Sulle liberalizzazioni il centrodestra non può perdere altro tempo
09 Giugno 2008
C’è molto elogio della concorrenza nelle Considerazioni finali lette dal Governatore Mario Draghi il 31 maggio scorso. In diversi passaggi del suo intervento, che per tanti aspetti riassume e sintetizza le approfondite analisi contenute nel corpo della vera e propria Relazione, vengono evidenziati e richiamati i benefici derivanti dagli stimoli concorrenziali.
In primo luogo il Governatore ha ribadito che “Non è difendendo monopoli o protezioni che, alla lunga, si genera ricchezza: ma investendo, innovando e rischiando”. Egli ha argomentato che le imprese italiane nei settori esposti alla concorrenza internazionale hanno iniziato una efficace azione di ristrutturazione. La crescente pressione competitiva dei paesi emergenti sui mercati nazionale e internazionali e la disciplina del cambio indotta dall’adozione dell’euro sono tra i principali fattori che hanno catalizzato tale processo. Come documentato nel corpo della Relazione, la ristrutturazione è consistita nel rinnovo della gamma dei prodotti, maggiori investimenti sul marchio, avvio di operazioni di internazionalizzazione. L’adozione di tali innovazioni, che hanno permesso alle aziende di andare oltre la pura concorrenza di prezzo, si sono accompagnate con una maggiore mortalità delle imprese e una ripresa della attività produzione, indice di un processo virtuoso di “distruzione creativa” per mezzo del quale le imprese meno efficienti sono uscite dal mercato; nelle imprese che sopravvivono cresce la redditività e la dimensione media, si modernizzano gli assetti proprietari e di controllo.
Per contro, non manca di osservare Draghi, la ristrutturazione del sistema produttivo non è stata coadiuvata dal settore pubblico dove la produttività ristagna. Anche in questo caso la ricetta di Draghi e di aprire i servizi pubblici alla concorrenza a livello nazionale e anche locale. Nel corpo della Relazione gli economisti della Banca d’Italia sottolineano che nei servizi pubblici locali i processi di liberalizzazione hanno incontrato molti ostacoli. Appaiono limitati i risultati conseguiti in relazione a obiettivi strategici quali la aggregazione tra operatori, la separazione della funzione di regolatore e di gestore del servizio, la copertura dei costi mediante tariffe. Nel campo energetico, la liberalizzazione è incompleta; l’operatore principale continua a beneficiare di un elevato potere di mercato e anche la separazione legale e funzionale tra produzione e trasmissione non avrebbe impedito alle imprese integrate di ostacolare l’accesso al mercato di operatori concorrenti.