Sul fisco c’è una “sparata” al giorno

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Sul fisco c’è una “sparata” al giorno

06 Settembre 2007

Sul fisco se ne dicono tante ed ogni giorno si presenta un nuovo assertore di verità rivelate. Questa volta è toccato al Professor Victor Uckmar che si è sentito in obbligo di accorrere in difesa di Prodi e Padoa Schioppa nella disputa, tutta interna al Partito Democratico in gestazione, sulla questione delle tasse.

“E’ più difficile agire sulle uscite che sulle entrate” ha rivelato il professore di Diritto Tributario all’Università di Bologna spezzando una lancia a favore delle tesi del governo e respingendo di fatto le aperture di Veltroni e Rutelli sulla riduzione della pressione fiscale già dalla prossima finanziaria. La tesi del professor Uckmar non fa una piega e non può che essere condivisibile quando afferma che “Paghiamo tante tasse. Prima, però, occorrerebbe individuare le spese essenziali per il Paese. Un’imposta è giusta solo quand’è rapportata a una giusta spesa”.  E’ la stagione delle feste di partito: sarà per questo che si ha l’impressione di assistere alla festa dell’ovvietà.

Se ridurre le tasse senza la preventiva riduzione della spesa non sia possibile, e non lo è anche perché questo Governo non ha posto sotto controllo le uscite, allargandole invece per assecondare le pressioni della sinistra più radicale, la questione è senza dubbio da impostare in modo diverso. E l’unico modo diverso è prendere atto che questa maggioranza non è adeguata alle esigenze del Paese e bisogna cambiarla. 

Con l’accordo sulle pensione per ridurre lo scalone a scalini, il Governo è consapevole dei maggiori costi e persino di non riscuotere appieno l’assenso della sinistra neo comunista che vorrebbe la soppressione di ogni piolo. Perché insistere allora con un provvedimento che non modifica quasi nulla in termini dei diritti acquisiti ma che comporta una spesa significamene maggiore? I maggiori costi per tutto il periodo di entrata a regime assommano a ben 10 miliardi di Euro e nessuno nella maggioranza e nel governo osa dire che il Paese questa maggiore spesa non se la può permettere, come più volte ha anche ammonito la Commissione europea.

La realtà però non muta e resta  quella che è.

Se Veltroni e Rutelli spingono verso la richiesta di  riduzione delle tasse da subito lo fanno senza dubbio per mera propaganda, con il fine recondito di attribuire all’attuale Presidente del Consiglio le responsabilità del malcontento che si allarga nel Paese. Appare evidente che il sindaco di Roma vorrebbe dissociare le responsabilità della nuova creatura che sta per adottare dalla azione del Governo in carica, ritenendo Prodi e la sua maggioranza impopolare e perdente.

Prima di ogni altra questione il Partito Democratico ed il candidato a guidarlo Veltroni dovrebbero chiarire non i desideri ma i modi per rendere possibili i sogni che fanno. Dovrebbero dirci con quale maggioranza intendono perseguire gli obiettivi di crescita e di trasformazione del Paese, per rendere, come dicono, la politica più vicina alla gente, se è vero che il 20 ottobre, subito dopo l’incoronazione del nuovo principe della sinistra italiana, la sinistra alternativa scenderà in piazza per contestare la riforma “Biagi” e mettere in discussione quelle leggi sul lavoro che hanno consentito l’allargamento dell’occupazione e della base imponibile, consentendo nel 2006 e nell’anno in corso di ottenere gettiti tributari in continuo incremento.

Per ora Prodi e Padoa Schioppa hanno solo saputo aumentare le tasse ed al contempo aumentare le spese soprattutto per compiacere rifondazione e compagni: sapranno invertire la rotta? Non si ha alcun dubbio che non sapranno e soprattutto non potranno farlo con questo governo e questa maggioranza: possibile che non se ne rendano conto?

Per avallare questa realtà ed assicurare alla prossima finanziaria l’annunciato costo zero, la ricetta del Professore di Diritto Tributario a Bologna Uckmar non si discosta da quella del Professore di Scandiano: “i redditi da capitale dovrebbero essere quelli più tassati visto che si formano senza l’intervento dell’uomo”.

La possibilità di coprire l’aumento della spesa con i maggiori proventi rivenienti dall’inasprimento delle aliquote sui redditi da capitale, in sostanza sui risparmi degli italiani e sui proventi dei capitali di rischio, sarà l’obiettivo per il 2008 del Governo. I risparmi dei piccoli investitori, però, sono già stati gravati alla fonte per essere generalmente redditi non consumati e non sarebbe giusto sottoporli ad inasprimenti fiscali più pesanti.

Scoraggiare il risparmio non è saggio.

Sarebbe una nuova ingiustizia senza tener conto che il mercato finanziario, oggi più o meno globale, rimarrebbe insensibile alle motivazione autarchiche e rischierebbe di dirigersi altrove.

Anche i tassi ne subirebbero le conseguenze con un prevedibile aumento dei saggi di interesse per allineare al mercato i rendimenti, ottenendo così il risultato di rendere più costoso il debito pubblico e favorendo gli investitori esteri che non sono sottoposti alle aliquote fiscali italiane.

Le transazioni finanziarie nel mercato dei titoli azionari, ancora, subirebbero un traumatico rallentamento per il minor appeal verso i risparmiatori, qualora al rischio si dovesse unire un maggior onere fiscale. Se si parla di capitalizzazione delle imprese e di investimenti non si può non considerare che questa eventualità ci porterebbe su di un percorso del tutto contrario.

Questo Governo e l’intera Unione, oramai non hanno più niente da dire, non possono e non sanno uscire dal circolo vizioso in cui si sono introdotti, difendono una maggioranza di 24 mila voti ottenuti anche in modo poco chiaro e su cui si arroccano ostacolando ogni verifica.