Sulla legge elettorale nella sinistra il caos regna sovrano

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Sulla legge elettorale nella sinistra il caos regna sovrano

08 Gennaio 2008

È bastata una nuova proposta di
Franceschini sulla riforma della legge elettorale per ripiombare nel caos dei
veti incrociati. Ma questi non è il vice di Veltroni nel PD? I due non si
potevano parlare prima? E gli incontri di Veltroni con i leader del
centrodestra che significato avevano? Si ha il sospetto che a sinistra il caos
regni sovrano.

Prima della nascita del PD
c’erano tante voci in disputa di visibilità e di tatticismi, ma dopo la nascita
del PD niente sembra cambiato. Veltroni era uscito allo scoperto e si era fatto
sentire per la riforma delle legge elettorale. Aveva portato la questione al
centro dell’attenzione politica  e la sua
proposta aveva anche assunto i connotati di una vera e coerente volontà, condivisa
dal maggior partito dell’opposizione, di risolvere le criticità relative alla
frammentazione dei partiti ed all’immobilismo dei veti e delle pressioni.
Sembra, però, che l’illusione sia svanita e che il tutto sia durato veramente
poco.

Veltroni è sempre lo stesso: più
scena che sostanza. Anche il decreto sulla sicurezza, caparbiamente voluto dal
Sindaco di Roma dopo l’uccisione a Roma di una donna ad opera di un immigrato
rumeno, è stato prima svuotato, poi modificato e snaturato con l’assurda norma
illiberale, limitativa del diritto di opinione sulla avversione alla
omosessualità. Votato al Senato per il rotto della cuffia, con un voto di
scarto e la presenza massiccia e determinante dei senatori a vita, è stato poi
alla fine ritirato alla Camera per errori nel testo della sciagurata norma
contro l’omofobia. Cancellato dopo il tentativo di un ulteriore pastrocchio, abbandonato
dopo che il Presidente della Repubblica aveva fatto sapere che non si sarebbe
prestato al gioco.

Ci chiediamo a questo punto Veltroni
che cosa ci sta a fare? Se non riesce ad essere sintesi del Partito
democratico, qual è il suo ruolo? Se Veltroni deve essere la faccia nuova di
Prodi, ormai inviso agli italiani, è meglio che rimanga a fare il sindaco di
Roma e poi scaduto il suo mandato, come si era impegnato a fare, se ne vada in
Africa ad occuparsi dei problemi di quel continente. Danni da quelle parti ne
può fare pochi, hanno troppo poco da perdere in Africa! E poi più che qualche
fotografia ed un libro di buoni propositi cosa ci aspettiamo che faccia?

Non si può pensare che oggi si
proponga una cosa con la riserva mentale di modificarla domani. Se Veltroni,
come sembra, ha in mente il modello francese, proposto dal suo vice
Franceschini, dopo che lui aveva parlato d’altro, perché non l’ha detto? Perché
non si è battuto, anche forte del suo ruolo di leader del maggior partito della
sinistra per condurre il confronto sull’opzione francese? Qual è il gioco dei
leader del PD? E sembra sia questo il momento di giocare?

D’Alema, dopo i guai che sta
passando la Forleo, ora si sente più libero. Esce persino rafforzato. Chi
altri, infatti, oserà sfidarlo dopo l’esempio dato nel saper scuotere la
pigrizia del CSM nell’intervenire a 
rimuovere magistrati fuori dalle righe? Grazie a Repubblica ed alla
Procura di Napoli, è pure calato il sipario e l’indignazione sulle sue
chiacchierate telefoniche con Consorte. E dopo la delusione per essersi
disperso nel sogno dell’ex Presidente di Unipol, che gli è costato il dover
cedere il passo alla elezione (o nomina?) di Veltroni alla guida del PD,
riemerge nella lotta a sinistra per occupare spazi di potere, influenzare le
scelte ed indebolire il ruolo politico dei competitori. E’ proprio strano che
ora D’Alema sostenga il modello tedesco, in precedenza osteggiato, e si spinga
a respingere quello francese di cui una volta era convinto sostenitore.
L’ambizione ed il potere sono forze che sospingono. Sono come tornadi che
devastano e mescolano nell’aria ogni cosa nel raggio della loro azione.

In tutto questo chi manca è
sempre Prodi. L’unico che per il suo ruolo poteva porre un punto fermo sulla
questione. Quando la lotta si fa dura, l’uomo vero si mostra in tutto il suo
coraggio. Dinanzi al pericolo, invece, è il codardo che si defila. Sulla
questione elettorale la voce assente è solo quella del Presidente del Consiglio
che, come al solito, per mancanza di coraggio politico, si defila.

Quella di un sistema elettorale
efficace, non è una questione che riguarda solo il Parlamento, come afferma il
capo del Governo, ma la continuità e la coerenza programmatica del Paese. E già
che a questi piacerebbe solo un Parlamento che gli votasse la fiducia! E quale
altro Parlamento continuerebbe a sostenerlo, se non uno in cui si componga una
maggioranza di partiti tanto diversi, ma uniti dalla consapevolezza che
l’unione della loro diversità è la stessa che li mantiene al potere e che il
loro leader sia conformabile, a seconda dei gusti e delle circostanze?

Il 16 gennaio è ormai vicino, ed
è la data in cui la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del
referendum elettorale. Come fare così a non ricordare le dimissione del Giudice
Vaccarella motivate dalla protesta per le pressioni politiche sulla Consulta?

Si apre un ciclo terribile per il
governo e la maggioranza di sinistra, anche perché dietro le iniziative di
alcuni aleggia il sospetto che si nasconda il reale scopo di ciascuno. C’è il
sospetto che a sinistra ci siano componenti strategiche diverse e che Prodi
sposi solo quella di restare seduto sulla poltrona del Presidente del
Consiglio.

Il Paese, nel frattempo, resta a
guardare: e non è un bello spettacolo!