“Su lavoro e articolo 18 Monti deve andare avanti, senza se e ma”
24 Febbraio 2012
La riforma del lavoro è “cruciale” per ridare benzina al motore della crescita. Il governo Monti deve andare avanti e fino in fondo, senza indugi. Lo chiede il Pdl, lo ribadisce con forza il senatore Maurizio Sacconi che di welfare e lavoro si è occupato da ministro del governo Berlusconi e non solo. Da riformista convinto, batte il tasto sulla necessità di aprire una stagione di riforme istituzionali condivise tra i due schieramenti che, tuttavia, devono confrontarsi riconoscendosi reciprocamente ma in uno schema bipolare. Niente tentazioni centriste, insomma. Anche se l’idea di una grande coalizione immaginata dal Cav. nel caso in cui tra un anno le condizioni del paese e gli effetti della crisi dovessero richiederlo, non è da escludere. A una condizione: che l’eccezione non diventi la regola.
Senatore Sacconi, Berlusconi lascia la porta aperta a Monti anche dopo il 2013. Che vuol dire?
Credo che le considerazioni di Berlusconi si siano riferite in primo luogo a oggettivi bisogni del nostro paese in un contesto internazionale ed europeo ancora a rischio stabilità. Sono considerazioni che vanno nel segno del primato dell’Italia su ogni considerazione di parte, per cui in un tempo come questo la priorità è verificare ciò che è utile sul versante della stabilità e della crescita, anteponendo gli interessi di parte.
Dunque quello della grande coalizione è uno scenario realistico tra un anno?
In una situazione emergenziale nulla è escluso anche se deve rimanere la convinzione di fondo per cui il primato della società si realizza più efficacemente con un confronto tra schieramenti alternativi, ancorchè fondato sui valori condivisi della nazione e su quelli dell’umanesimo cattolico che li sostanzia.
Ma tutto ciò è in contraddizione col bipolarismo.
Occorre mantenere e consolidare la regola bipolare operando affinchè si arrivi a un bipolarismo mite, riconoscendo in esso il ruolo primario dei grandi partiti che, in democrazia, sono la garanzia dell’interesse collettivo.
Non c’è il rischio che l’eccezione diventi la regola?
C’è un pericolo implicito nel carattere fazioso che ha contraddistinto finora il bipolarismo al punto da riportare il paese al tempo in cui le nomenclature condizionavano la designazione dei governi. Per questo noi del Pdl che abbiamo fortemente voluto la fine della delega alle nomenclature, dobbiamo realizzare riforme condivise.
Dunque, come sostiene il senatore Quagliariello, occorre passare da un bipolarismo ‘ortopedico’ a un bipolarismo politico, caratterizzato da riforme strategiche condivise?
Certamente. Dobbiamo realizzare le riforme istituzionali senza che ciò significhi impedire auspicabili larghe convergenze attorno a ciò che è utile alla crescita dell’Italia e a renderla protagonista della stabilità con gli altri paesi dell’Unione europea.
Riforma del lavoro: come valuta l’azione del governo Monti. Fornero ha detto che andrà avanti anche senza il sì dei partiti.
E’ un tema che ancora una volta si rivela una prova da sforzo per la nostra democrazia in quanto fortemente segnato da un’ideologia classista che nei rapporti di lavoro aveva il suo baricentro. Se riusciremo a fare una riforma condivisa e fondata sulla fiducia nei rapporti di lavoro, le relazioni industriali e sulla capacità delle parti sociali di adattarsi reciprocamente e condividere i destini delle imprese e il valore del lavoro, allora noi attiveremo una regolazione del lavoro e potremo dare impulso non solo alle misure specifiche, ma più in generale a un effetto utile alla crescita.
Ma il nodo da sciogliere resta l’articolo 18.
Ricordo lo scenario del 1984: dopo tre anni di recessione con un’inflazione a due cifre, la fine della scala mobile, misura che sembrava avere un contenuto recessivo, fu invece capita e vissuta come un forte impulso per le imprese e il lavoro. Oggi l’articolo 18 è come allora fu la scala mobile. Mi auguro che il governo vada avanti con la riforma del lavoro. Noi del Pdl lo chiediamo; proprio noi che abbiamo introdotto la possibilità di una regolazione diversa degli accordi aziendali.
Come si concilia questa visione riformista con l’orientamento più volte espresso dal ministro Fornero, non confermato da Monti, del salario minimo garantito?
Il governo dovrebbe puntare sul sistema di sussidi su base assicurativa allargando anzi la platea penso ad esempio ad un’assicurazione obbligatoria, mentre potrebbe rafforzare l’esperienza fatta attraverso la social card per garantire il reddito essenziale a chi vive in condizioni di povertà.
Su quest’ultimo punto, però, molto è demandato e spesso scaricato sulle reti associative che operano nel territorio.
Questo impegno quotidiano va valorizzato. Occorre mantenere e sostenere quel contenuto relazionale che proprio le reti associative possono garantire nella lotta alla povertà. In altre parole: valorizzare le forme associative prossime alle persone in stato di bisogno.
Scenari politici in movimento in vista del 2013 e legge elettorale. Tema quest’ultimo sul quale si registrano spinte e tentazioni centriste, magari col ritorno a proporzionale e preferenze. Qual è a suo giudizio il modello che meglio e più di ogni altro valorizza le potenzialità dei cattolici in politica, penso ad esempio a temi quali la persona, il welfare sociale, la famiglia, il valore della vita?
Il compito dei cattolici è difendere il senso comune del popolo che è segnato dai valori non negoziabili della persona e fare in modo che ciò costituisca un umanesimo condiviso dai due schieramenti che si confrontano in una logica bipolare. Non solo: i cattolici dovrebbero avvertire, tutti, l’impegno finalizzato al superamento di quell’anomalia giudiziaria che ha fortemente viziato le relazioni politiche e istituzionali.