Storia di Frankie, il ragazzo che per 11 giorni si è nascosto nella metro di NY

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Storia di Frankie, il ragazzo che per 11 giorni si è nascosto nella metro di NY

25 Novembre 2009

In un grigio pomeriggio di ottobre, il piccolo “Frankie” s’immerge nella metropolitana della Grande Mela, dove si nasconderà 11 notti all’addiaccio e nell’indifferenza generale. Porta con sé appena 10 dollari, una metrocard e i libri di quella scuola che pare essere stata la causa della fuga. Un agente della polizia lo riconosce dalla sua felpa rossa, la stessa apparsa sui volantini con cui la madre del ragazzo, Maristela, ha tappezzato la città.

Francisco Hernandez Jr. è un tredicenne di origini messicane affetto dalla "Sindrome di Asperger", una forma di autismo. Non era la prima volta che Frankie scappava di casa per colpa di un brutto voto, ma il 15 ottobre scorso ha perso la cognizione del tempo perdendosi nei sotterranei di New York. In questo vagabondare tra banchine, tunnel e vagoni del metrò, la sua unica bussola di riferimento sono stati i bagni della stazione di Coney Island e i distributori di snack e patatine dove ha speso i suoi ultimi centesimi. 

Sembrerebbe la trama di un film ma è una storia vera, che mette in gioco l’isolamento di un “ragazzo difficile” in una società sempre meno attenta agli altri, in un mondo distratto dove un adolescente perso nel metrò, solo e incappucciato, viene risucchiato da quella vasta schiera di vagabondi senza volto che popola lo stomaco della metropoli, gli "invisibili" che non degniamo di uno sguardo. Il New York Times ha lasciato intendere che se Frankie fosse stato un ragazzino bianco, magari figlio di una famiglia benestante, probabilmente la polizia avrebbe fatto scattare prima le ricerche. Sua madre ne ha fatto una questione razziale, denunciando la triste condizione riservata alla sempre più popolosa comunità degli immigrati messicani negli Usa.

Che si tratti di razzismo, autismo, o dei mali della “grande metropoli alienante”, ci è sembrato di scorgere nella vicenda di Frankie qualcosa di più semplice e consueto dei grandi mali del mondo, un qualcosa che magari sarà capitato ad ognuno di voi. Pensare di svignarsela, per evitarsi una bella ramanzina dei prof e dei genitori (le cronache ci insegnano di casi che purtroppo sono andati a finire molto peggio, e che avevano per protagosti ragazzi "sani" e di ogni estrazione sociale). Tanto più che quelle giornate non devono essere state poi così malvagie visto che il ragazzo ha commentato: "Ero pronto a restare là sotto per sempre" (facile a dirsi, una volta che sei di nuovo fra le braccia dei tuoi).

Forse nei sotterranei di NY non sarebbe stato felice per sempre, e probabilmente ha corso molti pericoli, ma almeno "nessuno mi ha urlato addosso".