“Sulla legge elettorale ora si va in Parlamento”
12 Luglio 2012
Preferenze, proporzionale e premio di maggioranza basso da assegnare al partito e non alla coalizione. Gaetano Quagliariello, appena inserito nel comitato ristretto che avrà il compito – ai limiti dell’impossibile – di trovare la quadra sulla legge elettorale, mette in fila rapidamente le priorità del Popolo delle Libertà. Ma, al tempo stesso, avverte: “È difficile fare in dieci giorni quello che non si è fatto per mesi. Andiamo in Parlamento, discutiamone davanti al Paese e poi votiamo: su quest’argomento cercare un’intesa è opportuno ma non obbligatorio”.
Onorevole Quagliariello, è davvero così pessimista sulle trattative?
Cercheremo ancora un’intesa, ma non dimentichiamo che veniamo da mesi di accordi falliti. Se si fallisce ancora, la sostanza della lettera di Napolitano invita a procedere anche a maggioranza. Se l’accordo non si troverà, se ne discuta nelle Camere davanti all’opinione pubblica e poi votiamo.
Quindi il comitato rischia di essere inutile?
Noi dobbiamo approntare un testo dove ci sia tutto quello su cui le forze politiche sono d’accordo. Quello che resta fuori, sarà deciso dalle Camere.
In questo modo non si rischia di creare un provvedimento disorganico? Un puzzle che non garantisca la governabilità?
Il rischio c’è, ma meglio correrlo che non fare nulla. Non possiamo dare al Paese l’impressione di non essere riusciti a cambiare niente.
Difficile trovare un accordo con Pd e Udc. Ma difficile, soprattutto, trovarlo nel Pdl…
Nel nostro partito ci sono posizioni molto diverse, come anche negli altri. Ma la legge elettorale non è un atto di fede, è uno strumento e come tale va affrontato con un approccio empirico e approssimativo.
Punti di partenza?
È semplice: se ci dicono di scegliere tra le preferenze e il "provincellum", quel sistema in cui il tuo nemico non è l’avversario politico ma il compagno di partito candidato nel collegio vicino, noi scegliamo le preferenze. Se il problema è il premio di maggioranza al partito o alla coalizione, noi siamo per la prima ipotesi, perché le coalizioni esistenti sono state spazzate via dalla crisi. Se, infine, ci si chiede quale deve essere il valore del premio di maggioranza, per tutti noi deve attestarsi intorno al 10%.
Fin qui le basi. Il quadro complessivo?
Io rimango convinto che un semipresidenzialismo col doppio turno sia la soluzione per evitare che la crisi della politica esondi e investa lo Stato. Ma su quel fronte Napolitano ha delle perplessità. I dubbi del Capo dello Stato riguardano i tempi. Noi da una parte abbiamo il diritto-dovere di portare questa opzione al voto in Senato. Dall’altra dovremmo chiederci come utilizzare questa vittoria alla Camera per raggiungere obiettivi concreti.
In che senso?
Dobbiamo fare in modo che si raggiunga l’obiettivo di approvare le riforme possibili. Per questo valutare proposte come quella dell’assemblea costituente o del referendum d’indirizzo.
Propositi ambiziosi. Riuscirà il Pdl a realizzarli da solo?
Quando ci si siede a un tavolo è bene rivolgersi a tutti. Poi è chiaro che ci sono forze politiche più "sensibili" alle nostre proposte. Penso a Lega o Udc. Primi interlocutori, ma non unici.
Perché all’improvviso questa voglia di cambiare il vostro “porcellum”?
Il problema di quella legge è che è stata male utilizzata. Le forze politiche avrebbero potuto sfruttarla per promuovere una classe politica virtuosa, e non l’hanno fatto. Ma si è comunque riusciti a dare sempre un governo al paese. Il "porcellum", però, si basava su coalizioni che ora non esistono più, e la legge elettorale deve essere ricamata sul quadro politico esistente.
Con Berlusconi in campo le priorità cambierebbero?
Io capovolgerei il discorso. Sarà la nuova legge elettorale a influire sulla volontà di Berlusconi di candidarsi o meno.
Di fatto l’opzione primarie sarebbe cancellata.
Ovviamente con il Cavaliere in campo questo discorso andrebbe rivisto.
Tratto da Il Tempo