Sulla legge 40 serve meno violenza verbale e più chiarezza

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Sulla legge 40 serve meno violenza verbale e più chiarezza

Sulla legge 40 serve meno violenza verbale e più chiarezza

01 Ottobre 2007

Leggendo i
commenti che sono stati inviati al mio articolo sulla sentenza del Tribunale di
Cagliari che autorizza la diagnosi preimpianto in caso di fecondazione
extrauterina alcune osservazioni mi sembrano doverose. La prima: mi pare
abbastanza evidente che i “tolleranti” e i “laici” si
distinguano, almeno nei commenti, per l’intolleranza e la violenza verbale. Si
sa: gli insulti sono tipici di chi non ha argomenti da portare. E’ anche
impressionante l’orrore che si legge per gli handicappati: leggo in un commento
“facciamo nascere una bella generazione di mostri, spastici, deformi,
cerebrolesi, acefali..”. Chissà se chi ha scritto queste parole ha mai
visto un cerebroleso, uno spastico, e se ha mai parlato con i loro genitori:
potrebbe provare a spiegare che i loro figli sono mostri. Chissà se chi ha
scritto queste parole è fra i sostenitori dell'”accoglienza al
diverso”.

La seconda: ringrazio chi ha citato la famosa intervista a
Bobbio. Tanto per far capire che non si tratta di una questione di laici e
cattolici, ma di concezioni differenti della vita umana. La terza: è difficile
veramente capire dove finisce la malafede e dove inizia l’ignoranza. Dire che la
legge 40 è stata voluta dal Vaticano è semplicemente ridicolo. E’ bene mettere
in chiaro, se ancora non lo fosse, che la legge 40 non ha assolutamente niente
di cattolico, perché per la morale cattolica le tecniche di fecondazione
extracorporea non sono consentite. Quindi una legge cattolica avrebbe un solo
articolo: “Non sono consentite tecniche di fecondazione
extracorporea”. Per ogni gravidanza portata a termine nove embrioni
muoiono, con queste tecniche: qualcuno mi spieghi cosa c’è di cristiano.

La verità
è che la legge 40 è il frutto di un lungo dibattito parlamentare, è stata
votata dal parlamento – nel quale è consentito sia ai credenti che ai non
credenti di essere eletti – ed è stata confermata da un referendum:
l’astensione – e qui mi rivolgo in particolare a tutti quelli che non hanno mai
accettato la sconfitta referendaria, il che la dice lunga sulla loro tolleranza
e sul loro concetto di democrazia -, l’astensione, dicevo, e di quelle
proporzioni, significa che la stragrande maggioranza degli italiani non ha
ritenuto neanche opportuno perdere tempo per andare a votare. E’ una
pesantissima sconfitta politica, quella che i promotori del referendum hanno
subìto. A meno che tutti questi soloni della democrazia che impartiscono
lezioni e destra e a manca, ritengano che il 75% degli aventi diritto al voto –
e che non si è presentata al referendum – sia la percentuale degli imbecilli in
Italia. Allora ditelo, a chiare lettere. Dite che le persone che hanno capito i
quesiti erano poche, e hanno votato tutte sì. Dite che la gran parte degli
italiani è fatta da imbecilli, e per questo non ha ritenuto opportuno neppure
andare a votare. Da ultimo, mi rivolgo a Sabrina. Io non giudico le persone, e
non punto il dito. Non mi permetterei mai. Qua stiamo parlando di leggi, e di
sentenze.

