Sul futuro di Alitalia pesa un’incognita: ricapitalizzare o vendere?

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Sul futuro di Alitalia pesa un’incognita: ricapitalizzare o vendere?

05 Luglio 2012

Non è un momento facile per Alitalia. Il rischio di non decollare è molto elevato dato che la situazione economica è molto pesante.

Nei primi sei mesi dell’anno il passivo rischia di essere a tinte fosche, perché le perdite potrebbero essere superiori ai 150 milioni di euro nel primo semestre. I conti ancora non sono ancora ufficiali, ma i 130 milioni di rosso nel solo primo trimestre non fanno ben sperare.

L’amministratore delegato del gruppo, Andrea Ragnetti, ha inoltre annunciato di avere trovato extra-costi di 100 milioni di euro che dovrebbero affossare ancora maggiormente il conto economico nel 2012. Il pareggio a questo punto è rimandato al 2013, ma non è così semplice per la compagnia di bandiera arrivare a tale data, se le perdite questo anno fossero vicine ai 200 milioni di euro.

Infatti, dal momento della ripartenza della nuova Alitalia, dopo la discussa privatizzazione, ha continuato a perdere soldi. Si è eroso dunque il patrimonio investito dalla cordata degli imprenditori italiani che a questo punto si ritrovano al bivio: vendere o ricapitalizzare?

E le domande successive sono abbastanza conseguenti. Vendere a chi o ricapitalizzare con quali soci?

I francesi sono indubbiamente in pole position. In realtà a queste ultime due domande, la risposta più “naturale” sarebbe AirFrance – KLM.

Il gruppo guidato da Jean Cyril Spinetta non è lo stesso di quattro anni fa, quando era in procinto di comprarsi tutta Alitalia. L’azienda è ora in forte crisi e alle prese con una dura ristrutturazione che dovrebbe portare risparmi di circa 2 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Le conseguenze è che la liquidità di AirFrance – KLM è limitata e dunque è difficile che il colosso franco-olandese possa ingoiare il boccone “amaro” Alitalia.

Amaro perché ha già provocato svalutazioni e perché rischia di apportare altre perdite ad un gruppo che non se lo può permettere.

Chi potrebbe allora ricapitalizzare? I secondi in ordine di importanza (in senso industriale del termine, ma primi per numero di azioni) sono gli imprenditori italiani. Ma anche in questo caso vi è il serio dubbio che abbiano le possibilità economiche per farlo e soprattutto la voglia.

L’operazione “Fenice” era decollata con il blocco dell’antitrust triennale per favorire il rilancio della compagnia (con conseguente chiusura alla concorrenza del mercato), ma tale blocco è scaduto e l’Antitrust ha preso velocemente una decisione che peggiora ancora maggiormente la situazione.

Alitalia deve vendere alcuni slot sulla Milano Linate – Roma Fiumicino, una delle rotte più redditizie in Europa. La concorrenza del treno su tale rotta aveva già fatto diminuire di oltre il 30 per cento i passeggeri e quindi in parte, tale punto di forza della compagnia era stato già “limato” dal mercato. Lo sblocco dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è tuttavia un punto a sfavore per Alitalia.

Quali altre soluzioni rimangono, partendo dal presupposto che senza ricapitalizzazione difficilmente l’azienda potrebbe arrivare al 2013?

Quella che maggiormente fa paura è l’intervento del settore pubblico. Una rinazionalizzazione tramite Cassa Depositi e Prestiti, che nell’ultimo periodo è stata protagonista anche del ritorno in mani pubbliche della rete del gas e dell’acquisto tramite F2I di una quota importante degli aeroporti di Milano, è quello che maggiormente si sente sussurrare in ambito finanziario.

Questa soluzione sarebbe comunque la peggiore, perché il settore pubblico dopo aver fatto perdere oltre 4 miliardi ai contribuenti italiani, rientrerebbe dalla finestra.

Oltre il danno la beffa. Le esperienze passate dovrebbero insegnare che è bene che lo Stato imprenditore non si metta a guida delle compagnie aeree.