Sulla legge elettorale la mossa del Pdl serve a ‘stanare’ i veti del Pd

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Sulla legge elettorale la mossa del Pdl serve a ‘stanare’ i veti del Pd

30 Luglio 2012

Una guerra di nervi. Botta e risposta, ultimatum. Come fa Rosy Bindi che dalle colonne de l’Unità dice: il Pd è pronto al voto anche col Porcellum che “detestiamo”. Cicchitto rispedisce la minaccia al mittente. Risultato: stallo. Entra in campo Napolitano – e non è la prima volta – per rimettere ordine e soprattutto richiamare tutti al senso di responsabilità di fronte a una riforma che va fatta. Musica per le orecchie del Pdl che oggi al Senato offre sul piatto del confronto la sua proposta. Non un dogma, bensì un testo che va nella direzione auspicata dal capo dello Stato: riforma largamente condivisa in sede parlamentare. Ma tra l’ennesima sollecitazione e la realtà dei fatti, c’è ancora molta strada da fare.

Il Pdl non vuole stare alla finestra e oggi presenterà al Comitato ristretto del Senato la sua proposta di riforma elettorale. Obiettivo dichiarato: portare alla luce del sole lo stato dell’arte nel confronto tra i partiti. In altri termini, in Parlamento, non al chiuso delle stanze delle segreterie. Obiettivo tattico: far uscire allo scoperto Udc e Pd testando così le reali volontà di archiviare il Porcellum. Già, perché ai piani alti di via dell’Umiltà sono convinti che quella dei democrat sia una ‘melina’ per non cambiare ciò che già c’è e per andare al voto con un meccanismo che, stando ai sondaggi, dà per vincente il centrosinistra (compresa la neonata alleanza Casini-Bersani).

Sospetti a parte, i rumors sul voto anticipato restano sul tappeto della politica e costringono Napolitano a intervenire su un doppio fronte, quello della legge elettorale e quello delle elezioni a ottobre. Tema quest’ultimo sul quale ribadisce che la decisione spetta solo a lui, come da Costituzione. Ragion per cui, esercitarsi un giorno sì e l’altro pure su questo scenario è deleterio per il Paese. Un modo per spegnere il ventilatore delle possibilità che in Transatlantico, di questi tempi, gira vorticosamente.

Al di là delle schermaglie, il lavoro degli sherpa va avanti e nuovi contatti tra le forze della ‘strana maggioranza’ di Monti ci sono stati pure ieri. Con impegni e auspici reciproci ad arrivare se non a un testo condiviso (volendo però si può ancora fare) quanto meno a un’intesa definita e definitiva prima della pausa estiva.

Nel Pdl il nuovo monito del capo dello Stato viene letto come un richiamo indirizzato principalmente al Pd.  Idem sul voto anticipato. Non a caso, si fa notare, il Pdl si è schierato per il sostegno a Monti e lo stesso Berlusconi (che assicurano dall’inner circle, non ha cambiato idea) più volte ha ammonito anche i suoi – alias i falchi – dai rischi di un voto in autunno.

Sulla legge elettorale Gaetano Quagliariello va dritto al punto, descrivendo l’iniziativa che oggi presenterà al Comitato ristretto insieme a Gasparri come in linea con la direzione indicata da Napolitano. “Il nostro obiettivo è che si possa arrivare in tempi brevi, possibilmente già nei prossimi giorni, in sede di comitato ristretto, a un testo largamente condiviso nel suo impianto e aperto al confronto fra le diverse posizioni sui punti ancora controversi. Per questo intendiamo presentare una proposta che da parte nostra non è un dogma né un’imposizione ma uno stimolo ad andare avanti”, spiega il vicepresidente dei senatori Pdl che auspica altrettanto impegno “da parte dei nostri interlocutori”. Non una proposta di legge, quindi, bensì un testo di pochi punti sul quale cercare dei chiudere il cerchio.

Ma in cosa consiste la proposta di via dell’Umiltà? Ruota attorno a due questioni rilanciate nei giorni scorsi dal segretario Alfano: preferenze e premio di maggioranza al partito che prende più voti (attorno al 10 per cento), con una soglia di sbarramento intorno al 5 per cento e una più alta (ipotesi 8 per cento) a livello regionale, sufficiente a garantire ai partiti radicati territorialmente – vedi Lega – l’accesso a Camera e Senato. Il fatto che Quagliariello ribadisca che non si tratta di un dogma né di un’imposizione, fa pensare che i margini di un compromesso siano possibili.

E del resto, fanno notare alcuni deputati pidiellini, il partito potrebbe non essere rigido sulle preferenze che non piacciono al Pd, in cambio del premio di maggioranza alla singola forza politica e non più alla coalizione. Aspetto quest’ultimo sul quale, secondo alcuni bene-informati nelle file democrat, anche a Largo del Nazareno sarebbero disposti a mollare il freno a mano tirato finora.

Oggi a Palazzo Madama si capirà se, davvero, vi sono le condizioni per raggiungere un’intesa prima della pausa estiva. Sarebbe un bel passo in avanti, dopo settimane di stallo. Ma sarà anche il banco di prova per mettere in chiaro chi realmente vuole cambiare la legge elettorale e chi, invece, invoca il nuovo per restare aggrappato al vecchio. E continuare a giocare col misurino dei voti.