Strette di mano e nuove relazioni, la pace di Obama in trecento giorni

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Strette di mano e nuove relazioni, la pace di Obama in trecento giorni

09 Ottobre 2009

Il premio Nobel per la pace 2009 è stato conferito a sorpresa a Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti era inserito in una lunghissima lista di candidati, di cui facevano parte più di 200 nomi. “Il Comitato ha dato grande importanza all’impostazione di Barack Obama ed ai suoi sforzi per un mondo senza armi nucleari”, ha detto il presidente del Comitato per il Nobel, Thorbjoern Jagland.

“La decisione è stata presa all’unanimità – ha proseguito Jagland – Obama ha fatto molte cose ma è stato riconosciuto soprattutto il valore delle sue dichiarazioni e degli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti, della ripresa del negoziati in Medio Oriente e la volontà degli Stati Uniti di lavorare con gli organismi internazionali".

Obama non è il primo presidente degli Stati Uniti d’America a ricevere il riconoscimento, bensì il quarto. Nel 1906 il primo fu Theodor Roosvelt. Quasi un secolo dopo, nel 2002 toccò a Jimmy Carter mentre nel 2007 venne assegnato ad Al Gore, vicepresidente dell’amministrazione Clinton.               

La notizia dell’assegnazione del premio a Obama non ha lasciato indifferente il governo italiano. Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha riferito che l’esecutivo ha tributato un applauso in onore del presidente Usa. Un presidente destinatario di tale premio, ha detto il premier, "è un investimento sul futuro, perché è un presidente Nobel per la Pace sarà tenuto a un comportamento assolutamente ecumenico nei confronti di tutti”.

Applausi a scena aperta alla comunicazione della notizia durante il convegno sulle Nuove Relazioni Transatlantiche, organizzato dalla Fondazione Magna Carta. Il clima si è subito scaldato e Ivo H. Daalder (Rappresentante Permanente degli Stati Uniti al Consiglio NATO di Bruxelles) ha parlato di “uno stupendo riconoscimento del fatto che Obama ha cambiato le carte in tavola. E’ un segnale concreto che persone come lui contano. Se me l’aspettavo? Assolutamente no e credo neache lui”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Spencer P. Boyer – Vice Assistente del Segretario di Stato americano per gli Affari europei ed euro-asiatici – : “Questo premio rappresenta una notizia importantissima. E’ l’indicazione per un nuovo tipo di approccio diplomatico alla guerra a livello globale. Devo dire che me lo aspettavo”. Marco Vicenzino (Direttore del Global Strategy Project (GSP) riferisce invece di una assegnazione “incredibile. Ci troviamo di fronte a una combinazione di sentimenti quasi religiosi nei confronti di Obama. Non me l’aspettavo davvero”.

Alla conquista del prestigioso riconoscimento hanno contribuito diversi episodi accaduti nell’ultimo anno come l’apertura al mondo islamico, avvenuta in particolare con il discorso al Cairo del 4 giugno 2009 in cui Obama affermò che “tutti i popoli del mondo possono vivere in pace tra loro. È questo il disegno di Dio”. Il presidente Usa disse di essere lì per cercare un nuovo inizio, aggiungendo che certi cambiamenti “non avvengono in un giorno, ma dobbiamo provarci”.

Da sottolineare anche le strette di mano, definite “storiche”, con il presidente venezuelano Hugo Chavez (noto per la sua ostilità contro gli Stati Uniti), in occasione del vertice dei Paesi americani a Trinidad e Tobago e il leader libico Muammar Gheddafi (i rapporti tra Usa e Libia erano tesi a causa del sostegno libico ad alcuni gruppi che Washington considera terroristici), incontrato in occasione del G8 a L’Aquila.

Importante poi, la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, arrivata nella prima seduta presieduta da Obama lo scorso 24 settembre, che ha approvato all’unanimità una riduzione degli armamenti. Quello delle armi nucleari è un tema caro al presidente statunitense, che nella stessa occasione aveva parlato di "china pericolosa" di Iran e Corea del Nord, rinnovando il suo impegno per un mondo libero.

Un riconoscimento che farà sicuramente discutere, sia per il valore altamente simbolico del vincitore che per la rapidità con cui è arrivato. A soli dieci mesi dall’elezione del primo presidente afroamericano della storia americana.