Sulla governance Rai la via maestra passa dal Parlamento
17 Luglio 2012
di Ida Nicotra
L’ultima vicenda dell’affaire Rai si sta consumando dopo il via libera della Commissione di Vigilanza sulla nomina del nuovo vertice. La querelle sull’ampliamento delle deleghe al neopresidente Tarantola costituisce l’ennesima conferma della necessità di una riforma del sistema pubblico radiotelevisivo.
Non vi è dubbio che occorre ripensare il modello di governance per assicurare competitività ed efficienza nell’esercizio di un’attività imprenditoriale svolta nel libero mercato ed in regime di concorrenza con l’emittenza privata.
Tuttavia, il concreto funzionamento dell’”Azienda Rai” non pare possa prescindere dal rispetto della legislazione vigente, anche alla luce degli orientamenti della costante giurisprudenza costituzionale. La circostanza secondo cui la Rai è una società di interesse nazionale, che agisce per il perseguimento di valori di rango primario per la collettività, comporta l’adozione di una disciplina speciale in ordine al diritto di voto degli amministratori ed alle scelte dei dirigenti, alla gestione societaria, alla trasferibilità delle azioni. Ciò al fine di assicurare l’indipendenza editoriale ed istituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo, quale indispensabile premessa per un’informazione non condizionata (se non entro le soglie ineliminabili e, comunque, tollerabili anche in un sistema democratico) ed idonea a garantire i diversi orientamenti ideali, culturali e politici presenti nella società.
In linea con quanto stabilito a livello comunitario, la Corte Costituzionale, anche nella sentenza sul caso Petroni, ha ribadito che il servizio pubblico è servizio sociale e, in quanto tale, deve possedere “un elevato tasso di democraticità rappresentativa” che si declina, naturalmente, “nella sua strutturazione nell’orbita del Parlamento”. Permanendo immutato l’attuale regime normativo, la parlamentarizzazione si pone come risorsa idonea a salvaguardare le condizioni indispensabili di obiettività ed imparzialità del servizio televisivo pubblico. In ogni caso occorre sempre preferire una interpretazione della legge che mantenga in capo all’organo parlamentare il potere di controllo sulle vicende aziendali, che, in un modo o nell’altro, possano incidere sull’imparzialità e sul pluralismo del servizio pubblico televisivo.
L’intenzione del Governo di procedere a sostanziali modifiche della governance della Rai, in vista del conferimento al Presidente di nuove e diverse attribuzioni rispetto a quelle previste nello Statuto, senza il coinvolgimento delle Camere, sembra costituire una forzatura al cospetto dell’attuale quadro normativo.