Sull’immigrazione clandestina Obama deve fare i conti con l’Arizona

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Sull’immigrazione clandestina Obama deve fare i conti con l’Arizona

28 Aprile 2010

Se nell’agenda di Obama il tema dell’immigrazione non compare certo nella lista delle priorità, in Arizona la questione è diventata rovente a tal punto da decidere di mettere in atto un giro di vite contro i clandestini. Il nullaosta per l’attuazione di questa linea dura è stato dato dalla governatrice repubblicana dell’Arizona, Jan Brewer, che venerdì scorso ha firmato la conversione in legge di un controverso provvedimento che fa dello Stato un baluardo nella lotta contro l’immigrazione irregolare negli Stati Uniti. La legge autorizza le forze dell’ordine ad arrestare anche senza motivo persone sospettate di essere entrate illegalmente nel Paese.

Le reazioni sono state immediate e molto accese sul fronte politico e non solo. Il presidente Obama ha sparato a zero sulla legge anti-clandestini definendola totalmente "irresponsabile" e ha sottolineato che l’iniziativa dell’Arizona "minaccia di colpire i valori di base degli americani, così come il rapporto di fiducia tra la polizia e le comunità locali che è cruciale non danneggiare". Il ministro degli esteri messicano Patricia Espinosa ha affermato che il decreto potrebbe danneggiare le relazioni tra Messico e Arizona, due stati che da sempre hanno forti legami commerciali. A farle eco il Presidente messicano Felipe Calderon, secondo cui la legge "apre la porta all’intolleranza, all’odio, alla discriminazione e all’abuso della polizia". Dal giorno successivo la firma della ‘legge punitiva’ si sono susseguite proteste, la più forte cinque giorni fa, inscenata da migliaia di cittadini ispanici davanti al Parlamento dell’Arizona.

Il punto della legge che fa storcere il naso a molti e mettere sulla difensiva moltissimi altri, è l’ampio margine di discrezionalità concesso alle forze di polizia che dovrebbe concedere o meno il lasciapassare in base a un "ragionevole sospetto". Se da un lato è concepibile e giustificabile questa valanga di dissensi e perplessità, dall’altro non è trascurabile la situazione in cui versa quell’area. Solo in Arizona, si stima che vivano 460 mila immigrati irregolari. Ciò ha un peso economico considerevole (si stima si arrivi annualmente a 1 miliardo di dollari) per spese scolastiche, sanitarie e penitenziarie. Migliaia di messicani entrano illegalmente in quella parte del sud ovest statunitense e invece di cercare un lavoro, che è comunque poco, si dedicano allo spaccio di droga, ai furti, alla cattura di cittadini presi come ostaggi per il cui rilascio chiedono somme ingenti. Phoenix è diventata una sorta di Ellis Island illegale, abitata da trafficanti di uomini (smuggler) che trattengono i migranti in covi in attesa di farli sloggiare.

Non meno trascurabile è il fatto che ben il 70% degli abitanti dell’Arizona ha dato il suo consenso affinché la legge passasse. Questo è sintomatico del fatto che il livello di tolleranza della popolazione ha superato ogni limite e che ribolle una forte volontà di cambiare lo stato delle cose. "Illegale è illegale – ha detto il senatore repubblicano Russell Pearce, sponsor della legge – D’ora in poi avremo meno crimini. Avremo tasse più basse. Avremo quartieri meno pericolosi. Avremo code meno lunghe negli ospedali. Avremo classi meno affollate". Secondo il senatore la legge toglierà alla polizia "le manette politiche" che impedivano agli agenti di identificare e arrestare gli immigranti illegali.

Gli sforzi fatti fin ora per contrastare le ondate irregolari, i muri eretti (il Safeguard) per arginare il flusso di persone che tenta di cambiare vita non hanno mai frenato del tutto il fenomeno. Ed è ragionevole pensare che non lo freneranno, anche perché la crisi economica ha colpito anche e soprattutto i lavoratori ispanici immigrati e questo non fa che fomentare la voglia di scappare in cerca di condizioni migliori rispetto al paese di partenza. Oltre al fatto che dall’esplosione del dibattito sull’immigrazione questo muro è diventato sempre più sottile, fino a sparire: dal "vitual fence" di Bush a quello inesistente di Obama. Riconoscendo la necessità di intervenire – cosa alla quale l’attuale Presidente americano dovrebbe iniziare seriemente a pensare – un dubbio, però, rimane. Un provvedimento così duro e che lascia totale libero arbitrio alle forze dell’ordine, potrà essere realmente efficace?