Sull’Iran Mogherini continua a non dire la verità
12 Novembre 2017
La settimana scorsa, il capo della diplomazia europea Federica Mogherini ha parlato a Washington dove ha incontrato alcuni membri del congresso americano. Citando l’accordo sul nucleare stretto da Obama con l’Iran, Mogherini ha sostenuto che Teheran “non svilupperà mai un’arma nucleare”, dando nello stesso tempo adito alla tesi, frequente tra i difensori del “deal” con l’Iran, per cui non ci sarebbe un diretto legame tra l’atteggiamento aggressivo tenuto dalla Repubblica islamica negli ultimi due anni e l’accordo obamiano.
Il capo della diplomazia europea sostiene quindi che il “deal” sia stato sottoscritto solo per risolvere una questione, quella del nucleare iraniano. Ma non è vero. La mano tesa di Obama e dell’Europa ha, al contrario, favorito le mire espansionistiche della Repubblica islamica. Nella Risoluzione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2231, che ha approvato l’accordo Usa con l’Iran, viene infatti concessa a Teheran la possibilità di tornare a esportare armi senza l’ok preventivo dello stesso consiglio di sicurezza. Prima dell’accordo obamiano, all’Iran invece era categoricamente proibito di importare o esportare armi dal paese.
La risoluzione dell’Onu inoltre ha indebolito le restrizioni al programma nucleare iraniano, consentendo a Teheran di sviluppare missili balistici dopo otto anni dalla sottoscrizione dell’accordo stesso. Il fatto che l’accordo avrebbe alimentato la politica di potenza iraniana era già stato evidenziato da grandi giornali americani con il Washington Post, che nel marzo scorso aveva scritto con chiarezza queste cose. E’ andata esattamente così, con lo scatenarsi dell’offensiva iraniana a fianco del regime di Assad in Siria contro lo Stato islamico, cosa buona e giusta, ma che vuol dire anche una avanzata iraniana nel cuore dell’Islam sunnita.
Lo scorso 15 ottobre le milizie sciite sostenute dagli iraniani hanno attaccato e conquistato la città di Kirkuk nella area autonoma curda. Kirkuk era nelle mani dei peshmerga curdi fin dal 2014, quando era stata strappata allo Stato islamico. L’offensiva iraniana su Kirkuk è stata quindi un duro colpo alle speranze dei curdi di ottenere uno stato indipendente, oltre ad aver rafforzato il controllo di Teheran su Bagdad.
Nello Yemen, un altro dei paesi arabi distrutti da quelle guerre civili che gli apostoli di Obama continuano ingenuamente a chiamare “primavera araba”, i ribelli Houthi hanno sparato missili balistici contro un aeroporto di Riad, in Arabia Saudita, aprendo quindi una vera e propria escalation tra i due paesi. Per non dire del Libano, dove l’ormai ex premier Hariri ha annunciato le sue dimissioni lasciando intendere che la sua vita è in pericolo. Suo padre è stato assassinato nel 2005 e un tribunale internazionale ha individuato i suoi killer nell’Hezbollah, il partito di Dio libanese sponsorizzato dall’Iran.
Oltre ad aver ampliato il suo controllo in un’area che va dall’Iraq allo Yemen al Libano, tutto questo sempre dopo la firma degli accordi di Obama, Teheran ha rafforzato la sua presenza in Siria con l’aiuto della Russia, compresa la conquista di Aleppo, la più vasta area urbana in Siria. In Siria, l’Iran sta gettando le basi per conquistarsi una sponda sul Mar Mediterraneo e dunque una postazione per attaccare direttamente lo stato di Israele. Il “deal” obamiano, insomma, un po’ come tutta la politica estera del presidente democratico, dall’Ucraina al Medio Oriente, è un colossale fallimento.
Mogherini, i renziani, e tutti quelli che in Italia hanno creduto alle favole di Obama, adesso dovrebbero ricredersi e ammettere di aver sbagliato, ma questo non avviene perché significherebbe demolire un mito, quello del presidente premio nobel per la pace. Donald Trump ha messo in guardia il Congresso Usa e l’Europa dalle mire aggressive dell’Iran e chiesto che gli accordi stretti dal suo predecessore vengano sottoposti perlomeno a una revisione. Ma nonostante questo, per ora, c’è una bella differenza tra le parole e i gesti della amministrazione Usa. La presa di Kirkuk da parte degli iraniani – davvero un bel gesto di riconoscenza dell’Occidente verso chi, come i Peshmerga curdi, ha combattuto ed ha pagato un alto prezzo di sangue contro i terroristi dello Stato islamico – è avvenuta poco dopo i minacciosi discorsi di Trump contro l’Iran.
Cosa farà la Casa Bianca trumpista? Riuscirà a contenere l’espansionismo iraniano e a impedire che i mullah continuino a finanziare le milizie nello Yemen o quelle in Libano e in Siria? Rispetto a quanto dicevamo all’inizio, però. quello che ci interessa sottolineare in questo caso è che, a differenza di quanto crede la Mogherini, gli appetiti egemonici iraniani sono stati alimentati dall’accordo obamiano, non il contrario. Per Trump, non è ancora troppo tardi per cambiare le cose. Difendendo Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, sempre più sola.