“Su sicurezza e immigrazione il Pdl non prende lezioni dalla Lega”
15 Aprile 2009
Un monito alla Lega perché “non si possono negoziare ogni volta i temi centrali del programma che gli elettori hanno scelto” e una sollecitazione al Pdl che non deve giocare di rimessa ma tenere alte quelle che da sempre sono le proprie bandiere, in primis sicurezza e immigrazione. Il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri non usa giri di parole per “radiografare” i delicati equilibri della maggioranza, senza tuttavia tralasciare l’analisi sui dossier che alla ripresa dei lavori parlamentari diranno qualcosa in più sui rapporti col Carroccio, l’agenda delle riforme e il dialogo col Pd.
Presidente Gasparri, dopo l’incidente alla Camera sul decreto sicurezza ora la “pratica” modificata passa al Senato, ma resta irrisolto il nodo sul periodo di permanenza dei clandestini nei Cie e quello delle cosiddette ronde; punti sui quali il Carroccio minaccia la crisi politica. Cosa intendete fare?
Il decreto arriverà al Senato privato delle parti sui tempi di permanenza dei clandestini nei Cie e sui volontari impiegati nel controllo del territorio. Per il resto, c’è ampia condivisione sul provvedimento che tra l’altro contiene norme importanti contro la violenza sessuale; quindi sarà un iter spedito.
Tuttavia restano aperte due questioni non certo secondarie.
Sono punti che abbiamo già esaminato al Senato e che sono nel disegno di legge attualmente alla Camera. Su questo ritengo che il Pdl non debba avere indecisioni perché altrimenti lascerebbe alla Lega una posizione di prevalenza. Noi dobbiamo essere molto impegnati sui temi della sicurezza che sono e restano il nostro obiettivo, compresi i Cie e i volontari per il controllo del territorio. Il Pdl deve essere fermo e deciso non perché dobbiamo accontentare la Lega, ma perché sono argomenti che ci appartengono, fanno parte del nostro programma e sui quali vogliamo mantenere l’impegno con gli elettori.
Sì, ma come pensate di risolvere le frizioni col Carroccio?
Primo: evitare di lasciare alla Lega le nostre bandiere che, invece, dobbiamo continuare a sventolare e tenere alte. In altre parole occorre evitare un’eccessiva caratterizzazione della Lega sui temi della sicurezza e dell’immigrazione che poi siamo costretti a inseguire. Secondo: la nostra deve essere una scelta autonoma e non derivante dall’azione della Lega. E da parte della Lega è necessario un rapporto più corretto.
E’ un monito al “fedele alleato”?
Abbiamo un programma sul quale agire, con al centro temi fondamentali come appunto la sicurezza ma penso anche al federalismo fiscale e questo è il nostro punto di riferimento. Agli amici della Lega dobbiamo dire che non ci può essere una negoziazione costante rispetto ai punti del programma. C’è un accordo globale sulle amministrative da chiudere, ma non c’è alcun bisogno di urlare o, talvolta, di estremizzare alcuni temi.
Faccia un esempio.
Mi hanno riferito che durante la discussione alla Camera sul decreto sicurezza la Lega abbia evidenziato alcuni atteggiamenti anche con toni enfatici che sembravano cercare lo scontro.
Ma il Carroccio accusa il Pdl di tradimento. E’ così?
La Lega non deve temere tradimenti né estremizzare i toni del confronto politico. Siamo alleati e tali resteremo, questa è la volontà degli elettori. Per questo non c’è bisogno di fughe in avanti. Ovviamente vale lo stesso anche per noi.
C’è un aspetto contingente che dovrete risolvere: a fine mese oltre un migliaio di clandestini potrebbero lasciare le strutture per l’identificazione e l’espulsione, per effetto delle modifiche al decreto varate dalla Camera.
Io voterei quelle norme a prescindere dalla Lega. Detto questo mi auguro che il ministro dell’Interno individui soluzioni tecniche o provvedimenti appositi, anche perché ci troviamo di fronte a un chiaro caso di necessità e urgenza. Non è detto che coloro che escono dai Cie possano disperdersi nel territorio nazionale. Penso ad esempio all’ipotesi, non so se tecnicamente realizzabile, che i clandestini già identificati con certezza possano essere direttamente rimpatriati.
