Sulle internalizzazioni nella Sanità solo equivoci e nessun beneficio concreto

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Sulle internalizzazioni nella Sanità solo equivoci e nessun beneficio concreto

24 Gennaio 2011

In una Regione alla deriva, che deve tagliare di tutto e di più per provare a saldare i conti disastrati della precedente legislatura, pare che la questione di gran lunga più importante sia quella dell’“internalizzazione” dei dipendenti delle cooperative di servizio, sulla quale si è anche sprecata una improduttiva seduta monotematica del Consiglio Regionale, ma sulla quale gravano molti equivoci.

Il primo concerne il riferimento alla “precarietà” del lavoro, che con le internalizzazioni non c’entra per nulla, essendo gli internalizzandi garantiti comunque nella stabilità del loro impiego dall’obbligo, per le imprese subentranti nei relativi appalti, di garantire la continuità dei posti di lavoro in essere. Precari in senso vero e proprio sono, invece, i dipendenti a tempo determinato delle Asl, che non potranno più essere confermati con danno molto più grave per l’efficienza dei servizi, trattandosi di medici e infermieri, e precari stanno anche diventando i dipendenti delle aziende sanitarie private, falcidiate da Vendola senza troppi scrupoli. Ma evidentemente, di questi lavoratori, non interessa granché al governatore della Puglia.  

Il secondo equivoco riguarda il presunto risparmio che l’internalizzazione comporterebbe per la Sanità pubblica: peccato che esso si reggerebbe su un presunto taglio dell’Iva, che comunque sarebbe soltanto una partita di giro per le casse pubbliche. Né si è mai vista una struttura pubblica che costa meno di una corrispettiva azienda privata. In realtà, l’internalizzazione comporta un rischio concreto di dequalificazione dei servizi, con la caduta delle sanzioni, fino alla rescissione del rapporto, che invece sussistono per un’impresa esterna.

Ma quel che conta di più è la filosofia che ispira questa scelta dallo smaccato contenuto ideologico tardo-comunista, per la quale i servizi pubblici non sono prioritariamente finalizzati alla soddisfazione delle necessità degli utenti, ma si risolvono in assumifici fini a sé stessi, tant’è che si “internalizzano” anche gli inservienti di ospedali, reparti e servizi contestualmente destinati alla chiusura.

Ed infatti Vendola e compagni non soltanto non hanno mosso un dito per difendere dal “Piano di Rientro” un solo Ospedale, un solo posto-letto ed il destino complessivo della Sanità privata pugliese, né hanno opposto la benché minima resistenza al blocco del turn-over per medici ed infermieri o all’introduzione indiscriminata di tickets, ma li hanno addirittura direttamente proposti, anche perché le loro gestioni pregresse avrebbero altrimenti determinato la bancarotta sic et simpliciter della sanità pugliese. E soltanto per gli “internalizzandi” si fa una riunione monotematica di Consiglio Regionale, mentre gli Ospedali invece si chiudono senza troppi ripensamenti.