Sudan, il presidente annuncia un cessate il fuoco per il Darfur

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Sudan, il presidente annuncia un cessate il fuoco per il Darfur

12 Novembre 2008

Il presidente sudanese, Omar al-Bashir, ha annuciato questa mattina l’avvio di un cessate il fuoco unilaterale e immediato che riguarda l’intera regione del Darfur.

Secondo quanto riferisce la tv araba ‘al-Jazeerà, l’annuncio è stato dato a conclusione di una conferenza per la soluzione pacifica del conflitto, alla quale le fazioni del Darfur non hanno voluto partecipare. Iniaziata dieci giorni fa, la conferenza ha visto il presidente dell’Eritrea, Isayas Afeworki, unico capo di stato a partecipare. Erano invece presenti i rappresentanti del partito di governo sudanese, il National Congress, rappresentanti del governo di unità nazionale e dei partiti di opposizione tradizionale, Dup (Democratic Unionist Party) e Umma.

Il presidente Bashir ha comunque esortato le fazioni ribelli ad aderire al cessate il fuoco e ha aggiunto: “avvieremo una campagna immediata per disarmare le milizie e contenere l’uso delle armi tra le forze armate».

Ma uno dei principali gruppi ribelli del Darfur, il Jem (Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza), ha già rifiutato la proposta unilaterale del governo.  Suuleiman Sandal, portavoce del Jem, ha spiegato come sia “necessario un accordo quadro che garantisca i diritti che il movimento ha strappato” e ha dichiarato in modo deciso: “Non possiamo fermare i combattimenti in cambio di nulla”.

Nessuna dichiarazione è venuta per ora dall’altro movimento ribelle più importante del Darfur, il Movimento per la Liberazione del Sudan (Slm/Sla), che con il Jem ha dato l’avvio alle azioni di rivolta contro il governo nel febbraio 2003. Entrambi i movimenti avevano già espresso una posizione scettica sull’ “iniziativa del popolo sudanese” (come hanno battezzato la conferenza in questione), affermando che si trattava solo di una mossa del governo per tentare di calmare le critiche del mondo occidentale contro Khartoum per le violenze in Darfur.

Nel luglio scorso il procuratore argentino Luis Moreno-Ocampo della Corte penale internazionale (Cpi) aveva emesso un mandato d’arresto nei confronti del presidente sudanese, reclamato alla sbarra dalla corte dell’Aja con le accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità in relazione alla crisi del Darfur dove 300 mila persone sono state uccise e oltre 2 milioni sono state costrette alla fuga dall’inizio del conflitto. Khartum aveva dichiarato di non riconoscere la decisione della Corte, definita “illegittima”.

La situazione estremamente grave ha visto più volte l’intervento da parte di Amnesty International, che, sperando nel nuovo spiraglio appena apertosi, chiede in una nota “a tutte le parti in conflitto di cogliere questa opportunità per migliorare in modo concreto la protezione della popolazione”. Il vicedirettore del programma Africa dell’organizzazione ha affermato: “Abbiamo già assistito a svariate dichiarazioni di cessate il fuoco nel corso di questo conflitto e nessuna di esse ha apportato alcuna differenza nella vita dei darfuriani. La loro popolazione rimane in balia di gruppi armati, banditi e forze regolari sudanesi – ha proseguito – Ciò di cui ha invece disperatamente bisogno si chiama sicurezza ed è compito del governo di Khartoum e dell’Unamid provvedervi, cessate il fuoco o meno”. L’Unamid, la forza ibrida di peacekeeping fornita da Onu e Unione africana, è dispiegata in Darfur dall’inizio dell’anno «ma finora è stata incapace di fermare l’ondata di violenza nella regione» rileva quindi Amnesty, chiedendo che «i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano portati di fronte alla giustizia».

Nel 2006, ad esempio, si era avuta la proposta di un accordo di pace tra il governo e la fazione dell’Esercito di Liberazione del Sudan, risoltasi poi in un totale fallimento. Da allora i gruppi ribelli si sono frammentati e i conflitti tribali sono aumentati, creando una situazione assolutamente fuori controllo, dove ribelli, miliziani, forze del governo e banditi combattono per ogni pretesto, dal bestiame al potere.

Fouad Hikmat, direttore del Progetto Corno d’Africa al think-tank del Gruppo di Crisi Internazionale, ha definito l’iniziativa di bashir “molto positiva”, pur sottolineando come il governo debba affrontare un problema di mancanza di credibilità di fronte ai gruppi ribelli.

La situazione è sempre in bilico. Solo all’inizio di settembre i ribelli hanno accusato il governo e le milizie alleate di aver lanciato una serie di assalti nel Nord del Darfur. L’esercito in risposta ha confermato di aver preso alcune delle posizioni denunciate dai ribelli, ma esclusivamente per proteggere le strade dai banditi.

Gamal Nkrumah, esperto di Affari Africani nel Cairo, ha commentato duramente l’annuncio di Bashir: “E’ solo un gesto di facciata – L’unico motivo che lo spinge ad agire in questo modo è il fatto di essere sottoposto alla pressione internazionale”