Sudan. Referendum: 6 morti, si rischiano milioni di profughi
08 Gennaio 2011
di redazione
Almeno sei persone sono morte in un attacco condotto da uomini armati contro forze militari del sud Sudan oggi in una zona petrolifera. Lo riferisce un responsabile militare.
"Uomini armati hanno attaccato l’Spla", (Esercito popolare di liberazione del Sudan) l’ex milizia ribelle del semiautonomo Sud Sudan divenuta di fatto esercito del Sud. "Ci sono stati sei morti", ha detto il portavoce dell’Spla. Secondo fonti fra loro concordanti, l’attacco è stato condotto la mattina presto nella contea di Mayom, nello stato petrolifero di Unity, nel Sud.
L’Spla, secondo le fonti, ritiene responsabile dell’attacco uomini di Gatluak Gai, capo di una milizia sudista ostile, già responsabile di attacchi contro l’Spla la scorsa primavera, e che l’Spla accusa di essere sostenuta dal governo di Khartoum per destabilizzare il Sud, dove domani si tiene il referendum sulla separazione dal Sudan, un risultato che, secondo le previsioni, è dato per certo.
"Passata l’euforia dell’indipendenza si dovranno poi fare i conti con la dura realtà delle migliaia e migliaia di sud sudanesi che sono rientrati nel sud e che non hanno nulla. Non vi sono scuole né ospedali, né case e manca persino l’acqua potabile" dice a Fides Mons. Macram Max Gassis, Vescovo di El Obeid. "Il movimento di rientro è già iniziato da tempo" spiega Mons. Gassis. "Sono stato due settimane fa nella Contea di Twic nel Nord Bahr El Ghazal, dove secondo quanto mi è stato riferito dalle autorità locali, sono già 50mila i sud sudanesi rientrati. Queste persone vengono scaricate dai camion in mezzo al nulla. Non hanno nemmeno un giaciglio decente per dormire. Vi è solo un punto di distribuzione dell’acqua, mancano reti antizanzare, cibo e medicinali". "Se si pensa che nella sola area di Khartoum, la capitale dell’attuale Sudan unitario, vi sono circa 4 milioni di sud sudanesi che potrebbero rientrare nel meridione, si comprende che siamo di fronte ad una potenziale tragedia umanitaria" aggiunge il Vescovo di El Obeid.
In caso di secessione del sud, Mons. Gassis esprime la sua preoccupazione per la sorte della Chiesa nel nord del Sudan. "Che ne sarà della Chiesa nel nord, una volta che il Sudan si sarà diviso in uno Stato meridionale animista e cristiano, e in uno Stato settentrionale in gran parte islamico? Temo che i cattolici che vi rimarranno, insieme ai copti ortodossi, rischiano di essere trattati come ‘protetti’ secondo la più rigorosa interpretazione della Sharia, e quindi di essere cittadini di seconda classe, o peggio di diventare vittima di vere e proprie persecuzioni" conclude il Vescovo di El Obeid.