Storia di un disertore: come ci si fa ribelli nella Siria di Bashar Assad
25 Febbraio 2012
Wadi Khaled, Libano
Khaled, giovane combattente del Free Syrian Army (FSA), tiene sempre a portata di mano il suo cellulare questi giorni. Aspetto serioso, sulla ventina, capelli neri ed una leggera barba, Khaled sta attendendo la chiamata che lo porterà dal conforto della sua abitazione nel nord del Libano al confine minato e controllato dalle truppe siriane. Controllato, evidente, per scongiurare il pericolo che le truppe libanesi possano sconfinare ed andare a combattere in Siria.
“Sto giusto aspettando questa chiamata. Solo allora potrò immediatamente partire. Non riesco più ad attendere”. Ci dice.
Khaled è un cecchino della Brigata Martiri di Tel Kalakh, una delle numerose componenti dell’Esercito Siriano ribelle. Tel Kalakh si trova appena a Nord del confine con il Libano e a 26 miglia di distanza da Homs, attuale snodo fondamentale delle rivolte contro il regime del Presidente Siriano Bashar al-Assad.
Khaled è stato tenuto nascosto in un rifugio del Libano per ben 2 mesi viste le ferite ricevute lo scorso anno quando fu torturato in carcere.
La sua esperienza degli ultimi anni è tipica di migliaia di altri giovani, prevalentemente coscritti dell’Esercito Sunnita che si sono tirati indietro di fronte alle misure oppressive del regime di Assad nei confronti di oppositori, manifestanti e disertori per aderire al FSA.
Khaled in precedenza ha servito il proprio paese in un reggimento aereonautico ed è stato dispiegato vicino Damasco. E’ stato congedato nella città di Tel Kalakh il Marzo dello scorso anno. In contemporanea, esplosero violentissime proteste nel Sud del paese che assai rapidamente si diffusero anche ad ovest. Le manifestazioni non risparmiarono la stessa Tel Kalakh, cittadina di circa 20000 abitanti a maggioranza Sunnita.
Da soldato a manifestante
Khaled partecipò alle iniziali proteste nelle strade di Tel Kalakh prima di ritornare al suo reparto vicino Damasco: “ Nonostante fossi un soldato, l’uccisione dei manifestanti rappresentava troppo anche per me.” Al suo ritorno, Khaled fu arrestato e accusato di aver rubato delle armi:“ Si trattava di una scusa. Semplicemente erano venuti a sapere che avevo preso parte alle dimostrazioni”.
Khaled sostiene anche di essere stato tenuto in regime carcerario di isolamento e di essere stato più volte colpito e torturato con degli elettrodi sul collo. Non ci sono prove che confermerebbero l’accaduto, sebbene ci abbia mostrato evidenti i segni delle ferite.
Ha trascorso 4 mesi in prigione prima di essere rilasciato ed inviato al Nord della Siria. Cibo scarso, condizioni di vita miserabili, nessuna attività da svolgere: “Come se si trattasse di un’altra prigione.” Dopo tre mesi, fu in grado di corrompere due ufficiali per assicurarsi otto giorni di congedo. Una volta a casa, si è unito subito alla Free Syrian Army.
In quel momento, Tel Kalakh si trovava ancora sotto il controllo dell’Esercito Siriano, dei suoi servizi d’intelligence e dei miliziani Shabiba provenienti in maggior misura dal gruppo religioso degli Alawiti, comunità di islamici sciiti ed elemento portante del regime di Assad.
Khaled divenne subito un cecchino e molto presto si trovò a dover combattere contro l’Esercito Siriano di cui aveva fatto parte.
“Combattemmo molte battaglie contro l’esercito. In un’occasione ne circondammo un reparto e li invitammo ad arrendersi. Alcuni di loro cambiarono addirittura schieramento. L’Esercito fu costretto ad inviare un BTR (armored personnel carrier) che sarebbe dovuto accorrere in aiuto dei soldati rimasti. Ciononostante li colpimmo con una granata”.
“Ci nascondevamo nelle case”
Quando l’esercito regolare ritornò a controllare la città, i combattenti del FSA furono costretti a nascondersi nelle campagne, dormendo ospiti di alcuni simpatizzanti.
