Su Giustizia e riforme Berlusconi mette alla prova la tregua con Fini
16 Ottobre 2009
Da Sofia Berlusconi rilancia sulla giustizia: c’è bisogno di una riforma costituzionale, ricorreremo al popolo, siamo pronti al referendum”. Da Roma Fini dice la sua: quando si fanno le riforme, “bisogna ricordare che le istituzioni sono di tutti” e tenere presente che “una riforma a maggioranza è già stata fatta e poi è stato attivato il referendum che l’ha bocciata”.
Una sottolineatura che segue il faccia a faccia tra premier e presidente della Camera a Montecitorio proprio sui temi della giustizia, servito a ragionare del metodo di lavoro sulle riforme. Ed è su questo punto che tra i due restano visioni differenti. Berlusconi lasciando la Bulgaria conferma la volontà di dialogare con l’opposizione e in questo senso si può leggere l’incontro di mercoledì con D’Alema, ma non è disposto a dilatare i tempi della tabella di marcia che ha indicato e soprattutto non intende tradurre il confronto in un tira e molla senza fine. Per questo conferma che si cercheranno larghe intese in Parlamento ma se queste dovessero tradursi in un diritto di veto, “faremo come sarà possibile fare”. Fini, invece, insiste sul confronto più ampio possibile nei due rami del Parlamento sottolineando che su fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, Senato delle Regioni “se c’è la volontà” è possibile “fare riforme condivise”.
E se il presidente del Consiglio torna a stigmatizzare duramente il no della Consulta al Lodo Alfano (“decisione assolutamente non condivisibile, praticamente la Corte ha detto ai pm rossi di Milano: riaprite la caccia all’uomo nei confronti del premier”), la terza carica dello Stato rimarca il fatto che esistono “istituzioni di garanzia che non devono essere oggetto di polemiche di natura politica”. Ma è il presidente del Senato Rentato Schifani a puntualizzare che “il rinnovamento e la riforma della giustizia non sono contro la magistratura, ma devono essere da tutti interpretati e indirizzati verso l’obiettivo di esaltare e valorizzare il ruolo, l’autorevolezza e il prestigio di chi assolve la propria missione di servitore dello Stato. Riformare la giustizia non contro qualcuno, ma a favore di tutti i cittadini”. Perché, è il ragionamento di Schifani, sul tema della giustizia occorre tutti insieme, maggioranza e opposizione, chiudere la lunga fase di transizione che ormai dura da quindici anni, per ristabilire attorno alle istituzioni, nessuna esclusa, prestigio, autorevolezza, rispetto”. Come dire: la stagione delle riforme non è più rinviabile.
E se la sinistra attacca sulle parole del Cav., nel Pdl il vicecapogruppo dei senatori Gaetano Quagliariello osserva: “Berlusconi intende assumersi di fronte al Paese la responsabilità politica di condurre in porto la lunga transizione italiana, aggiornando un’architettura istituzionale ormai antiquata e rendendo il sistema giudiziario più equilibrato ed efficiente”. E aggiunge che “con le sue parole, il premier ha voluto assumersi di fronte al popolo la responsabilità di questo progetto di riforma, qualora esso non dovesse raccogliere la maggioranza dei due terzi necessaria a evitare il referendum. Si tratta della giusta sottolineatura del principio per il quale è il popolo a legittimare le scelte di chi governa, in una situazione in cui coloro che parlano di deriva e si sciacquano strumentalmente la bocca con la parola democrazia sono i primi che, un po’ puntando sulle istituzioni sovranazionali, un po’ confidando nelle Procure come attori impropri della lotta politica, un po’ ricorrendo ai tribunali per veder affermare per sentenza diritti positivi che non trovano soddisfazione nelle istituzioni rappresentative, un po’ tentando di restringere gli spazi d’intervento delle maggioranze parlamentari, vorrebbero instaurare una democrazia degli ottimati contro la maggioranza degli italiani”.
Ma c’è un altro tema sul quale Berlusconi torna senza giri di parole, suscitando anche in questo caso, un vespaio di polemiche: gli attacchi contro di lui di alcune trasmissioni Rai (il riferimento è in particolare ad Annozero). Il Cav. rimarca che “andando avanti così”, ci saranno “brutte sorprese per il bilancio della Rai”. In proposito Berlusconi annuncia di aver commissionato un sondaggio dal quale se se si andrà avanti su questo tenore “il 50 per cento degli italiani non pagherà il canone”.
Nel faccia a faccia di giovedì tra Berlusconi e Fini si è parlato anche di candidature per le regionali. Il puzzle è pressochè chiuso, la prossima settimana sarà completato. La novità rispetto allo scenario dato quasi per certo fino a quarantottore fa, cioè la riconferma del governatore uscente Galan, è che la Lega avrebbe strappato la presidenza del Veneto. Dopo il faccia a faccia Berlusconi-Fini i "rumors" nelle file del partito parlano di soluzione definita: in pole position restano i nomi di Luca Zaia, ministro dell’Agricoltura, e Flavio Tosi, sindaco di Verona. Ma il primo verrebbe dato in vantaggio e le ipotesi di queste ore indicherebbero una staffetta alla guida del ministero dell’Agricoltura proprio con Galan. Ma quest’ultimo non ne vuole sapere e si dice pronto a candidarsi da solo.
La Lega ottiene il Veneto ma lascia al Pdl il Piemonte dove, a questo punto si profila una partita a tre, tutta interna agli ex Fi: Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa, Osvaldo Napoli, vicepresidente del gruppo a Montecitorio e il senatore Enzo Ghigo, ex governatore piemontese. Una partita che si chiuderà rapidamente perchè entro la prossima settimana – come annunciato dal Cav. – tutti i nomi del puzzle dovranno andare al loro posto. Oltre al Veneto, al Senatur potrebbe andare anche una delle regioni rosse del centro-Italia: se pare perdere quota l’ipotesi Liguria, è l’Emilia Romagna la regione nella quale il Carroccio punterebbe a consolidare il proprio radicamento (forte anche della crescita registrata nel test elettorale di giugno) e a investire non tanto sull’imminente appuntamento elettorale dove la vittoria resta in salita, quanto piuttosto al prossimo turno (nel 2015).
Nel Lazio si profila l’accordo sul leader dell’Ugl Renata Polverini la cui corsa alla presidenza della Regione è gradita a Fini. In Puglia giochi fatti sulla candidatura del magistrato anti-terrorismo Stefano Dambruoso, come pure in Calabria con il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti. L’unica casella ancora da chiudere è quella della Campania dove il Pdl ragiona sostanzialmente su due nomi: Nicola Cosentino, coordinatore regionale del partito e Stefano Caldoro.