Su Narducci due pesi e due misure: ora il Csm ammette l’incompatibilità
26 Giugno 2012
Chi nutrisse ancora dei dubbi sulla necessità di una riforma della giustizia nel nostro Paese dovrebbe meditare su quello che oramai può essere definito il “caso Narducci”.
Riassunto delle puntate precedenti. Il nuovo sindaco di Napoli, l’ex pm Luigi de Magistris, decide di nominare come assessore alla legalità il pm Giuseppe Narducci, che proprio a Napoli esercita le sue funzioni. La cosa suscita scalpore e interviene perfino il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale dice che “bisogna evitare condotte che comunque creino indebita confusione di ruoli e fomentino l’ormai intollerabile, sterile, scontro tra politica e magistratura, come accade, ad esempio, quando il magistrato si propone per incarichi politici nella sede in cui svolge la sua attività”. Più chiaro di così si muore, e perfino l’Anm, l’associazione nazionale magistrati, si muove promuovendo un procedimento disciplinare contro Narducci. Il codice deontologico dei magistrati, infatti, vieta loro il passaggio dalla toga alla politica nella stessa città in cui si esercitano le proprie funzioni.
Nulla da fare: non solo il Csm autorizza Narducci a ricoprire il ruolo di assessore, ma perfino il collegio dei probiviri al quale il pm era stato deferito dall’Anm sostiene che non c’è nulla di anomalo nella condotta di Narducci. Anzi, il pm sarebbe stato chiamato a ricoprire il ruolo di assessore proprio in virtù del prestigio di cui il magistrato gode e della sua indipendenza. Narducci diventa così assessore.
Ad un certo punto, però, i rapporti con Luigi de Magistris si guastano e Narducci decide di dare il ben servito al sindaco e di indossare di nuovo la toga. La sua esperienza politica finisce con le solite polemiche alle quali gli italiani sembrano oramai essersi rassegnati. L’ex pm decide di tornare così al suo vecchio mestiere e presenta la richiesta al Csm.
Ora si apprende che la quarta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha stabilito che Narducci “non può tornare ad esercitare le funzioni di pm a Napoli, né ottenere il trasferimento a Roma, che è competente sui procedimenti che riguardano i magistrati del capoluogo campano”.
A questo punto viene spontaneo interrogarsi su come sia stato possibile da parte del Csm, a rigor di logica, aver dato parere favorevole circa il fatto che un magistrato diventasse assessore nella medesima città in cui aveva esercitato le proprie funzioni pur ritenendo inammissibile l’inverso. Il principio di incompatibilità dovrebbe valere a doppio senso e non a senso unico, ma il Csm, a quanto pare, non la pensa così. E contraddice se stesso, dando origine a un paradosso interpretativo e valutativo che la dice lunga sul rapporto (da rivedere) tra politica e magistratura. Una porta aperta da un lato, per determinati motivi, e chiusa dall’altro, per gli stessi motivi. C’è qualcosa che non va. A quando una riforma della giustizia che risolva questo e altri problemi?