Sulla sicurezza il Governo sconta malumori non ancora assopiti

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Sulla sicurezza il Governo sconta malumori non ancora assopiti

06 Maggio 2009

Le parole del ministro Maroni fotografano la giornata a Montecitorio dove la maggioranza scivola nuovamente sulla sicurezza: “Abbiamo fatto bene, benissimo a mettere la fiducia. Si preannunciavano almeno cinquanta voti segreti contro”, ovviamente nelle file del Pdl. E i franchi tiratori hanno centrato l’obiettivo per mandare segnali precisi, mirando alla ratifica del trattato di Prum che istituisce la banca dati nazionale del Dna. Bocciato, infatti, l’emendamento proposto dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali (e sostenuto dal governo) relativo ai casi di prelievo forzoso del Dna. Sette franchi tiratori e novanta deputati del centrodestra assenti hanno fatto la differenza: 229 i sì e 224 i no, nessun astenuto. E considerato che l’opposizione contava su 222 voti e la maggioranza su 231, ecco che nel computo tecnico hanno pesato eccome la fronda interna e le decine di posti vuoti nei banchi del Pdl. Anche se c’è chi innalza a 15-20 deputati il conto dei voti fuori controllo. Serviranno due conferenze dei capigruppo (una al mattino, l’altra nel pomeriggio) per stabilire la road map sul voto:  l’esame del ddl viene aggiornato a martedì (tre voti di fiducia su altrettanti emendamenti), giovedì il voto finale.

Dopo il ko in Aula, seguito da altre due votazioni con la maggioranza che ce la fa per 13 voti nel primo caso e nel secondo per soli cinque, Maroni lascia la Camera visibilmente irritato. Qualche ora più tardi spiega che il voto segreto, ”prescinde dal merito del provvedimento. I malumori che ci sono in una parte della maggioranza, Lega esclusa, si rendono evidenti quando c’è il voto segreto”, augurandosi che “passate le turbolenze della fusione tra Fi e An e passata la composizione delle liste il clima si rassereni”.

Eccola la cifra di quello che, invece, il capogruppo del Pdl Cicchitto prova a derubricare a “semplice incidente di percorso”. E il punto è sempre lo stesso: da un lato malpancismi  trasversali di singoli deputati su nomine di partito, liste elettorali e aspirazioni non corrisposte; dall’altro un problema che si sta rivelando di natura politica all’interno della maggioranza e sul quale giocano un certo ascendente le critiche a più riprese mosse dal presidente della Camera Fini sul pacchetto sicurezza (in realtà dirette alla Lega e pure al Pdl secondo le schema si dice a nuora perchè suocera intenda). Non  ultimo il suo no alla norma dei presidi-spia, poi cancellata dal ddl.  Senza contare certi malumori trasverali nei ranghi del Pdl a proposito del reato di clandestinità, altro punto-chiave del ddl. Lettura corrente in Transatlantico, dalle parti della Lega, ma anche tra diversi  ex aennini che sintetizzano, sottovoce, il nodo della questione: “ Fini? Ormai fa il capo dell’opposizione”. E non a caso fanno notare, malignamente, la sua assenza in Aula (seppure giustificatissima dalla visita in Abruzzo) proprio nel giorno clou.

C’è poi chi nelle file degli ex An rimanda all’attivismo della pasionaria Mussolini (artefice dell’ormai famoso appello dei 101 contro i medici-spia) e alla sua capacità di intercettare gruppi e gruppetti di colleghi che mal digeriscono le “costanti rivendicazioni del Carroccio che ottiene sempre tutto”,  per motivare l’ipotesi di fronde interne alla maggioranza. Quelle stesse fronde che, sibila un giovane deputato con la pochette verde d’ordinanza,  “guarda caso si palesano sempre quando c’è il voto segreto e si parla di sicurezza, senza pensare che su questi temi abbiamo vinto le elezioni e detto alla gente le cose che faremo. E’ assurdo adesso tentare di smontare tutto pezzo per pezzo”.  A precisa domanda su chi nel Pdl chi vuole impallinare il provvedimento, il collega di partito Crosio risponde diplomatico: “Chi non ha a cuore i problemi della gente”. Poi ci ripensa e sbotta: “I centurioni di qualcuno…” . Poco più in là un gruppetto di leghisti commenta secco: “Adesso basta, questa è la nostra linea del Piave”.

Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano che per tutto il giorno fa la spola tra Palazzo Madama e Montecitorio e che proprio alla Camera è riuscito ad evitare ulteriori inciampi della maggioranza chiedendo la sospensione dell’Aula dopo il primo scivolone (una mossa per prendere tempo e richiamare tutti al senso di responsabilità), spiega che le tensioni di oggi “non avevano nulla a che vedere col merito del provvedimento, tanto è vero che è passato all’unanimità. Semmai, approfittando del voto segreto, sono stati scaricati malumori di singoli deputati”. Ma avverte: attenzione, tutto questo potrebbe voler dire giocare col fuoco perché come la bocciatura della norma sui Cie ha  significato rimettere in circolazione 1400 clandestini trattenuti nei Cie, così se in questo caso a prevalere fosse stata la logica dell’impallinamento – complice il voto segreto – “si sarebbe verificato un grave rovesciamento di un trattato importante come quello di Prum”.

Tutto rinviato, dunque a martedì. Resta da capire se la linea del Piave passerà o sarà respinta.