Sul terreno delle riforme Monti ha già fallito la sua mission

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Sul terreno delle riforme Monti ha già fallito la sua mission

02 Maggio 2012

“Meno barriere all’entrata, meno privilegi e rendite per gli inclusi, più possibilità di ingresso per gli esclusi e per i giovani, più spazio al merito e alla concorrenza: questi gli ingredienti di un’economia più competitiva, di una maggiore crescita, di una società più aperta, più inclusiva, più equa”. Queste parole si possono leggere nell’editoriale di Mario Monti scritto esattamente un anno fa (il 1° maggio 2011) sulle colonne del Corriere della Sera. Un articolo il cui solo titolo lasciava prefigurare un programma politico amministrativo di successo, con un occhio di riguardo per “esclusi e giovani”: “una strategia della crescita”!. A un anno di distanza mi pare ovvio fare due domande, anche perché intanto Mario Monti è stato designato alla guida del Paese che governa da sei mesi: quanto di quelle parole è riuscito a mettere realmente in pratica? E quanto di quel progetto di crescita ha fatto da guida all’azione del suo governo “tecnico”?

Probabilmente, un anno fa quando scriveva quell’editoriale, non immaginava di ritrovarsi 12 mesi dopo alla guida del governo. Sta di fatto che sei mesi più tardi, il 17 novembre 2011, divenuto presidente del Consiglio dei ministri (nonché ministro dell’Economia ad interim), dopo essere stato nominato senatore a vita (il 9 novembre 2011), Mario Monti è in Senato a pronunciare il discorso d’insediamento del governo tecnico e chiedere fiducia alla Politica. Gli fa piacere appellarsi come ‘Governo di impegno nazionale’, per sottolineare che il suo esecutivo – nato per affrontare in spirito costruttivo e unitario una situazione di seria emergenza – ha una mission ‘anche’ politica di “aiutare tutti a superare una fase di dibattito molto, molto acceso, e consentirci di prendere insieme, senza alcuna confusione delle responsabilità, provvedimenti all’altezza della situazione difficile che il Paese attraversa”. Per attuare la mission Monti annuncia che farà leva su tre pilastri: rigore di bilancio, crescita ed equità. “Nel ventennio trascorso – spiega – l’Italia fa fatto molto per riportare in equilibrio i conti pubblici, sebbene alzando l’imposizione fiscale su lavoratori dipendenti e imprese, più che riducendo in modo permanente la spesa pubblica corrente. Tuttavia – ecco la sua novità – quegli sforzi sono stati frustati dalla mancanza di crescita e l’assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti”. Insomma, Monti lascia intendere che la pressione fiscale è arrivata a livelli insopportabili per lavoratori e imprese, tanto più perché nel contempo non è stato praticato ciò di cui c’era veramente bisogno: un taglio netto della spesa pubblica! Peccato però che poi, in sei mesi, Monti abbia di fatto trascurato i rimproveri al passato governo e fatto altrettanto, anzi di più, strizzando i cittadini di nuove tasse e nuovi balzelli. Anzi, con repentino cambio di opinione, oggi è arrivato addirittura a rimproverare il passato governo Berlusconi reo di aver alleggerito le tasse sulla casa (Ici sulla prima casa).

Nel concreto delle proposte di programma di governo, Monti indicava fondamentalmente due parti: da un lato una serie di provvedimenti per affrontare l’emergenza, assicurare la sostenibilità della finanza pubblica, restituire fiducia nelle capacità del Paese di reagire e sostenere una crescita duratura ed equilibrata; dall’altro lato, un progetto per modernizzare le strutture economiche e sociali, con iniziative concrete, in modo da ampliare le opportunità per le imprese, i giovani, le donne e tutti i cittadini “in un quadro di ritrovata coesione sociale e territoriale”. Ma a cuore, Monti, dice di tenere soprattutto i giovani, ai quali riserva l’ultima parte del discorso – “infine, nel senso di finalità di tutta l’azione – per dichiarare che sarà una delle priorità di azione nella convinzione che ciò che restringe le opportunità per i giovani si traduce poi in minori opportunità di crescita e di mobilità sociale per l’intero Paese”. Due, anche stavolta, gli ingredienti per la ricetta giusta: il merito individuale e la mobilità. “Dobbiamo porci l’obiettivo di eliminare tutti quei vincoli che oggi impediscono ai giovani di sfruttare le proprie potenzialità in base al merito individuale, indipendentemente dalla situazione sociale di partenza”. A tal fine, afferma di ritenere importante inserire nell’azione di Governo misure che valorizzino le capacità individuali ed eliminino ogni forma di cooptazione. Quanto alla mobilità, Monti sostiene che “è la nostra migliore alleata; mobilità sociale, ma anche geografica, non solo all’interno del nostro Paese, ma anche e soprattutto nel più ampio orizzonte del mercato del lavoro europeo e globale”.

Quanto di quelle parole Monti ha tradotto in legge? Poco o nulla. La bilancia di sei mesi di governo, infatti, pende dal lato del rigore dei conti pubblici, con nuove tasse e un’asfissiante imposizione fiscale quasi che il “bilancio dello Stato” fosse cosa meritevole di più cura della sopravvivenza del popolo sovrano. Non è così, e non può essere così. Al centro di tutto infatti c’è e deve restarci la “persona”, i cittadini.

Quando Monti scriveva quell’editoriale, un anno fa, l’Istat pubblicava i dati su occupazione e lavoro relativi a marzo 2011. Il tasso di occupazione (età 15-64) era al 57,1% e quello di disoccupazione all’8,3%; il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24) era al 28,6% e quello di inattività (età 15-64) al 37,7%. Il 2 aprile 2012 l’Istat ha pubblicato gli stessi dati relativi al mese di febbraio 2012 (dopo quattro mesi e, soprattutto, quattro manovre del Governo Monti). Il tasso di occupazione (età 15-64) è sceso al 56,9% e quello di disoccupazione è salito all’9,3% (un punto percentuale in più!); il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24) è schizzato al 31,9% (3,3% in più) e quello di inattività (età 15-64) è sceso al 37,2%.

La situazione, dal punto di vista occupazionale – e l’occupazione è il ‘Bignami’ dell’economia di un Paese – è peggiore di quella di partenza. I conti pubblici stanno più in sicuro? Non c’è da giurarci se a stare peggio sono le tasche dei cittadini e le casse delle imprese. Peraltro, nel quadro generale di depressione, a rimetterci di più sono sempre e soltanto i giovani.

Oggi l’Istat ha pubblicato i dati relativi al mese di marzo. Il quadro è molto peggiore: il tasso di occupazione (età 15-64) è al 57%, quello di disoccupazione all’9,8%. Il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24) è schizzato al 35,9% – più 4% in un mese (marzo, il mese di annuncio della riforma del lavoro e più 7,3% dopo cinque mesi di governo Monti) e quello di inattività (età 15-64) è al 36,7%.

Il Governo deve prendere atto del suo parziale fallimento. E proprio su ciò che più stava a cuore a Monti: i giovani!