Sul referendum adesso Renzi chiede una tregua al Pd

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Sul referendum adesso Renzi chiede una tregua al Pd

18 Maggio 2016

La corsa verso il voto di ottobre al referendum costituzionale è iniziata ma a quanto pare Matteo Renzi non è più così sicuro della strategia seguita fino adesso e sopratutto di quale sarà il risultato finale.

E’ in questo quadro che si legge anche la stretta (ormai un cappio) su tv e giornali, e la recentissima eliminazione di Belpietro, una delle poche voci rimaste fuori dall’intollerabile coro filorenziano.

Dopo aver ridotto un momento storico per il Paese a una sfida sulla sua premiership – con me o contro di me, vince il sì o me ne vado a casa –, ieri il segretario del Pd ha lanciato un nuovo appello a parlamentari e vertici locali del partito, invocando una tregua interna e chiedendo l’unità intorno all’obiettivo del sì alla riforma.

“Nei prossimi sei mesi non dico che occorra una tregua interna, ma occorre parlare al paese. Io smetterò ogni polemica interna. Farò solo questo e non altro”. Il leader che non doveva chiedere mai, che aveva rottamato il partito, a quanto pare offre agli altri il calumet della pace.

Getta nel piatto l’elezione diretta dei senatori, gradita alla sinistra e utile a intonare il cantico dell’unità del partito, ma i democrats, sulla grande riforma costituzionale, come è noto si sono spaccati, tra maldipancia e tensioni irrisolte. E qualcuno, per questo e per altro, se n’è anche andato.

Insomma il clima nel Pd non sembra certo quello adatto a compattare l’elettorato in vista del voto, delle elezioni amministrative prima e del referendum poi.

In ogni caso,  è interessante che spunti la parola “tregua”, che tornino i grandi paroloni del passato, “l’unità del partito”, che si provi a smorzare i toni tra un’imitazione di Guerini è un’altra di D’Alema. Interessante perché indice della nuova incertezza del premier, il timore di non farcela a ottobre.

L’ex segretario Pierluigi Bersani ricorda “se avessi detto io ‘tregua per sei mesi’, ne avremmo sentite di tutte i colori in toscano…”. Per non dire di Gianni Cuperlo, il quale commenta così l’invito alla conferenza di pace avanzato dal premier: “Non ho sentito un appello per le amministrative. Ho sentito un lungo monologo corredato anche da qualche imitazione”. Insomma, volti e frasi tirate, altro che tregua.

L’impressione è quindi che l’uomo solo al comando abbia visto i sondaggi e cominci a  temere l’appuntamento con il referendum, che fino a ieri immaginava come una grande conferma personale. Oggi capisce di aver bisogno dei vecchi “compagni”, e si rende conto che la corsa verso ottobre non sarà una fuga per la vittoria, ma una corsa a ostacoli, in cui rischia di cadere sul più bello.