“Ovunque andiamo, la gente ci aiuta. Ci prendono nelle loro case a due o tre. In questo modo oltre 200 combattenti alla volta possono nascondersi.” Oggi, l’FSA ha preso il controllo di parte di Tel Kalakh. Gli scontri tra fazioni però sono ancora all’ordine del giorno.
La Brigata Martiri di Tel Kalakh oramai conta tra le 300 e le 400 unità, divise a loro volta in reparti di 6/10 uomini ciascuno. Oltre a possedere armi individuali, ogni unità è dotata di un lanciatore RPG e di un mitragliatore. Le comunicazioni avvengono mediante walkie talkie, grazie al quale è stato possibile sviluppare un codice verbale per eludere le intercettazioni del Esercito Siriano regolare.
“Abbiamo codici di differenti frequenze radio. In tal modo possiamo cambiare regolarmente canale e spostarci una volta che l’esercito individui la nostra posizione”.
Capaci di combattere, anche da guerriglieri
Le tecniche di comunicazione appena descritte sono molto simili a quelle usate dai militanti libanesi di Hezbollah. Inoltre, sebbene l’FSA sia composto in prevalenza da soldati provenienti da un esercito convenzionale, in poco tempo si è riusciti ad assimilare le principali tattiche di guerriglia e mantenere una sufficiente scorta di armi.
L’escalation del numero delle vittime in Siria e il fallimento del processo diplomatico che avrebbe dovuto condurre alla fine della crisi ha stimolato un certo interesse internazionale in vista della fornitura al FSA di supporto logistico. Il Senatore degli Stati Uniti John McCain ha dichiarato di voler supportare i ribelli siriani.
“Gli iraniani e i russi stanno fornendo armi a Bashar al-Assad. Le persone in procinto di essere massacrate meritano di avere la possibilità di difendersi.” Così il Senatore, durante la sua visita in Afghanistan.
Le critiche alle proposte di armare l’FSA si focalizzano sulle difficoltà logistiche di trasferire ragguardevoli quantità di armi lungo i confini siriani e sulla mancanza di chiarezza circa la composizione dell’esercito ribelle.
Comunque, nonostante la mancanza di armi, secondo Khaled l’FSA si trova ancora nella condizione di acquisire armamenti all’avanguardia dall’Esercito regolare Siriano, per esempio attraverso il fondamentale aiuto di ufficiali corrotti.
“Molti alti ufficiali sono dalla nostra parte; perché credono nella nostra causa o perché sanno che possiamo corromperli. Loro sono l’unica nostra possibilità di ottenere armamenti moderni, tipo i kornet.” Così Khaled, in riferimento al missile anti-carro russo.
Il Conflitto in Siria oramai è di carattere settario
Il confronto in Siria sta sempre più prendendo la via di un vero e proprio conflitto a forte intensità settaria. Da un lato l’opposizione armata Sunnita, dall’altro la ben radicata elite Alawita (Sciita). Khaled ha ammesso che alcuni Alawiti sono stati rapiti dalla Brigata Martiri di Tel Kalakh per essere utilizzati come oggetto di mercanteggiamento e per assicurare il rilascio dei detenuti Sunniti.
“In un incidente, due sunniti di passaggio in un villaggio Alawita sono stati colpiti a morte. E così, appena allestimmo un check-point a margine del villaggio, subito incrociammo un’auto con tre Alawiti a bordo. Uno di loro tentò di fuggire ma noi gli sparammo addosso, ammazzandolo. Arrestammo gli altri e li scambiammo con i nostri prigionieri”.
Conoscevi l’identità degli altri tre Alawiti? Si trattava di soldati regolari o di miliziani Shabiba? – gli chiediamo – “Non era importante. Avevamo bisogno di prendere Alawiti per vendicare i due uomini uccisi nel loro villaggio e per ottenere il rilascio della nostra gente”.
La tecnica dei rapimenti occhio per occhio riecheggia quanto avvenuto in Libano durante gli anni della Guerra civile (1975-1990) e, più di recente, in Iraq. Ancora Khaled: “ Si tratta di un conflitto settario. Non abbiamo mai voluto che diventasse così. E’ il regime che l’ha trasformato.“
Tratto dal Christian Science Monitor
Traduzione di Eugenio Del Vecchio