Sui matrimoni gay la Consulta passa la mano al Parlamento
14 Aprile 2010
di redazione
La Corte Costituzionale dice ‘no’ ai matrimoni gay rigettando i ricorsi presentati dal tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento e passa la patata bollente al legislatore. I due tribunali chiedevano l’illegittimità di una serie di articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. In particolare ipotizzavano che il dettato del Codice Civile cui si fa riferimento per rendere effettivo il divieto di unioni omosessuali potesse essere in contrasto con due articoli della Costituzione, in particolare il numero 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e il 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali).
Nella decisione presa stamane, i giudici fanno intendere che non è loro competenza regolamentare la questione e affermano che la trattazione della materia spetta soltanto al Parlamento. I ricorsi sono stati invece dichiarati infondati in relazione agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Resta da vedere – ma questo si comprenderà solo dalla lettura delle motivazioni della sentenza che sarà scritta dal giudice Alessandro Criscuolo – se la Corte coglierà l’occasione o meno per sollecitare il legislatore a provvedere.
Il percorso giuridico che ha portato al pronunciamento della Corte Costituzionale sull’inammissibilità dei ricorsi sui matrimoni gay e lesbici è partito dalla vicenda di una coppia di omosessuali di Venezia. Poi è arrivata all’attenzione della Consulta anche la vicenda di una coppia di Merano. Il caso veneto è nato quando due omosessuali del centro storico lagunare hanno chiesto le pubblicazioni di matrimonio all’ufficiale di stato civile del Comune. Al no ricevuto era seguito il ricorso al Tribunale per far dichiarare illegittimo il rifiuto. I giudici, con ordinanza del 3 aprile 2009, hanno rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità, chiedendo se negare alle coppie formate da persone dello stesso sesso l’accesso all’istituto del matrimonio sia o meno conforme alla costituzione. Venezia è stata quindi la prima città italiana a rimettere alla Corte Costituzionale questioni come l’ipotizzata violazione dei già citati articoli 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali) della carta fondamentale. Per gli avvocati della coppia, la questione era di "garantire l’effettivo godimento in ambito famigliare per le persone omosessuali del diritto a realizzarsi come persona".
"Sono amareggiato, ma continuerò a lottare seguendo la via politica". Così il meranese Enrico Oliari, presidente di GayLib (gay di centrodestra) e consigliere comunale a Merano, che, con il suo compagno Lorenzo, era ricorso alla Consulta dopo il diniego posto alla sua richiesta di matrimonio da parte del comune di Trento. "Speravamo tanto nell’azione dell’Alta corte – ha concluso – perché il riconoscimento dei diritti e dei doveri che chiediamo sono pilastri essenziali in una coppia di persone che si amano e che scelgono di vivere insieme nella solidarietà, nel rispetto e nella vita di tutti i giorni". Più fiducioso si è dimostrato l’Arcigay che ha preso atto "con rispetto" delle decisioni della Corte Costituzionale e dell’indicazione di rimettere la questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso al legislatore. "Sappiamo con certezza – dicono – che l’Europa e la cultura giuridica dell’Occidente sono dalla parte del movimento LGBT e per il riconoscimento della piena eguaglianza di diritti".
Sul fronte politico si è pronunciata Isabella Bertolini, della Direzione nazionale del Pdl: "Nel nostro Paese ognuno può vivere come meglio ritiene basta che stia all’interno delle leggi. Non si possono però trasformare i desideri in diritti illegittimi. Bene quindi ha fatto la Consulta a rigettare le istanze che volevano far introdurre di fatto nel nostro Paese il matrimonio gay". Dello stesso avviso anche Francesco Giro, sottosegretario ai Beni e alle attività culturali, "la Corte Costituzionale bocciando i ricorsi sulle coppie gay ha di fatto riaffermato il principio costituzionale della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". "La scelta della Consulta sui matrimoni gay restituisce, come è giusto, la palla al legislatore. Anzichè compiacersi per lo ‘scampato pericolo’, penso che la maggioranza dovrebbe iniziare seriamente a lavorare sul testo Rotondi-Brunetta, che senza scomodare impropriamente l’istituto del matrimonio e senza prevedere benefici troppo generosi sul fronte della spesa pubblica, inizia a definire un quadro apprezzabile e concreto di diritti e di garanzie per i partners delle coppie gay", questo il parere di Benedetto Della Vedova, deputato del PdL.
Mentre il Bel Paese rimane in bilico sulla faccenda in Europa salgono a sei gli stati nei quali le nozze gay sono legali, dopo il via libera della Corte Costituzionale portoghese al disegno di legge per i matrimoni omosessuali. Molti Paesi del Vecchio Continente riconoscono comunque in una qualche forma le unioni fra omosessuali mentre coppie dello stesso sesso si possono sposare in cinque Stati Usa.
Alma Pantaleo