Sul testamento biologico Giuliano Ferrara sbaglia

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Sul testamento biologico Giuliano Ferrara sbaglia

23 Febbraio 2011

Lasciatecelo dire: ci è sembrato quantomeno anomalo trovare allineati sulla stessa barricata – seppur con dei doverosi distinguo – Stefano Rodotà, Ignazio Marino, Beppino Englaro, Roberto Saviano e Giuliano Ferrara. E abbiamo provato un certo senso di dispiacere nel sentir utilizzare lo stesso linguaggio dai neopuritani del Palasharp, dal solito scrittore banale (in arte Saviano) e da una persona, prima ancora che un intellettuale, unica e sorprendente come il direttore del Foglio.

Forse perché a leggere l’editoriale dell’Elefantino di ieri in più passaggi si annusa tutto l’odore di bruciato di una scottatura personale, che dalla campagna anti-abortista del 2008 porta dritta dritta alle bottigliette d’acqua sul sagrato del Duomo di Milano duranti gli ultimi giorni di Eluana. O forse perché ci saremmo aspettati da lui delle posizioni meno ideologiche e più politiche. E non ci è proprio piaciuto trovarlo dalla parte di coloro che quotidianamente e su tutti i fronti lui stesso combatte, gli stessi che vorrebbero davvero dettarel’ordine del giorno dell’agenda del dispotismo etico e paternalistico dello stato e sostengono che a farlo siano gli altri.

In ogni caso, messo da parte il dispiacere, vale la pena valutare con animo oggettivo le ragioni delle posizioni di Ferrara.

Il direttore del Foglio scrive che chi ha proposto e approvato la legge sul testamento biologico è partito e si è basato sulla vicenda di Eluana Englaro. E ha senz’altro ragione. Il ddl Calabrò in discussione alla Camera ha scongiurato che ci si ritrovasse di nuovo di fronte alla deriva del caso Englaro, evitando il verificarsi di tutte le fattispecie che in quello specifico frangente si erano verificate. E si può senz’altro ammettere che la legge in discussione alla Camera è molto eluanocentrica. Ma probabilmente Ferrara dimentica che il caso Englaro prima di essere un caso umano è stato un caso giuridico che ha messo in luce tutti i limiti del nostro ordinamento, che ha gettato nelle mani dei giudici, questi sì despoti autoritari, il nostro diritto a morire e ha aperto un varco pericoloso ad una deriva eutanasica, scambiandola per un malinteso principio dell’autodeterminazione (che, tra l’altro, in quel caso non  era neppure espresso).

Poi scrive: “Detesto il testamento biologico, e in genere le cartucce legate al presunto, belluino diritto di morire. Penso che la morte vada affrontata con sensibilità e tratti umani, in una logica se possibile di razionalità” È ovvio. Non pensa forse Giuliano Ferrara che anche la Chiesa, o i cattolici liberali del centrodestra avrebbero volentieri fatto a meno di questa legge? Avrebbero preferito lasciare la morte relegata in quello spazio ultimo della dimensione umana che è il rispetto estremo della dignità dell’individuo, in qualunque modo essa si manifesti? Davvero crede che le gerarchie ecclesiastiche o il senatore Calabrò avrebbero voluto sottoporre al potere dello Stato o anche alla decisione di un medico ma per legge il momento estremo della vita? O che la morte non vada affrontata con sensibilità e tratti umani, come lui stesso scrive?

Probabilmente ciò di cui Giuliano Ferrara finge di non accorgersi è che le sacrosante battaglie culturali che combattiamo e che lui stesso combatte per arginare la deriva autoritaria connaturata nel dispotismo etico di Rodotà e dei suoi sodali – leggi i giudici, in primis – è destinata ad essere sempre fallimentare se non si affilano le armi, se non si pongono dei limiti netti che dovrebbero essere sì certo culturali – come lui stesso auspica – ma che non possono non essere anche legislativi. Perché se non si alzano le barricate, se non si scavano le trincee e non si cerca di difendersi con tutti i mezzi che sia hanno a disposizione contro il progressismo modernista che scambia qualsiasi libertà per diritto siamo destinati a soccombere. E a registrare dopo l’aborto e l’acqua a Eluana un’altra pericolosa sconfitta.

E allora non vorremmo che il principio di autodeterminazione oltre che determinare la fine della vita determini anche la fine del libero pensiero. Il nostro.