Sul nucleare la Consulta ammette il referendum ma la legge non c’è più

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Sul nucleare la Consulta ammette il referendum ma la legge non c’è più

07 Giugno 2011

Il referendum sul nucleare è stato ammesso. Lo ha deciso questo pomeriggio la Corte costituzionale a seguito della riformulazione del quesito da parte della Cassazione dopo le modifiche al decreto Omnibus che cancellavano la norma sulla costruzione di centrali.

Una decisione che, considerando la dichiarazione di ieri del neo presidente della Consulta, Alfonso Quaranta – "Non credo che abbiamo la possibilità di bloccare il referendum" –, appariva già scontata. Tre ore di Camera di consiglio, durante le quali le parti in campo si sono date battaglia: il costituzionalista Alessandro Pace, in rappresentanza di Antonio Di Pietro e del comitato referendario, ha sostenuto che alla Corte spetta solo la decisione sulla costituzionalità del quesito riscritto dalla Cassazione e non il compito di annullare la consultazione referendaria. L’avvocato Gianluigi Pellegrino, rappresentante del Pd e del Movimento difesa del cittadino, ha spiegato che "la nuova legge è più nuclearista della precedente". L’Avvocatura dello Stato, su incarico del Governo, ha invece affermato che l’ambiguità del quesito avrebbe dovuto persuadere la Consulta ad uno stop sul voto popolare.

Ma le ragioni dei referendari hanno prevalso così, il 12 e 13 giugno, i cittadini avranno la possibilità di esprimersi sul quesito. I giudici della Consulta sostengono che la nuova legge sul nucleare, approvata dal Parlamento, consente in realtà la costruzione delle centrali. Lo hanno spiegato chiaramente nelle motivazioni depositate poco dopo la sentenza: "Le disposizioni di cui si propone l’abrogazione risultano, infatti, a seguito della riformulazione del quesito da parte dell’Ufficio centrale, unite da una medesima finalità: quella di essere strumentali a consentire, sia pure all’esito di ulteriori evidenze scientifiche su profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente l’utilizzazione di energia nucleare". Secondo la Consulta, insomma, tutto ciò sarebbe in netta contraddizione con l’originario intento perseguito dalla richiesta referendaria.

Intanto il comitato ‘Vota Sì per fermare il nucleare’ ha espresso soddisfazione per la sentenza dichiarando che "dalla Consulta arriva l’ennesimo e definitivo stop alle pretese di un governo che con una mano lascia libertà di voto e con l’altra cerca con ogni mezzo di sabotare il referendum". Anche Antonio Di Pietro ha esultato approfittandone per tirare una bordata all’esecutivo: "Dopo quest’ultima lezione giuridica e di civiltà, ci auguriamo che il governo la smetta di frapporre bastoni tra le ruote del referendum sul nucleare".  

Il Pdl ha lasciato libertà di voto ai suoi elettori. Ad evidenziare le contraddizioni del quesito referendario è tornato il parlamentare Peppino Calderisi che, in termini laici, ieri aveva affermato di non essere favorevole al nucleare allo stato attuale delle tecnologie di cui l’Italia dispone, e ha rimarcato di condividere la scelta del governo di abrogare le norme che consentono di realizzare centrali nucleari. “Ora non so come votare – ha concluso – perché la permanenza dei commi 1 e 8 (che sono l’oggetto del nuovo quesito referendario), non consente affatto di realizzare centrali nucleari. Sostenerlo, come ha fatto la Cassazione, vuol dire che in caso di prevalenza del no o dell’astensione, il governo potrebbe procedere alla costruzione di centrali nucleari, senza necessità di una nuova legge”.

Insomma, l’effetto della decisione presa oggi dalla Consulta no fa che aumentare il senso della contraddittorietà di questo referendum. Una votazione che, di fatto, darà la possibilità ai cittadini di esprimersi su una legge che non c’è più.