Sulla sicurezza l’Unione rischia l’incidente col Colle
18 Dicembre 2007
L’Unione va
alla prova del decreto sicurezza. E cerca di uscire dal pasticciaccio in cui si
è andata a mettere con l’errore materiale commesso nella formulazione delle
norma anti-omofobia. Un infortunio che rischia di generare un vero e proprio
incidente diplomatico nei rapporti tra la maggioranza e il Quirinale.
La
discussione generale sul decreto è iniziata questa mattina nell’aula della
Camera. Sul testo è prevedibile l’ostruzionismo dell’opposizione:
al momento gli iscritti a parlare sono oltre una trentina, anche se il loro
numero può aumentare o diminuire in qualsiasi momento. Davanti a un atteggiamento
ostruzionistico il governo potrebbe orientarsi verso la fiducia, che è già
stata posta sul provvedimento nel passaggio al Senato. Al momento, però, c’è un
certo imbarazzo perché tra gli iscritti più della metà sono della stessa
maggioranza. E questo non lascia presagire niente di buono.
Il clima a
Montecitorio, insomma, è segnato da mille tensioni. Il decreto, scritto dopo il
brutale assassinio della signora Reggiani, ha già dimostrato di essere poco
efficace sul fronte delle espulsioni.
Inoltre al suo interno sono state inserite,
con una evidente forzatura, le norme anti-omofobia poco attinenti con
l’argomento generale. Infine proprio su queste norme è stata commessa una
clamorosa svista.
Nel decreto c’è, infatti, il riferimento a un articolo
sbagliato del Trattato di Amsterdam: quello giusto – in cui si parla di discriminazioni
sulla base dell’orientamento sessuale – non era l’articolo 13 effettivamente
citato nel decreto ma il numero 2, comma 7. Il governo se n’è reso conto in
corso d’opera, con l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, che al Senato ha
preso la parola proprio per sottolineare l’errore materiale.
La logica vorrebbe che la Camera provvedesse a correggere il
testo. Ma la maggioranza è terrorizzata all’idea di tornare ad affrontare la
prova del voto al Senato, dove il rischio di finire sotto la soglia di
sopravvivenza è altissimo. E così, al momento, l’Unione appare intenzionata a
tirare dritto e ad approvare il decreto così com’è, errore compreso. Un
paradosso e una mortificazione del Parlamento che, ovviamente, sta mandando su
tutte le furie l’opposizione.
Un fortissimo malumore serpeggia anche dalle parti del Colle.
Giorgio Napolitano ha scritto due giorni fa al presidente dei senatori di An,
Altero Matteoli, che aveva sollevato il caso, parole molte chiare.
“La questione relativa alla norma inserita nella legge di conversione del decreto n. 181, e votata dal Senato in una dizione che contiene oltretutto riferimenti erronei,
merita da parte mia, per la prerogativa attribuitami dalla Costituzione di
promulgazione delle leggi, un esame attento e rigoroso, che certamente non
mancherà”. Il Capo dello Stato, insomma, osserverà con attenzione lo svolgersi
dei lavori e soprattutto il destino di quella norma (per la quale, peraltro, il
ministro Mastella minaccia di “chiudere l’esperienza del governo” se verrà
approvata).
Napolitano sarebbe molto irritato
per la decisione della maggioranza di tirare dritto, senza procedere a
modifiche. E in queste ore sarebbero in corso dei contatti per capire quale margine
di manovra l’Unione potrà permettersi, senza incorrere nella sanzione della
mancata controfirma della legge. Il problema per il Partito Democratico è
quello di fare i conti con la Cosa Rossa che vede in queste norme un
provvedimento di bandiera e ha lanciato una precisa parola d’ordine:
“blindare” in Parlamento la misura contro le discriminazioni ai gay.
Il centrodestra, però, ovviamente non ci sta. “Il cosiddetto
decreto sicurezza non può rimanere con il testo contenente degli obbrobri
giuridici. Se fosse approvato alla Camera nella sua attuale stesura, ci
sarebbero riferimenti errati alle leggi europee e la sospensione della legge
Mancino con l’annullamento di decine di processi” dice Maurizio Gasparri. “Il Capo
dello Stato ha fatto sentire la sua voce e il governo non può ignorare questo
avvertimento. Un decreto che il Quirinale non potrà in alcun modo avallare con
la propria firma”.
Il governo, insomma, è consapevole e avvertito. Bisognerà
verificare, ora, se davvero la maggioranza vorrà forzare la mano e scommettere
su un approccio morbido da parte di Giorgio Napolitano.