Sulla legge elettorale il Pd che perde vuole comandare

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Sulla legge elettorale il Pd che perde vuole comandare

02 Gennaio 2017

E’ curioso, ma tipico di chi non impara niente dalle sconfitte, il modo con cui i vertici del Pd renziano stanno aprendo un silenzioso conflitto con il presidente della repubblica, Mattarella, che nel discorso di fine anno ha posto precisi paletti sul ritorno alle urne. Si andrà al voto, ha detto il Presidente, quando il paese avrà una nuova legge elettorale coerente per Camera e Senato, possibilmente approvata da un’ampia maggioranza parlamentare. Renzi però sa che gli italiani si stanno velocemente dimenticando del suo governo, dei bei proclami finiti in aria fritta e delle sue “grandi riforme” che si sciolgono come neve al sole, e così punta ad andare al voto il prima possibile, giocandosi, come al solito, il tutto per tutto, pur di non sparire dalla circolazione. 

Orfini, che con i ‘giovani turchi’ continua ad andare appresso al Bomba, invoca anche lui la “responsabilità” di tutte le forze politiche, affinché si dia seguito all’indicazione di Mattarella per una armonizzazione dei sistemi di voto tra Camera e Senato, ma lo fa smentendo in realtà le indicazioni del Capo di stato, e lanciandogli un pizzino. Sì, va bene, dice in sostanza l’uomo che su Roma ha combinato Il Grande Disastro Piddino, tu, caro Mattarella sei quello che può indire le elezioni, ma la road map sulla legge elettorale la decide il Pd, e quindi Renzi. E Renzi vuole andare al voto prima possibile, mica può stare appresso ai tempi del parlamento.

“Se riusciamo a far partire la nostra road map, si può votare a giugno con una nuova legge”. La “nostra” road map? Ma Orfini lo ha capito che il suo partito ha perso di brutto il referendum, proprio perché il Bomba si era messo in testa di cambiare l’Italia, da solo? E’ inutile, l’unica lingua che conoscono renziani e loro alleati interni nel Partito democratico è quella del ‘si fa come dico io’. Del resto Orfini è uno specialista della materia: prendete Roma, dove il Pd ha preso un’altra sberla così grande che se pure la Raggi non muovesse un dito per i prossimi cento giorni i democratici perderebbero comunque le elezioni; quando Orfini parla della Capitale sembra invece che il suo partito da un momento all’altro debba tornare a governare, facendo il bello e il cattivo tempo. 

La speranza è che qualcuno nell’opposizione cada nel trabocchetto, volendo intravedere, in questa corsa al voto, una proposta di riedizione dei governi di unità nazionale, perché in alternativa, conclude Orfini, “qualora invece gli altri partiti ci lasciassero soli nel tentativo sincero di cambiare la legge elettorale, dovremmo sperare che il doppio Consultellum sia il più possibile omogeneo. Inevitabilmente si voterebbe con i sistemi indicati dalla Corte costituzionale e non certo per responsabilità del Pd”. Ci chiediamo se, dentro il Pd, davvero siano tutti convinti che la sentenza della Suprema Corte darà al cento per cento una legge subito applicabile , con qualche minima correzione, in entrambe le Camere. Perché se così non fosse il bomba e i suoi fedelissimi resterebbero con il cerino in mano, mentre il gruppo parlamentare andrebbe avanti sempre di più per conto proprio; senza dimenticare la prospettiva di un congresso del Pd che rischia di rivelarsi un appuntamento temibile per il leaderino di Rignano sull’Arno.