Su Libano e Israele incombe la minaccia di Hezbollah

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Su Libano e Israele incombe la minaccia di Hezbollah

30 Aprile 2008

Intervista a Ely Karmon

Dal Libano giungono notizie molto preoccupanti. La prolungata fase di stallo politico e l’accumularsi della tensione tra la coalizione del ‘14 marzo’, che sostiene il governo Siniora, e l’opposizione capeggiata da Hezbollah con la regia di Siria e Iran, rischiano di sfociare in una nuova guerra civile. L’elezione del presidente è stata rinviata per la diciottesima volta, mentre tutte le milizie si riarmano e si preparano allo scontro. Anche ‘nello stato nello stato’ creato da Hezbollah nel sud del paese fervono i preparativi. Un recente reportage del Guardian mostra il partito di Dio intento a riorganizzarsi per il prossimo conflitto con Israele. “Non si tratta di se ma di quando”, intima con fierezza un miliziano. La “Resistenza islamica del Libano”, come si fa chiamare l’ala armata di Hezbollah, sta rimpiazzando le perdite subite nel corso della guerra contro Israele dell’estate 2006 e sta raddoppiando gli sforzi per reclutare nuovi combattenti.

Nei villaggi del sud gli uomini sono come scomparsi, si trovano quasi tutti nei campi di addestramento nella valle della Bekaa, in Siria o in Iran. Nella Bekaa e in Siria si svolgono la selezione e la parte militare dell’addestramento, mentre in Iran per lo più avviene l’indottrinamento filosofico e religioso. Secondo le stime  più accreditate, Hezbollah può contare su almeno 5 mila soldati e 10 mila riservisti, inclusi i miliziani di Amal, l’altra formazione sciita oggi alleata, mentre dalla Siria continuano ad arrivare missili, artiglieria pesante e carri armati. La sua struttura si compone di diverse unità ognuna con il suo ambito di competenza. Terminato l’addestramento, alcuni miliziani vengono subito impiegati in operazioni anche all’estero, altri tornano a svolgere la propria attività di lavoro o di studio. “Ma anche se lavori – spiega un miliziano – la tua vita è sempre Hezbollah. Quando vieni chiamato devi andare”. Quella di Hezbollah è una dimensione totalizzante; appartenervi significa consacrare la propria vita alla sua causa e quindi alla distruzione d’Israele e alla creazione in Libano di uno Stato islamico sciita basato sulla sharia.

Tali propositi preoccupano lo Stato ebraico, e non poco. Si spiega anche così il recente attacco incrociato dei due maggiori quotidiani israeliani, il Jerusalem Post ed Haaretz, all’Unifil, il cuscinetto dell’Onu schierato nel sud del Libano per separare Hezbollah da Tsahal. Il Jerusalem Post ha ridicolizzato la missione, riportando la notizia, contenuta anche in un rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite, del repentino rientro alla base, dal sapore della fuga, di una pattuglia di caschi blu che si era imbattuta alla fine di marzo in un automobile guidata da miliziani di Hezbollah, così come prescritto dalle regole d’ingaggio. Hareetz ha raddoppiato la dose parlando di informazioni sensibili per la sicurezza israeliana che l’Unifil avrebbe tenuto nascoste al governo Olmert.

“Israele considera amiche le forze Onu nel sud del Libano – spiega Ely Karmon dell’Institute for Counter-Terrorism (IDC) di Herzliya -, perché la loro presenza costituisce di per sé un ostacolo, per quanto solo parziale, alle attività di Hezbollah. Il mandato di Unifil, tuttavia, così come stabilito dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, “è insufficiente e va rafforzato. Anzitutto, i caschi blu andrebbero schierati anche al confine tra Libano e Siria per bloccare il contrabbando di armi destinato a Hezbollah. La forza navale tedesca controlla il traffico marittimo e nei porti, ma non basta a fermare il flusso di armi”. Gli stessi rapporti dell’Onu “riconoscono che Hezbollah si sta riarmando e criticano la Siria per la sua condotta”. La risoluzione 1701 assegna all’esercito libanese il compito d’intervenire per stroncare questo traffico con l’assistenza dell’Unifil, “ma finora l’esercito libanese non ha fatto nulla perché non ne ha le capacità, con il risultato che adesso Hezbollah, grazie alla Siria, è entrato in possesso di missili dalla gittata più lunga rispetto a quelli utilizzati nella guerra del 2006”. Hezbollah non è più semplicemente un nugolo di guerriglieri, prosegue Karmon, “è un vero esercito. Ha tracciato nuove linee di difesa al nord del fiume Litani, dove i caschi blu non hanno accesso, e ha già colto di sorpresa le forze israeliane per la sua capacità di combattere da postazioni fisse”. Ed oggi “è più forte di prima e continua a minacciare la distruzione d’Israele. Basta ascoltare le dichiarazioni del leader Nasrallah, al riguardo inequivocabili”.

Come se non bastasse, secondo fonti israeliane “in più di una circostanza l’Unifil non ha risposto alle provocazioni di Hezbollah, quando il mandato, invece, consente ai caschi blu di aprire il fuoco per autodifesa. Ciò significa che se  dovesse riprendere il lancio di missili contro Israele Unifil potrebbe anche non intervenire”. Sul disarmo di Hezbollah, previsto dalla risoluzione 1559, Karmon è molto scettico: “Per Israele era molto importante stabilire in sede di Consiglio di Sicurezza il principio della smilitarizzazione di Hezbollah. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti, questo è il problema. Siniora ha recentemente affermato che sarà l’esercito libanese a disarmare Hezbollah, ma non è un altro che un wishful thinking. L’esercito libanese ha impiegato tre mesi per sconfiggere i palestinesi di Fatah al Islam nel campo profughi di Nahr el Bared, e questi erano solo qualche centinaio. Hezbollah ha di sicuro oltre 10 mila uomini e non c’è possibilità che l’esercito libanese li disarmi”. Se si considera la contrapposizione tra Hezbollah e Israele nel quadro regionale, “solo forti pressioni da parte della comunità internazionale possono spingere Hezbollah a smobilitare, ma sempre e solo dopo il via libera di Siria e Iran. Quindi non se ne parla”. Anche con Damasco, dice Karmon, bisognerà fare i conti. E’ stato infatti “al riparo dell’ombrello strategico siriano che Hezbollah si è potuto radicare nel sud del Libano ed è grazie alla Siria che prosegue nel suo riarmo offensivo”. Nel settembre 2007, “Israele ha attaccato una installazione nucleare siriana, la prova che il regime di Assad vuole diventare una potenza nucleare. Questa minaccia rende improbabile la distensione con Israele, nonostante le voci su un possibile accordo di pace che comprenda la restituzione delle alture del Golan”.

Anche la politica interna libanese è guardata con angoscia da Israele. Karmon accusa apertamente Hezbollah e la Siria di “boicottare qualsiasi accordo per l’elezione del presidente. La situazione è potenzialmente esplosiva, molto dipenderà da Teheran”. Al momento, “i mullah iraniani non vogliono che in Libano scoppi il caos, preferiscono lo status quo mantenendo costante la tensione con Israele”. Il loro obiettivo è “portare a termine il programma di arricchimento dell’uranio”. Ma una volta ottenute capacità nucleari in campo militare, “i mullah potranno lasciare dare il via libera a Hezbollah per l’assalto definitivo al governo di Beirut, come Hamas ha già fatto a Gaza”.