Negli ultimi anni, l’islamizzazione di certi quartieri è stata alimentata dagli investimenti di stati come il Qatar, che hanno fatto fiorire nuove moschee un po’ ovunque. Ben 22 i miliardi di dollari impiegati nella diffusione dell’islam salafita e della sharia, la legge coranica, che parla chiaro sul ruolo della donna nell’islam.

Se non puoi neanche uscire di casa senza il permesso di tuo marito, è ovvio che poi interi quartieri europei somigliano sempre di più all’Arabia Saudita. Ma i finanziamenti a pioggia che arrivano dagli Stati del Golfo, in realtà, possono sorprendere soltanto quelle élites politiche e culturali a cui dà prurito parlare di “scontro di civiltà”. La subordinazione della donna a una società patriarcale, l’umiliazione continua, l’applicazione di un “diritto parallelo” a quello vigente nei Paesi occidentali, va avanti da decenni in tanti Paesi europei, e tutto questo è avvenuto proprio sotto il naso di quei politici schierati per i diritti della donna, ma che hanno scelto di abbassare lo sguardo davanti all’islamizzazione. 

Nel 2002 Samira Bellil (nella foto) ha raccontato la sua adolescenza nei sobborghi francesi, nell’autobiografia Dans l’enfer des tournantes (titolo inglese To Hell and Back, “All’inferno e ritorno”). “Dal momento in cui una ragazza esce di casa, i giovani musulmani credono di avere il diritto di giudicarla e aggredirla”. Lei stessa è stata violentata perché “ogni ragazza che fuma, si trucca o indossa certi vestiti è una puttana”. E va punita. A distanza di anni dallo scioccante libro della Bellil sulle periferie parigine, la situazione sembra peggiorata. Il numero di matrimoni forzati o combinati è in crescita, insieme alla diffusione della poligamia e al numero delle donne costrette ad abbandonare la scuola. E cosa fanno i ministri francesi? Si fingono sorpresi – ma non troppo indignati! – se le donne sottoposte a tutto questo poi spariscono dalle strade. “Liberté, égalité, fraternité” , benvenuti in Francia.