Su Eluana una sconfitta onorevole e una vittoria orfana
10 Febbraio 2009
La morte di Eluana illumina il vero paradosso della lunga battaglia che una parte della politica italiana – sulla scia dell’ostinata volontà di Beppino Englaro – ha intrapreso in nome del diritto e dei diritti. Oggi che hanno vinto non hanno nulla da festeggiare; oggi che hanno ottenuto ciò che volevano non sanno che farsene.
I giornali che per mesi hanno fatto il tifo per Beppino oggi sono straniti e imbarazzati. Come l’Unità che usurpa il lutto, mettendo a nero la sua prima pagina con la sola scritta “In pace”. La stessa Unità che ieri era rutilante di rosso e invocava la piazza a difesa della Costituzione. Il Riformista tenta l’apertura poetica e risulta elusivo: la solita foto sorridente di Eluana e il titolo vago: “Se n’è andata”. Repubblica si ostina a trovare motivo di giubilo ma diventa macabra: “Eluana, il calvario è finito”. Il Manifesto è l’unico che non si contiene e scrive: “Miracolo Eluana, ha beffato Berlusconi”, e nel pezzo si dice con sollievo: “è morta appena in tempo”, prima cioè che qualcosa potesse salvarla e a Berlusconi fosse risparmiata la beffa della sua morte.
Ieri, il Corriere, mentre invocava il silenzio e le virtù del terzismo, aveva in pagina la pubblicità del libro di Beppino Englaro edito da Rizzoli: “la battaglia di un padre in nome dei diritti della figlia”.
Oggi nei titoli nessuno usa la parola morte. Eluana era morta solo quando era viva, ora, semplicemente è “libera” o “se n’è andata”.
Sul versante della politica la scena è altrettanto desolante. Ieri il Pd era pronto a scendere in piazza con i dariofò, gli eco e i colombo, per difendere la Costituzione e il diritto di Napolitano a bloccare il decreto che avrebbe potuto salvare Eluana. E oggi, invece, si impegna a dimostrare che Eluana è morta per colpa di governo e maggioranza, che non hanno fatto abbastanza in fretta ad approvare la legge sul testamento biologico. E’ il mondo sottosopra. E’ il segno che il corpo senza vita (oggi si può dire, ieri no) di Eluana è troppo ingombrante anche per chi tanto fortemente aveva difeso il suo diritto a morire.
Ieri sera a Porta a Porta, l’unica tesi che gli esponenti del Pd erano in grado di articolare era questa: il governo e la maggioranza hanno perso tempo, Eluana è morta per colpa loro. Di nuovo un paradosso indicibile: la colpa è del ritardo di una legge che il Pd avrebbe largamente bocciato. La colpa sarebbe dell’inazione del governo, quando poche ore prima della morte di Eluana, Massimo D’Alema denunciava al contrario “l’accanimento del governo che interviene addirittura in forza di legge per sottrarre un corpo che oramai vive di vita artificiale” al suo destino. La corsa di Berlusconi contro il tempo era definita da D’Alema “persecuzione contro una famiglia”.
Il Pd ha disdetto la sua manifestazione: forse perché oggi la Costituzione non ha più bisogno di essere difesa. O forse perché non ne aveva bisogno neanche ieri. E anche una manifestazione per difendere Napolitano , nel giorno della morte di Eluana, poteva essere imbarazzante. Così si capisce che l’attentato alla Costituzione non era il disegno segreto di Berlusconi, ma il pretesto palese dell’opposizione per manifestare per il diritto alla morte senza dirlo. Sui cartelli si scrive più facilmente "viva", che non "morte". Così come è paradossale che i difensori della centralità del Parlamento contro i colpi di mano decretizi di Belrusconi non tenessero in alcun conto che la maggioranza di quello stesso Parlamento era pronta a votare la legge, e la stragrande maggioranza era concorde che in un caso come quello di Eluana, senza volontà esplicitamente dichiarata, non sarebbe stato possibile togliere acqua e nutrizione. Paradossale: liberali, radicali, garantisti, tutti in piazza a difendere una sentenza della Cassazione.
E’ una battaglia, quella per la morte di Eluana, in cui i vincitori preferiscono mascherarsi da sconfitti. Così incredibilmente, sui giornali, nei commenti, nelle rassegne stampa radiofoniche, si continua ancora oggi a recriminare sulle ingerenze vaticane, sullo strapotere dei vescovi, sull’Italia ridotta a stato teocratico, come se Eluana fosse stata strappata, ancora viva, ai suoi medici da un drappello di guardie svizzere.
Il laicismo trionfante sembra aver vergogna di se stesso. Per la prima volta è la sconfitta ad avere molti padri, tutti quelli che a viso aperto hanno tentato l’impossibile per salvare Eluana, quelli che si sono presi le loro responsabilità, quelli che erano pronti a scendere in piazza per la sua vita, quelli che sono andati allo scontro senza tiepidezze. La vittoria, invece, questa volta è orfana.