Referendum elettorale. Calderoli sostiene che l’election day è incostituzionale e nel vertice con Bossi il partito ha ribadito la linea del no. Lei ritiene che sull’ipotesi di un accorpamento coi ballottaggi delle amministrative ci potrà essere accordo?
E’ un tema da affrontare con ragionevolezza. Le questioni poste dal referendum sono in parte risolte, a cominciare dalla semplificazione del quadro politico. Quando furono raccolte le firme, il processo che ha portato alla nascita del Pd era in corso e quello del Pdl non era ancora definito. Oggi siamo in un’altra Italia e il processo di semplificazione del quadro politico è già nei fatti. Mi domando però se sia opportuno forzare ulteriormente le tappe e i tempi; lo dico io che sono pronto alla stagione del bipartitismo come tappa successiva al bipolarismo. Credo che la stessa Lega non sia ancora pronta a questa prospettiva, così come molti degli entusiasti del referendum. Il Pdl non ha la sindrome del referendum. Oggi le priorità sono altre: la crisi, il terremoto in Abruzzo. Di fronte a tutto questo, il referendum è un tema importante ma non esiziale. E la polemica sui costi è non solo ridicola ma assolutamente falsa.
E l’ostracismo della Lega?
Possiamo ragionare sull’ipotesi di un accorpamento coi ballottaggi delle amministrative, il 21 giugno. In questo modo avremmo un risparmio economico e lo svolgimento della consultazione popolare. E’ un’ipotesi percorribile anche se superando il 15 giugno, occorrerebbe un provvedimento legislativo. Se poi i referendari non sono contenti…
E se invece non è contento Bossi?
Credo che anche la Lega dovrebbe farsene una ragione. Anche perché votare per tre domeniche consecutive mi pare improponibile e sulla data del 7 giugno le perplessità dei leghisti sono condivisibili.
A prescindere dai motivi contingenti di frizione, come vede il rapporto tra Pdl e Carroccio specie sul territorio e con le amministrative alle porte?
E’ un rapporto sostanzialmente positivo, c’è una buona intesa su tutto. Certo, quanto al radicamento sul territorio noi non dobbiamo prendere lezioni dalla Lega. Su questo siamo maestri e siamo pronti a dare ripetizioni a tutti. Io sul territorio ci sto da quando ero un ragazzo. Con gli amici della Lega bisogna chiudere l’accordo sui comuni e le province al voto evitando divisioni al primo turno e farlo prima del varo definitivo del federalismo fiscale. Mi pare si stia lavorando bene su questo e se restasse ancora qualcosa da chiarire lo si chiarisca parlandosi e facendo qualche riunione in più. Comunque, già a Brescia e Torino le cose sono risolte e francamente non ho notizie di grossi problemi.
Il capitolo riforme, da quella dei regolamenti parlamentari agli interventi sulla seconda parte della Costituzione. Alcuni osservatori politici sostengono che il Pdl si stia riappropriando di un ruolo centrale nel dialogo col Pd per contenere la Lega. Lei cosa ne pensa?
Noi intendiamo andare avanti e verificare ad esempio sulla riforma dei regolamenti parlamentari, la disponibilità reale al dialogo da parte del Pd. Come presidente del gruppo più numeroso al Senato ho chiesto di essere inserito, al posto di un mio collega, nella Giunta per i regolamenti dove lavorerò insieme al senatore Quagliariello, perché ritengo che si debba dare un segnale forte in questa direzione: il buon funzionamento del Parlamento è un elemento fondamentale. A mio avviso, dovremo definire una road map che consenta al Senato entro la fine dell’anno di apportare le modifiche necessarie, è un obiettivo possibile. Poi andrà avviato il confronto sulla riforma costituzionale. Il Pd ha fatto proposte in parte condivisibili sui regolamenti parlamentari. Noi chiediamo che i provvedimenti ai quali il governo attribuisce particolare importanza possano arrivare in aula in tempi definiti. Ad esempio, la proposta del senatore Zanda su La Stampa relativa a un periodo tra i 30 e i 45 giorni per l’esame dei provvedimenti legislativi da parte del Parlamento: se questa posizione resterà coerente, io già mi accontenterei.