Strage di Erba: negati i domiciliari ad Azouz Marzouk

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Strage di Erba: negati i domiciliari ad Azouz Marzouk

11 Gennaio 2008

Azouz Marzouk resta in carcere. Così è stato deciso dal gip di
Como, Luciano Storaci, il quale ha respinto l’istanza di arresti domiciliari
presso una famiglia di Lecco presentata dal suo legale, Roberto Tropenscovino.

Il 27enne tunisino, che perse la moglie, il figlio e la suocera
nella strage di Erba, era stato arrestati il primo dicembre scorso con l’accusa
di spaccio di droga. Le motivazioni del diniego del gip Luciano Storaci, lo
stesso che aveva firmato le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di
Marzouk e degli altri indagati, si basano sul fatto che l’inchiesta per spaccio
di cocaina e hashish non è ancora conclusa. Le indagini preliminari sono
infatti state prorogate sino a fine febbraio, e da dicembre ad oggi la Guardia
di Finanza ha acquisito nuove testimonianze di acquirenti di stupefacenti.

Una di queste, in particolare, attribuirebbe a Marzouk un
episodio di spaccio risalente al febbraio del 2007, due mesi dopo la strage di
Erba. Per il gip, pertanto, oltre a restare il concorso di Azouz nell’attività
di spaccio contestata, rimangono validi tutti e tre i presupposti della
custodia cautelare: rischio di fuga, di reiterazione del reato e di
inquinamento delle prove.  Anche il pm
Massimo Astori, chiamato ad esprimere il suo parere sulla richiesta di
scarcerazione, aveva dato parere negativo.

Il giudice avrebbe inoltre giudicato inidonea la soluzione
indicata dall’avvocato Tropenscovino, che aveva individuato una famiglia di
Lecco, la famiglia Sancassani, disposta ad accogliere il tunisino durante il
periodo di arresti domiciliari. Nell’ordinanza di custodia cautelare era stato
lo stesso giudice a indicare i motivi per cui Marzouk, in dicembre, non aveva
potuto godere degli arresti a casa. Nel suo domicilio di Merone, infatti,
indicato come punto di riferimento dell’attività di spaccio, vive anche la
cognata, anche lei indagata, alla quale sono stati concessi i domiciliari per
poter accudire i figli. E i due co-indagati non avrebbero potuto vivere sotto
lo stesso tetto.