Sulla vita e la famiglia, negli Usa e in Europa un vento nuovo
29 Gennaio 2017
Sta cambiando l’aria in tema di “nuovi diritti”: oramai è chiaro che dagli Stati Uniti tira un vento diverso da quello che ha soffiato negli ultimi otto anni della presidenza Obama, ma non sono solo gli Usa a dare segnali in tal senso. A pochi giorni dal suo insediamento il nuovo Presidente ha dimostrato concretamente il suo impegno pro-life, sospendendo immediatamente i fondi federali che finanziano cliniche abortiste e ieri, con un gesto di enorme peso politico, mandando in veste ufficiale il vicepresidente Pence a parlare alla Marcia per la Vita a Washington (nella foto, una immagine della manifestazione).
Per la prima volta nelle sue 44 edizioni, un altissimo esponente dell’amministrazione statunitense ha aderito pubblicamente all’iniziativa popolare americana anti-abortista per eccellenza: “In America la vita è tornata a vincere”, ha dichiarato Pence a una folla entusiasta, e ha promesso che la nuova amministrazione “ non si fermerà finché verrà ristabilita in America la cultura della vita”. Ma i segnali non vengono solo da oltreoceano. La settimana scorsa, per la seconda volta negli ultimi anni, la Corte Europa dei Diritti dell’Uomo (CEDU) si è pronunciata in controtendenza rispetto agli orientamenti dominanti in tema di diritti umani, e dando ragione all’Italia su importanti contenziosi.
Si tratta di fatti molto importanti, che rischiano di essere sottovalutati. Qualche giorno fa la Corte ha dato torto alla coppia che aveva fatto ricorso sulla vicenda di un bambino nato per utero in affitto, e sottratto da un tribunale italiano alla coppia committente (che non aveva con lui alcun legame biologico), per darlo in adozione ad altri. E’ il caso Paradiso-Campanelli, di cui molto si è parlato, perché in prima istanza, invece, la stessa Corte aveva condannato l’Italia. Si tratta di una sentenza storica perché è la prima, effettiva frenata alle pratiche di “genitorialità creativa” che ormai impazzano e non suscitano più nessuna reazione.
Con questa sua pronuncia la CEDU dice: attenzione ad andare in giro per il mondo per procurarsi figli in vario modo, non è detto che poi, una volta tornati in patria, possano restare con voi. In particolare, ogni stato è libero e legittimato a stabilire chi sono i genitori e di chi sono i figli, e se le leggi non vengono rispettate, come è accaduto in Italia in questo caso, è opportuno che intervenga lo stato per valutare quale sia l’interesse del minore. E non è affatto detto che tutelare l’interesse del minore significhi che il bimbo resti con chi lo ha commissionato, anzi: nel caso specifico, ribaltando come abbiamo detto la sentenza precedente, la CEDU ha riconosciuto giusto che l’Italia lo avesse dato in adozione a un’altra coppia.
Ricordo che finora le sentenze CEDU, che sono vincolanti per i casi esaminati, sono sempre andate in direzione opposta, avallando tutto ciò che era stato fatto in nome del massimo interesse del minore, a prescindere dalle leggi in vigore nel paese interessato. Per questo la sentenza è storica: non potevamo certo aspettarci una condanna dell’utero in affitto di per sé, dopo che la stessa CEDU ne ha ripetutamente legittimato le conseguenze, ma non per questo il pronunciamento va sottovalutato, anzi. La sconfitta definitiva dell’Italia in questo caso avrebbe significato un via libera totale a qualsiasi forma di “genitorialità”.
Che fosse un caso importante lo si può dedurre sia dal silenzio dei giornaloni – gli stessi che hanno taciuto sulla vittoria in Italia sull’obiezione di coscienza al Consiglio d’Europa, ma immaginate cosa avrebbero scritto se l’Italia avesse perso – sia dal fatto che a difendere la coppia italiana, contro il governo, fosse un grande e assai noto avvocato francese, Patrice Spinosi, che in altre cause analoghe aveva sempre vinto contro il governo francese, ed è stato l’avvocato di Sarkozy in importanti contenziosi.
Ma un paio di anni fa l’Italia ha vinto anche un altro caso molto significativo, sempre alla Grand Chambre della CEDU: quello noto come “caso Parrillo”, che riguardava la possibilità di cedere embrioni umani alla ricerca scientifica. Soprattutto grazie a questa vittoria la legge 40 mantiene ancora il divieto di distruggere gli embrioni a fini di ricerca scientifica.
Chi scrive conosce bene i due casi, perché per entrambe ha fatto parte del collegio di difesa italiano. Indicata dal Ministero della Salute, ho contribuito cioè a preparare la linea difensiva e sono stata audita dalla Corte Europea in entrambe i contenziosi: per il caso Parrillo insieme agli agenti del governo italiano Paola Accardo e Mauro Pellegrini, e per il caso Paradiso-Campanelli insieme a Gabriella Palmieri, dell’Avvocatura dello Stato, a Maria Laura Aversano e Paola Accardo come agenti del governo italiano, e Galileo D’Agostino del Ministero della Giustizia.
Insomma: se dalla nuova amministrazione americana spira un vento forte e possente, anche in Europa non tutto è perduto. Ma bisogna saper cogliere i segni dei tempi, e seguire la nuova strada che ci viene indicata, un passo dopo l’altro. Abbiamo ancora spazio, e non poco, per difendere le nostre leggi, o quel che ne resta – che però non è poco – su vita, famiglia e libertà di educazione.