Sulle province occorre una riflessione profonda

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Sulle province occorre una riflessione profonda

16 Febbraio 2012

di V. F.

Bastano due parole. Gestione del territorio. Che in realtà significano molto. Significano tutelare e gestire le risorse naturali come l’acqua, i fiumi, la costa; significano prevenire i pericoli; significano tenere in ordine strade e realizzare infrastrutture. Ecco, se ci fossero dei dubbi, questo è un riassunto efficace di tutto ciò a cui servono le Province. Un dibattito oggi più aperto che mai e non perché è in discussione una legge che vorrebbe abolirle, ma perché l’emergenza neve ha messo in evidenza qual è effettivamente il ruolo di questi enti cosiddetti “intermedi”e quindi qual è  la loro utilità.

Meritano una riflessione le parole pronunciate dal presidente della Provincia di Teramo, Valter Catarra, davanti ad una platea qualificata come quella europea dell’Upi-Tecla di Bruxelles. Il presidente ha parlato in qualità di delegato al Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa (Cplre). E non ha avuto dubbi. Proprio prendendo spunto dalle ultime vicissitudini dei continui dissesti provocati dagli eventi atmosferici, ha messo in risalto come le tanto discusse Province in questo caso abbia esercitato appieno le proprie funzioni, quelle di gestire il territorio. “A questo servono le Province – sottolinea Catarra – e, nonostante non abbiano più risorse sufficienti, lo hanno dimostrato anche negli ultimi giorni, assicurando un livello di coordinamento e di operatività che è insopprimibile. È la riprova che non si tratta di carrozzoni inutili, di cui si può fare tranquillamente a meno, stralciandoli dalla Carta costituzionale”

Catarra ne fa una questione di democrazia, o meglio di mancata democrazia e spiega che “se i cittadini hanno l’impressione che questi enti non funzionino è perché, in questi anni, non sono state assegnate funzioni e risorse sufficienti per programmare e investire. Il cosiddetto Decreto Salva Italia, nella parte in cui sancisce la fine per "lenta agonia" della Province non fa sicuramente il bene del Paese e dei cittadini, come dimostrato dai risparmi irrisori tra l’altro vanificati dai disagi e maggiori costi per la ridefinizione delle competenze e dei servizi che dovranno comunque essere garantiti, ma soprattutto perché rappresenta una ulteriore e pericolosa contrazione della libertà decisionale e della rappresentanza democratica”.

Resta però il problema della molteplicità dei centri decisionali, che dilatano tempi e costi. Ma che probabilmente non saranno risolti da una riforma fatta di fretta e furia che non tiene conto di tutti gli interessi in campo. Lo sottolinea bene un recente articolo apparso sul Corriere della Sera in cui Cesare Pinelli affronta proprio la spinosa questione dell’utilità delle Province. E il suo è un sì, condizionato però alla definizione di ruoli precisi. Perché se è vero che un ente intermedio è necessario – e Pinelli insiste sulle “funzioni di vasta area” affidate alle Province, come la pianificazione urbanistica o della rete dei trasporti, che non possono essere lasciate a Regioni o Comuni – l’altra faccia della medaglia è che le Province italiane hanno funzioni che troppo spesso vanno oltre. L’esempio è quello dell’edilizia scolastica, solo per fare citarne uno. E quindi, funzioni che comunque prevedono assessorati, personale amministrativo. In poche parole: spreco di tempo e di denaro pubblico. Perciò, riassumendo il senso dell’articolo, occorre una vera riforma, che non rifletta gli errori del passato, ma concentri nelle mani della Province poche ben definite funzioni e ne limiti il numero.

Poche e ben definite funzioni, quindi, tra cui la gestione del territorio. Proprio il punto da cui era partito il presidente della Provincia di Teramo, Valter Catarra. “Gestione che non può essere demandata ad altri livelli, al microlivello comunale ma neanche al macrolivello regionale – afferma Catarra -, che sarebbe a dir poco ingestibile per territori vasti ed eterogenei. E le recenti calamità naturali, i fenomeni sismici, le passate alluvioni fino agli ultimi eccezionali eventi meteorologici, dimostrano con chiarezza che in Italia purtroppo la gestione del territorio è sempre più gestione dell’emergenza, in cui la capacità di intervenire in maniera tempestiva ed efficace degli enti locali, anche in ragione della maggiore conoscenza e "prossimità" all’ambito amministrato, diviene d’importanza cruciale. Eliminare o peggio lasciare al guado le province significa lasciare il territorio, la comunità locale, senza difese, senza presidii, senza tutele. Senza le Province si rischia solo un’Italia infinitamente più fragile”.