Storia di Maria, la volontaria stuprata e uccisa da un rifugiato afgano

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Storia di Maria, la volontaria stuprata e uccisa da un rifugiato afgano

27 Dicembre 2016

E’ il 20 dicembre e Angela Merkel si fa fotografare mentre lascia cadere una rosa bianca sul luogo dell’attacco islamico ai mercatini di Natale di Berlino. Con la stessa solennità con cui la rosa è caduta, in Germania non si gira pagina: poca rabbia e poca volontà di combattere la minaccia del terrorismo islamico o di rivedere la politica della immigrazione fuori controllo. Dopo i fatti di Colonia e gli attentati di Hannover, Essen, Wurzburg e Monaco di Baviera, l’attentato di Berlino si è meritato commenti a dir poco ‘igienizzati’. Ma la verità è che l’attacco al mercatino di Natale è stato l’ultimo chiodo sulla bara di una Germania figlia delle politiche della cancelliera, quella stessa Merkel che è stata definita da molti “l’ultimo baluardo del mondo libero dopo l’elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti”… Ma è un mondo stranamente libero quello di cui la signora Merkel è sentinella.

Se volessimo scegliere un’immagine per definirne il profilo, la più adatta sarebbe quella di una storia drammatica, che quasi non ha avuto eco in Italia: il brutale stupro-omicidio di Maria Ladenburger. Una diciannovenne aggredita dopo aver lasciato una festa organizzata dagli studenti dell’università di Friburgo, la città dove viveva e studiava. Figlia di un alto funzionario UE, Maria tornava a casa in bicicletta. Mentre percorreva la pista ciclabile sarebbe stata aggredita da un afghano richiedente asilo. Il diciassettenne, con una serie di condanne alle spalle, era arrivato in Germania lo scorso anno come minore non accompagnato ed era stato ospitato da una famiglia locale. Evidentemente quella notte passeggiava un po’ annoiato quando ha incontrato Maria: secondo l’accusa, l’avrebbe prima violentata e poi uccisa annegandola nel fiume Dreisam. Il fatto è accaduto il 16 ottobre scorso, ma la stampa si è ricordata di raccontare la vicenda solo ai primi di dicembre, quando l’afghano è stato arrestato. 

Ad incastrarlo ci sarebbero le tracce di DNA sulla sciarpa che apparteneva a Maria, e una ciocca di capelli rinvenuta in un cespuglio di more. Un programma televisivo tedesco ha legato il nome dell’assassino a un altro caso di stupro e omicidio accaduto nelle settimane precedenti, quello della 27enne Carolin G., avvenuto a 30 chilometri da Friburgo, anche se non sono state trovate prove certe sulla scena del delitto che leghino l’afgano a questo omicidio. Anche Maria faceva volontariato in un centro per rifugiati a Friburgo. La ragazza è stata quindi violentata e uccisa proprio da una delle persone che stava aiutando. Ma come nel caso della Merkel dopo l’attentanto di Berlino, la tragedia di una figlia violentata e uccisa non è bastata a far cambiare idea ai suoi genitori sui frutti di una accoglienza indiscriminata. La famiglia di Maria ha chiesto che venissero inviate delle donazioni ad enti di beneficenza per rifugiati in Germania. Non siamo noi a dover giudicare le scelte fatta dai familiari, ma questa storia è la perfetta esemplificazione dello stato anche psicologico in cui versa la nazione governata dalla cancelliera.

Il politicamente corretto impone cecità. Con ostinazione i tedeschi non vogliono vedere ed accettare che la Germania vive una condizione di subordinazione, sia rispetto alle azioni commesse dai terroristi sia a quelle, altrettanto violente, di cui si sono macchiati gli immigrati: dal capodanno di Colonia dello scorso anno (quando centinaia di donne furono molestate sessualmente e derubate) alla vicenda della povera Maria. Tutto questo pur di non ribellarsi al pensiero dominante che fa passare per razzisti, violenti e islamofobi tutti coloro che osano criticare lo status quo. La gete di Allah non va toccata.