Sul caso Telecom a Montezemolo si è scompigliato il ciuffo

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Sul caso Telecom a Montezemolo si è scompigliato il ciuffo

23 Aprile 2007

La vicenda Telecom Italia ha prodotto un effetto consistente nel dibattito in Confindustria. Dopo l’entrata a gamba tesa sulla fusione Autostrade – Abertis, dopo le torbide manovre di Angelo Rovati, consigliere economico di Romano Prodi, sulla rete Telecom, dopo  l’intervento “ a posteriori” di Antonio Di Pietro sugli appalti per la rete ad Alta velocità, la comunità degli imprenditori si è trovata di fronte a un dibattito di ministri e deputati della maggioranza su una legislazione per le telecomunicazioni proposta su misura a secondo degli azionisti scelti.

Persino a Luca Cordero di Montezemolo si è scompigliato il ciuffo: “Il governo non può scegliere gli azionisti di un’impresa privata”, ha detto. Poi, ha soggiunto, abbastanza fiero della sua sagacia: “Vi sono ambienti anti-impresa nel governo e nella maggioranza di centrosinistra”. Evidentemente il presidente di Confindustria, forse sviato da Paolo Mieli, pensava che tutti gli esponenti dei partiti che si richiamano al comunismo (ben due nel governo Prodi) lo facessero solo per burla. Ma la svolta più interessante è quella del Sole 24 ore che ha ospitato per ben due volte Marco Tronchetti Provera all’attacco. Il Sole, poi, ha rintuzzato con tutti i suoi editorialisti, in prima fila i ciampisti Fabrizio Galimberti e Luca Paolozzi,  i disordinati tentativi di autodifesa prodiana (“Nessuna interferenza su un gruppo privato” è arrivato a dire il presidente del Consiglio in risposta a una lettera dell’esterrefatto ambasciatore americano Ronald Spogli). Quel che va notata è una forte saldatura tra le due anime confindustriali: quella della base, sostanzialmente liberista (e, detto sbrigativamente, con più di una punta di berlusconismo) e quella più politica ed europeista, che appunto ispira i grandi gruppi oggi centrali negli assetti di viale Astronomia: alla fine si è svegliato persino Mario Monti, già grande lodatore della liberalizzazione dell’aspirina attuata da Pierluigi Bersani.

Nonostante tutti gli infortuni (senza dubbio la vicenda Tavaroli gli ha fatto male) Tronchetti è apparso in tutta la vicenda “cessione di Olimpia’ come una vittima e questo gli ha ridato un certo peso in un gruppo dirigente confindustriale dal quale si era un po’ defilato (non partecipa più da tempo alle riunioni di presidenza). Non va scordato che Tronchetti ebbe non poco peso nella designazione di Montezemolo, da lui lanciato nell’autunno del 2003.

Quali potranno essere le influenze che questo scontro produrrà nel mondo confindustriale? Alcune carte a disposizione dell’attuale gruppo dirigente di viale Astronomia appaiono molto indebolite dagli avvenimenti: tutti quelli che vantavano dei particolari legami con Bersani oggi stanno sulle loro. Francesco Rutelli che pareva un cavallino di razza su cui puntare e che a sua volta poteva aiutare, indirettamente, questa o quella cordata, appare  singolarmente muto su tutta la vicenda e fa parlare il suo stretto amico Lugi Zanda che sostiene posizioni superdirigistiche. Su cui, seppure con grande imbarazzo, finisce per allinearsi anche Paolo Gentiloni.

Solo Mieli preferisce prendersela (via portaparola Sergio Romano) con il presunto accordo tra Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, piuttosto che con lo stile putiniano di Prodi. Insomma, il tramonto della liberalizzazione alle vongole nelle due versioni bersaniana e rutellina, avrà una grande influenza nel dibattito confindustriale dove sia la sinistra (Luigi Abete) sia i montezemoliani per influire su una base non proprio tranquilla, avevano bisogno di una sponda riformista nel governo. Un chiaro segnale dei tempi difficili per chi guarda almeno un po’ a sinistra in Confindustria, sono sia le scelte editoriali di un giornalista prudente come Ferruccio de Bortoli, che è arrivato sino al punto di far morsicare Carlo De Benedetti per allentare l’assedio a Tronchetti, sia il duro intervento di un imprenditore prudente come Alberto Bombassei.