Sulle riforme il Pdl guarda a Lega e Udc ma non vuole restare col cerino in mano
10 Febbraio 2012
Avanti con le riforme ma senza scoprire le carte prima che la partita sia iniziata. E’ un invito tattico alla prudenza quello del Cav. che ragiona su due cose: dal un lato le prove tecniche d’intesa riforme istituzionali e legge elettorale, dall’altro le alleanze per le amministrative di maggio. Entrambe si tengono e da entrambe dipende buona parte dell’operazione-dialogo messa in campo dal Pdl con Pd, Lega e Terzo Polo.
Nel vertice con lo stato maggiore del partito Berlusconi fa il punto della tre-giorni di incontri bilaterali con le altre forze politiche ma apre pure il dossier amministrative, invitando i suoi a non anticipare la strategia prima di aver ottenuto garanzie e risultati sulla concreta possibilità di un’intesa. Il sospetto di fondo è che alla fine se il cammino delle riforme dovesse incepparsi, la colpa venga addossata al suo partito. Non a caso Gaetano Quagliariello che con Ignazio La Russa ha guidato la delegazione pidiellina osserva che l’iniziativa è servita a “tirare il tema fuori dal sottoscala della politica. Ci siamo resi conto che molti coltivavano l’intenzione di non cambiare nulla per poi scaricare sul Pdl la responsabilità. Abbiamo smontato questo gioco”. Ancora più chiaro quando ribadisce l’intento: “Noi le riforme vogliamo farle. Vogliamo una democrazia più efficiente, meno parlamentari, iter legislativi più rapidi, ripartizione delle competenze fra le due Camere, governi che abbiano gli strumenti per governare e partiti regolati da norme che ne garantiscano la trasparenza. Abbiamo le idee chiare ma anche disponibilità al confronto. Gli alibi sono caduti, ora ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità”.
E se col Pd la strada del dialogo sembra ben avviata come testimoniano Cicchitto e Franceschini nel faccia a faccia pubblico sulle riforme (convergenza sugli obiettivi della riforma elettorale: ridare la possibilità ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti; non costringere più nessuno ad alleanze forzose; ridurre la frammentazione ipotizzando uno sbarramento almeno al 5 per cento), ai piani alti di via dell’Umiltà Lega e Udc restano ‘i sorvegliati speciali’, sia sul versante del nuovo sistema di voto su cui trovare la quadra, sia sulle possibili alleanze in vista delle amministrative; test elettorale che servirà anche a capire anche i possibili scenari dei prossimi mesi, alla vigilia delle politiche. Per questo tutto si tiene, per questo la fase è talmente delicata che il Pdl preferisce andarci sì determinato e dialogante, ma con i piedi ben piantati per terra.
Per passare dalle parole ai fatti, Franceschini dice che serve una “mozione comune da approvare entro marzo”e Cicchitto rilancia: si può fare ma prima di avviare l’iter parlamentare, Alfano, Bersani e Casini dovranno siglare un’intesa anche sulle riforme costituzionali. Perché, come va ripetendo da giorni Quagliariello, riforme costituzionali e riforma della legge elettorale devono andare di pari passo. "La legge elettorale non è una bacchetta magica in grado di risolvere tutti i problemi, ma uno strumento empirico di selezione della rappresentanza che è tanto più efficace quanto più si armonizza con il contesto istituzionale. Quindi non solo bisogna fare anche la riforma della Costituzione, ma credo anche che prima di decidere come i parlamentari debbano essere eletti sia logico stabilire quanti debbano essere, quali compiti saranno loro assegnati”.
Dalla prossima settima il partito aprirà tavoli ad hoc per ragionare su alleanze e candidati sondando da un lato il Carroccio e dall’altro il Terzo Polo e tuttavia con una particolare attenzione ai centristi. L’obiettivo è arrivare nella maggioranza dei comuni del Nord al voto a confermare il patto con il Carroccio: sarà il Cav. a trattare direttamente con Bossi, almeno in questa prima fase. La stessa cura sarà riservata all’Udc che col Pdl governa in undici amministrazioni che tornano alle urne. Ed è chiaro che su questo terreno i pidiellini hanno tutto l’interesse a chiudere l’intesa sulla legge elettorale senza forzare la mano né con Bossi né con Casini ma non per questo sono disposti a rinunciare a paletti ben precisi già piantati al tavolo delle trattative che si chiamano: salvaguardia di un bipolarismo tendenziale, no alla frammentazione, incentivare le alleanze senza costringere alle ammucchiate” e come spiega Quagliariello “stimolare le forze terze rispetto ai due principali schieramenti a crescere piuttosto che a conservare da una posizione minoritaria il proprio potere di determinare governi e maggioranze a geometria variabile”.
Lo schema su cui si ragiona in casa Pdl è arrivare a una legge elettorale che premi non più la coalizione ma i partiti che prendono un numero maggiore di consensi. In questo modo, è il ragionamento di alcuni dirigenti di via dell’Umiltà, si va a un rafforzamento del partito evitando di esporlo ai ricatti della Lega e al tempo stesso costringendo Casini a una scelta chiara e netta sulle alleanze (insomma depotenziando il ruolo di ago della bilancia, cosa che pare gradita anche al Pd).
Ma la decisione del leader Udc in Sicilia di non allearsi col candidato del Pdl a Palermo bensì di appoggiare quello di Fli, nelle file pidielline viene letta come una sorta di avviso ai naviganti per il dossier legge elettorale. Ma c’è chi ci legge pure una possibile proiezione della strategia centrista per il 2013. Anche per questo è bene giocare a carte scoperte e la dimostrazione pratica della buona volontà di tutti i partiti deve prima passare dalla revisione dell’architettura dello Stato.