Sull’aborto l’America di Obama cambia ma in peggio
26 Gennaio 2009
Obama presenta il conto. Il 23 gennaio ha decretato l’abolizione della Mexico City Policy, istituita da Reagan e ripristinata da Bush, che negava i finanziamenti federali alle organizzazioni che praticano l’aborto, anche se sotto le mentite spoglie della “salute riproduttiva” e della “pianificazione demografica”. Lo presenta a quanti avevano fatto finta di non vedere. E pensare che mai un candidato alla presidenza era stato così chiaro nell’esprimere in campagna elettorale la sua determinazione ad intervenire nel campo della famiglia e della vita in senso libertario. A conferma di questa determinazione, già nella notte del 21 gennaio, a giuramento ancora fresco, il nuovo sito della Casa Bianca presentava l’impegno presidenziale ad abolire la Mexico City Policy e il Defense of Marriage Act e a firmare subito il Freedom of Choice Act non appena venisse approvato dal Congresso. Quest’ultimo finanzia l’aborto, ripristina l’aborto a nascita parziale, toglie validità ai regolamenti statali che proteggono le donne e i bambini non nati ed elimina la clausola di coscienza per il personale sanitario. Il principale slogan elettorale di Obama era incentrato sul cambiamento. Sì, ma quale?
Dopo la revisione della Mexico City Polity, anche il pastore nero Luke Robinson ha parlato di cambiamento: “Abbiamo bisogno di cambiare, signor Presidente, perché ogni giorno 4000 bambini muoio per aborto. Ogni giorno, signor presidente, persone della tua e della mia etnia muoiono in gran numero. L’aborto è il killer numero uno degli afroamericani in questo paese”. Di cambiamento parla anche Douglas Johnson, direttore del National Right to Life Committee, che ha detto: “Molte persone in Africa aspettavano che Obama desse loro buone notizie. Molti di loro saranno sorpresi nell’apprendere che la prima cosa che egli manda all’Africa sono i fondi americani per promuovere l’aborto dei loro bambini non ancora nati”. La stessa marcia pro-life, tenuta a Washington il 21 gennaio nel 36mo anniversario della sentenza Roe vs Wade, era stata impostata sul cambiamento, ma in quello stesso giorno Obama confermava al “Boston Globe” il suo apprezzamento per la sentenza del 1973. C’è cambiamento e cambiamento, quindi.
Obama presenta il conto ai tanti eccessivamente entusiasti della sua vittoria. Prima di tutto, però, presenta il conto agli americani, che in epoca di recessione avrebbero probabilmente speso meglio i loro soldi. I vescovi ricordano che un recente sondaggio dice che l’80 per cento degli americani è contrario all’aborto. Del resto non è appena successo che la California e la Florida abolissero con un referendum le leggi contrarie alla famiglia, proprio mentre Obama vinceva in quegli Stati? Si preannunciano battaglie. “L’Osservatore Romano” a sua volta presenta il conto ad Obama. Già nella loro Lettera del 13 gennaio i vescovi avevano minacciato di lavorare contro l’approvazione della riforma sanitaria se Obama avesse firmato il Freedom of Choice Act. Sembra avverarsi quanto previsto dal cardinale Stafford nel novembre scorso: “Se Obama, Biden e il nuovo Congresso saranno determinati a realizzare la loro agenda anti-life che essi enunciano in campagna elettorale, prevedo che i prossimi anni creeranno le maggiori divisioni della nostra storia nazionale”.
Molto dipenderà, però, dalla evoluzione del movimento pro-life. Va infatti anche messo in bilancio che le decisioni di Obama possono produrre un senso di stanchezza non per la battaglia in sé, ma per la battaglia condotta sul terreno politico. Il presidente di Human Life International, padre Thomas Euteneuer, ha fatto notare che in questo momento ben 7 giudici su 9 della Corte Suprema sono stati nominati da presidenti antiabortisti, eppure la sentenza Roe vs Wade è ancora lì. L’idea è che negli anni della presidenza Obama il movimento pro-life non otterrà granché dalla politica federale e che Nancy Pelosi alla Camera e Dianne Feinstein al Senato garantiranno l’approvazione delle leggi sull’aborto e sulla famiglia. Non che Obama sia un fanatico, come ha notato in un articolo apparso su “First Things”, il direttore Joseph Bottum – succeduto a Richard John Neuhaus morto recentemente – ma proprio per il contrario. Obama è un uomo al quale ormai la questione dell’aborto sembra irreale. Proprio per questo egli non farà nessuna marcia indietro. Ecco perché il movimento pro-life potrebbe anche orientarsi ad una maggiore presenza nei centri di aiuto alla vita e alla attività culturale piuttosto che battere ancora la strada della politica. Ma a guardare il video di Catholicvote.org sull’aborto e Obama anche questa ipotesi potrebbe rimanere solo tale.