Su Vincenzo Muccioli e SanPa una gigantesca operazione mistificatoria

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Su Vincenzo Muccioli e SanPa una gigantesca operazione mistificatoria

Su Vincenzo Muccioli e SanPa una gigantesca operazione mistificatoria

06 Gennaio 2021

Nel momento in cui ampi settori della attuale maggioranza parlamentare insistono per la legalizzazione delle cosiddette (erroneamente) droghe leggere e multinazionali stanno investendo centinaia di milioni di euro in Italia e nel mondo per diffondere capillarmente la vendita di cannabis light, primo passo, come loro stessi sostengono, verso la liberalizzazione della cannabis niente affatto light, con grande enfasi mediatica è uscito il documentario di Neftlix sulla storia di Vincenzo Muccioli e della Comunità di San Patrignano da lui fondata.
La Comunità nacque negli anni 80 del secolo scorso per far fronte ad una emergenza di giovani che cadevano nella trappola dell eroina, distruggendo la la loro vita e quella delle loro famiglie, un fenomeno che ha causato la morte per overdose negli ultimi trenta anni di quasi trecentomila persone nella sola Europa Occidentale.
Nella quasi completa latitanza di risposte da parte delle Istituzioni, nel mondo cattolico (ricordo gli scomparsi don Pierino Gelmini fondatore della Comunità Incontro, don Mario  Picchi, fondatore del Ceis, don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII)  nacquero straordinarie e pionieristiche esperienze che hanno contribuito a salvare decine di migliaia di giovani la cui sorte sembrava segnata.
Per tutta la loro vita questi grandi personaggi, che predicavano e praticavano il principio che che chi è caduto può rialzarsi e recuperare pienamente una vita di relazione con gli altri, si sono scontrati con gli ammiratori del parco Platzspitz di Zurigo, una terra di zombie abbandonati a loro stessi ed agli spacciatori, purchè se ne stessero ghettizzati per non disturbare il resto della città.
Il fallimento totale di quella esperienza, che il Comune di Zurigo fu costretto a chiudere, non ha scoraggiato i nostrani fautori delle cosiddette Stanze del Buco, luoghi dove concentrare i tossici, fornendogli sostanze e siringhe pulite o metadone a gogo, garantendo soltanto cronicizzazione senza speranza del loro naufragio esistenziale.
In questo quadro globale che obiettivo si ponevano gli ideatori del documentario su San Patrignano? Dimostrare la straordinaria capacità istrionica e trascinatrice del fondatore? Se avessero conosciuto e frequentato i preti che ho citato prima, si sarebbero accorti che questa è una caratteristica comune di questi personaggi carismatici, “pazzi scatenati” al servizio di cause apparentemente impossibili. Muccioli ha commesso errori? Certamente, ma già dal titolo del Documentario, Luci e Tenebre di San Patrignano si mette tutto sullo stesso piano, con una operazione commerciale giustamente criticata dalla Comunità.
Se a San Patrignano ci sono state anche tenebre oltre alle decine di migliaia di giovani salvati, non c’era allora buio fitto quando e dove morivano in Italia migliaia e migliaia di giovani abbandonati da tutti?
Sinceramente non posso apprezzare chi dopo 25 anni dalla morte di Vincenzo alza il ditino e si mette a dare i voti, alimentando tra l’altro la campagna di quelli che più si diffonde la droga più soldi pensano di fare, sulla pelle dei più fragili e dei più indifesi.
Per quanto mi riguarda sono ben lieto di aver chiesto ed ottenuto nel 2009, in concomitanza della Conferenza Nazionale sulle tossicodipendenze di Trieste, l’emissione di  un francobollo per ricordare Vincenzo Muccioli, Don Oreste Benzi e Carlo Valenzi, medico e fondatore di Feder Sert, lìAssociazione della strutture pubbliche che trattano le dipendenze.
Si è trattato di un doveroso riconoscimento dello Stato ai pionieri della lotta alle tossicodipendenze che hanno dedicato la vita alla difesa dei più deboli e per questo godono della stima e dell’affetto non soltanto di coloro che hanno salvato dal tunnel della droga, ma anche della stragrande maggioranza del popolo italiano.
*Già responsabile delle politiche antidroga nei Governi Berlusconi II e III