Le dico anche che ho conosciuto Loris Brunetta. E’ un talassemico,
che ha lottato con tutte le sue forze al tempo del referendum sulla legge 40,
schierandosi a favore della legge, perché lui c’è (Brunetta c’è, diceva) ed è
felice di esserci, con tutto quello che la sua malattia comporta. E non è
l’unico a dire questo. Non è in questione il normale desiderio, suo e di ogni
genitore, di avere figli sani (e soprattutto felici). Ma consentire per legge
che qualcuno non possa nascere perché il suo patrimonio genetico è difettoso si
chiama eugenetica. Non c’è un’altra parola, mi spiace. E nell’ordinamento
giuridico italiano le pratiche eugenetiche non sono consentite. L’aborto così
com’è regolato in Italia è questione differente dalla diagnosi preimpianto,
anche se gli esiti possono apparire gli stessi. Secondo la legge 194 si può
abortire se un dottore diagnostica alla mamma un grave problema di salute
fisica o psichica che dipende dalla gravidanza. Ci deve essere una diagnosi –
sulla mamma – di un problema di salute in atto, il che non è possibile con la
diagnosi preimpianto, quando ancora non si sa neppure se l’embrione si
impianterà. Se una donna dichiara che la sua salute psichica SARA’ sempre
compromessa da un figlio con gravi handicap (e ce ne sono tanti possibili),
allora che facciamo, un certificato di aborto preventivo? Dichiariamo che la
signora non potrà mai essere mamma di un disabile? Chi mai potrà assicurarle
che l’embrione selezionato sarà sicuramente sano? Chi mai potrà escludere
un’anomalia grave non genetica, o una grave anomalia genetica attualmente non
diagnosticabile, in un embrione?

La diagnosi di gravi problemi di salute della
donna non può essere predittiva. Può essere solo relativa a una gravidanza in
atto. Si può avere una gestosi per una gravidanza e per un’altra no, e così
anche per una depressione. D’altra parte anche la disposizione all’accoglienza
di un figlio disabile, da parte della stessa donna, può variare nel corso della
vita. Chi pensa che ci sia contraddizione fra legge 194 e legge 40, e crede
opportuno non far nascere disabili eliminandone gli embrioni o abortendoli,
dovrebbe coerentemente chiedere di cambiare la legge 194 e inserire un articolo
che dica che si possono eliminare i disabili in quanto tali, senza la necessità
del certificato medico che attesti il pericolo per la salute della madre.
Perché non viene fatta questa richiesta? Ma non solo: gli “spiacevoli
abusi” di cui lei parla a proposito della legge 40, nei fatti, significano
che una mamma può scegliere il proprio figlio. Non è questo lo scopo della
legge 40.

Possiamo poi vedere che in tutti i paesi in cui la diagnosi
preimpianto è consentita, il limite è spostato continuamente: dapprima si
eliminano gli embrioni portatori di malattie gravi, come i talassemici (molti
dei quali però fanno una vita come quella di Loris Brunetta, ad esempio), ma
poi anche quelli portatori di geni che danno probabilità di sviluppare certi
tipi di tumori. Ultimamente si sono potuti individuare gli embrioni portatori di
strabismo. Potendo scegliere quali embrioni impiantare, anche in questo
semplice caso, quali si sceglierebbero? Quale mamma, potendo scegliere,
impianterebbe un embrione strabico anziché uno con la vista normale? Nessuno
qua sottovaluta le sofferenze che si accompagnano ad un handicap. Siamo in
molti a conoscerle. Ma la strada non è eliminare il portatore di handicap. Un
esempio: in Svezia, paese non certo cattolico, circa il 30% delle donne che sa
di avere in grembo un figlio down decide di tenerlo. In Italia avviene in meno
dell’1% dei casi. Perché? Forse perché si sceglie in maniera differente se si
può contare su aiuti e sostegni? Magari sarebbe il caso di affrontare questo
tipo di riflessioni, anziché lasciarsi andare agli insulti eludendo il problema.
Comunque, consiglio a tutti di leggere le dichiarazioni dell’ANFFAS
(Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilita’ Intellettiva e/o
Relazionale), a proposito di una richiesta dell’associazione dei ginecologi
inglesi (lasciateci uccidere i bambini disabili, chiedevano, in modo da evitare
aborti tardivi e essere sicuri che le diagnosi prenatali non escludano gravi
disabilità): http://www.anffas.net/Page.asp/id=264/N201=1/N101=166/N2L001=Varie