Su Pompei gli imprenditori napoletani raccolgono la sfida di Della Valle

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Su Pompei gli imprenditori napoletani raccolgono la sfida di Della Valle

27 Febbraio 2011

“Sarebbe stupendo se a fare qualcosa su Pompei fosse un gruppo d’imprenditori napoletani. Sarebbe un segnale che Napoli c’è e che fa qualcosa per la città”. Il presidente di Tod’s Spa Diego Della Valle non demorde e, dagli Stati Generali di Roma Capitale, replica l’invito ai colleghi campani affinché come lui decidano di investire in favore del patrimonio archeologico italiano.

“Noi abbiamo portato un progetto – spiega il patron della Fiorentina – che seppur complesso e articolato, appare più semplice di quello per il restauro del Colosseo” (per il quale Della Valle ha confermato un contributo di 25 milioni di euro). La proposta è l’adozione delle 1500 case pompeiane da ristrutturare da parte degli imprenditori partenopei, che ne assumerebbero singolarmente la responsabilità.

La novità a Napoli è che questa volta l’esortazione di Della Valle non sembra destinata a restare disattesa. Per Pompei, infatti, “non si può più esitare”. E a dirlo è Paolo Graziano, presidente dell’Unione industriali napoletani, che con toni serrati ha spiegato in un’intervista che si sta già lavorando al caso Pompei, partendo “non dagli slogan, ma dai fatti”.

Sul tavolo della prima riunione di direttivo dell’Unione il caso del secondo sito archeologico più visitato al mondo è stato affrontato, secondo le parole del presidente, con determinazione e pragmatismo. Si parte dalle “idee applicabili”, e cioè da progetti “innovativi e di grande respiro”, evitando di perdersi in sogni utopistici. L’idea è quella di procedere celermente verso obiettivi concreti, senza intraprendere imprese titaniche difficilmente affrontabili.

Per la reperibilità delle risorse la strada da seguire è quella del contributo sinergico di finanziatori pubblici e non. “Soprintendenze e privati – assicura Graziano – possono coesistere: per capirlo basta guardare al Louvre”, dove è proprio il mecenatismo dei cittadini a consentire di razionalizzare e migliorare lo sviluppo dell’ente museale.

In questa fase il compito degli imprenditori è lo studio del modello gestionale. “In Campania e più in generale al Sud – chiarisce Graziano – abbiamo una vera e propria fucina di proposte. Ma le belle idee da sole non bastano, ci vogliono approfondimenti e indicazioni gestionali”.

Dal tragico crollo della Domus dei Gladiatori di qualche mese fa il lavoro di pianificazione di un intervento celere e risolutivo non si è mai fermato. Il team guidato da Aurelio De Laurentiis, che ha l’incarico di rilanciare l’immagine di Napoli e della Campania a livello internazionale, sta elaborando una piattaforma utilizzabile, oltre che per Pompei, anche per altre realtà come l’Anfiteatro di Capua antica. “Sarà un gruppo di lavoro ampio, con il coinvolgimento d’imprenditori e personalità di primo piano”, il tutto in linea con le disposizioni previste in un emendamento al decreto milleproroghe firmato dal relatore Lucio Malan: poteri speciali alla Soprintendenza di Napoli e Pompei, assunzione di archeologi, sponsorizzazioni dei privati più facili.

La stima per la realizzazione dell’opera è all’incirca di 300 milioni di euro, una cifra enorme che, però, sembra non spaventare le imprese campane. Graziano si dice ottimista: i soldi non sono un problema “a patto che le idee siano davvero buone. I fondi sono determinanti se si ha una visione chiara su come investirli e gestirli”.

A dare il senso del peso finanziario dell’intera impresa e della sua appetibilità sul mercato è il numero dei visitatori (più di due milioni di accessi nell’ultimo anno). E’ necessario secondo il presidente degli industriali napoletani pianificare un "sistema Pompei", che preveda un intervento globale sul sito. Ogni aspetto dell’impresa risulta fondamentale, dal restauro dei beni alla progettazione di percorsi più agevoli per gli utenti.

Per proseguire senza esitazioni Graziano invoca il dialogo con le Istituzioni: “una discussione che deve essere serrata ma ampia”. Per il bene di Pompei, infatti, bisogna mettere da parte le contrapposizioni. Il presidente Graziano, infatti, ha sentito più volte Mario Resca, il direttore generale perla valorizzazione del patrimonio culturale del Ministero dei Beni Culturali, per convergere su un progetto che consideri Pompei non solo come bene speculativo ma anche come indotto dalle grandi potenzialità economiche.

Sul modello da adottare per definire tecnicamente la natura del sito si è ancora incerti. Graziano propende per il modello Louvre, considerato come esempio brillante di gestione congiunta da parte dello Stato e dei privati, ma resta in piedi anche la possibilità di creare una fondazione come nel caso del museo egizio di Torino.

Nessuna perplessità, invece, sulla necessità di aprire agli investitori stranieri, anche arabi, perché, ribadisce Graziano, “Pompei è del mondo”.