Sui conti Napolitano non si fida del governo

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Sui conti Napolitano non si fida del governo

01 Ottobre 2007

La Finanziaria 2008 ha già portato il governo sull’orlo della crisi, ha conquistato l’apertura dei tg, ha riempito le prime pagine dei giornali, è passata di mano in mano nelle sale stampa delle sedi istituzionali, fino a costituire, alla vigilia dello scorso week end, il pretesto per inscenare la rappresentazione di una rinnovata unità nella coalizione di maggioranza e tenere banco fino a tutta la giornata di domenica fra un gran premio di Formula Uno e una giornata di campionato.

Eppure il disegno di legge relativo alla manovra della discordia è stato licenziato dal Quirinale soltanto nel primo pomeriggio di oggi. In netto ritardo rispetto a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, visto l’ottimismo sparso a piene mani da Palazzo Chigi e considerate le approfondite discussioni che il documento aveva già ispirato. E con accenti sorprendentemente duri. Napolitano, infatti, nell’apporre il sigillo quirinalizio sul ddl e dare quindi il via alle danze in Parlamento, non solo ha ribadito la sua preoccupazione per l’abnorme ricorso al voto di fiducia, ma ha richiamato con toni ultimativi l’esigenza di porre mano ad una riforma delle leggi e dei regolamenti che guidano la definizione del bilancio statale.

Per una maggioranza sull’orlo di una crisi di nervi, alla vigilia di un trimestre da cardiopalma, paralizzata dagli strappi della sinistra radicale e gli aut aut dei centristi sempre più insofferenti alla coabitazione forzata, nulla di più pericoloso di un “richiamo” così esplicito da parte del Presidente della Repubblica. Al punto che in queste ore più di qualcuno s’è interrogato in proposito, trovando una plausibile risposta nel corto circuito istituzionale che ha preceduto e accompagnato il via libera al ddl da parte del Quirinale.

Facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi la lamentela più frequente nei retrobottega dei palazzi della politica consisteva nel fatto che i giornalisti disponessero già di consistenti parti del testo della Finanziaria, ben prima che lo stesso fosse nelle mani dei ministri. Finché, placate le rimostranze dei membri dell’Esecutivo per l’evidente confusione e l’opinabile grado di trasparenza, la litigiosa maggioranza – fatti salvi i distinguo di rito – s’è prodotta in un’esibizione di compattezza di durata assai breve ma dall’effetto scenico assicurato.

Trascorsi tre giorni dagli annunci in pompa magna, s’è scoperto che la realtà ha superato la fantasia. Già, perché nonostante ministri, parlamentari e giornalisti si fossero prodotti per l’intero fine settimana in declaratorie e discettazioni sulla manovra, il testo è arrivato al Quirinale soltanto nel tardo pomeriggio di domenica. Non solo: pare che alla Presidenza della Repubblica che gli si era rivolta con comprensibile irritazione, l’alto funzionario che nei giorni convulsi del tira e molla fra i partiti della sinistra ha ritoccato via via il disegno di legge, abbia opposto analogo sconforto e un deciso rifiuto a far da capro espiatorio proprio lui che a causa dei veti incrociati s’era visto cambiare le carte in tavola ogni cinque minuti.

Un corto circuito senza precedenti. Non privo di conseguenze: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, infatti, preso atto della situazione, per tutta risposta ha annunciato d’aver dato semaforo verde al ddl solo nella tarda ora di pranzo di lunedì. Va da sé, quindi, che a quell’ora del testo della legge Finanziaria non s’era ancora vista traccia in Senato, ovvero nel ramo del Parlamento che sulla manovra 2008 è chiamato ad avviare la discussione.

Sapremo nelle prossime ore se e come il centrosinistra riuscirà a venir fuori da questo pasticcio, e come reagirà alla staffilata del Quirinale. Sta di fatto che prima ancora di avviare il dibattito parlamentare, Prodi e compagni sono già riusciti a far irritare non poco le due più alte cariche della Repubblica, peraltro non certo riconducibili al centrodestra. E se queste sono le premesse, per arrivare indenne a mangiare il panettone al Professore servirà ben altro che una moratoria sulle domande dei giornalisti e qualche fetta di tesoretto da spartire.