Sulle macerie del neo-liberismo è tempo di ripensare il lavoro
11 Maggio 2012
L’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, in collaborazione con il Centro studi Federico Caffè, ha ospitato ieri la presentazione del volume di Stefano Fassina “Il lavoro prima di tutto. L’economia, la sinistra, i diritti” presso la sua sede in Roma. All’incontro erano presenti per discutere con l’autore: il prof. Giulio Sapelli dell’Università Statale di Milano, l’on. Fausto Bertinotti, Presidente della Fondazione Camera dei Deputati, la sen. Anna Cinzia Bonfrisco, componente della Commissione Bilancio del Senato, e l’on. Riccardo Pedrizzi, già Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato.
Ha aperto l’incontro la sen. Bonfrisco, la quale ha pienamente condiviso la scelta dell’sutore di valorizzazione urgente della persona “prima di tutto”, soffermandosi sulle condizione dei soggetti più deboli in questo mercato del lavoro: i giovani che hanno difficoltà ad entrarvi, e le donne, spesso costrette alla scelta “famiglia o lavoro”. Si è poi trattenuta sull’importanza di uno stato sociale che sia amico del cittadino, che lo aiuti nella formazione di un Paese più forte, e sull’importanza di badare al costo dei servizi offerti, ma anche all’efficacia da rendere alle persone.
C’è stato poi l’intervento dell’on. Bertinotti, secondo cui l’opera di Fassina si presta a molti piani di discussione, essendo al tempo stesso un’analisi socio-storica dello sviluppo del Paese, che presenta un impianto programmatico, e la presentazione di un piano culturale su cui esso può poggiarsi. Nel merito, l’on. Bertinotti ha voluto sintetizzare quell’impianto programmatico da lui condiviso come “una grossa operazione ispirata dal buonsenso”, pur se ha voluto porre il quesito all’autore riguardo alle possibilità di conferirgli attendibilità.
L’on. Pedrizzi ha riconosciuto nel volume di Fassina un’opera “intelligente, astuta e furba”, poiché ha tratto spunto dalla crisi per evidenziare i punti di debolezza del capitalismo, o almeno di questo capitalismo, in un momento in cui la finanza speculativa ha raggiunto livelli superiori a quelli pre-crisi. Basta pensare che, già nella “Centesimus Annus”, in maniera analoga, Giovanni Paolo II indicava come inadeguato un capitalismo di questo tipo. Ha poi apprezzato l’ultimo capitolo dell’opera dedicato all’Enciclica “Caritas in Veritate”, proposta antropologica di Benedetto XVI da cui emerge che il fondamento del capitalismo è l’homo oeconomicus: non è quindi possibile scindere le varie attività dell’uomo che – quando agisce – lo fa nella sua interezza. Queste citazioni hanno permesso all’on. Pedrizzi di evidenziare la sintonia fra la visione di Fassina e le varie Encicliche espressione della Dottrina Sociale della Chiesa.
L’ultimo intervento è stato quello del prof. Sapelli secondo cui il libro rappresenta un “vento d’aria fresca”: in esso si nota un cambio di passo, infatti Fassina è il primo economista che, dopo molti anni, torna a definire come vera economia quella che mira alla piena occupazione. Egli ha elogiato l’opera affermando che i grandi politici nel corso della loro carriera, prima o poi si fermano a scrivere libri sul loro progetto, e Fassina lo ha fatto. L’opera, ha concluso Sapelli, segna l’inizio dell’abbandono dell’ideologia neo-liberista all’interno del Partito Democratico.
In chiusura l’intervento dell’autore, che ha voluto ringraziare tutti i partecipanti per il piacevole momento di confronto sul libro, si è soffermato su alcuni quesiti posti di relatori, indicando gli ideali destinatari dell’opera nella classe dirigente più giovane del Pd, poiché un partito è – innanzitutto – un’avventura culturale e un tentativo di ricordare a chi fa politica che esiste una dimensione culturale seria. È stata questa l’ambizione del suo lavoro, in un momento in cui vi è stata una gran subalternità delle forze progressiste. L’autore ha poi spiegato i motivi che lo hanno condotto ad attingere alla Caritas in Veritate: in essa ha potuto trovare un pensiero che non si è piegato, proprio perché il futuro viene dalla politica – che si può tuttavia esprimere in forme diverse – e non dall’economia. Non vale la pena, secondo Fassina, assegnare alla finanza un ruolo primario, ma piuttosto strumentale e complementare. Una via che si sente di suggerire, è quella di rimettere la persona al centro, che è – secondo l’autore – la strada per uscire dal tunnel in cui attualmente ci troviamo.
* Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari