Sull’Iraq McCain appoggia Bush contro i democratici
16 Aprile 2007
Sul bill che
finanzia la campagna militare in Iraq, il braccio di ferro tra la presidenza
Bush e la maggioranza democratica al Congresso continua e si intreccia con la
campagna elettorale per le primarie che designerà i due candidati alle elezioni
presidenziali del prossimo anno.
L’oggetto del contendere è la pretesa dei democratici di
inserire nella legge che stanzia circa 100 milioni di dollari per le campagne
in Afghanistan e in Iraq una chiara indicazione temporale sul ritiro delle
truppe da Baghdad. Nella versione approvata dalla Camera dei Rappresentanti
tutte le truppe in Iraq dovrebbero essere ritirate entro il 31 agosto 2008,
mentre nel testo votato dal Senato il ritiro dovrebbe iniziare tre mesi dopo
l’entrata in vigore della legge per concludersi entro il 31 marzo 2008.
Dal suo canto, il presidente Bush ha da tempo annunciato che
porrà il veto alle due leggi, sostenendo che non ha senso indicare una data del
ritiro prima che la situazione nel paese sia stabilizzata e la sicurezza
gestita in modo accettabile dal legittimo governo iracheno. Nel caso in cui il
presidente ponesse il veto, il Congresso potrebbe approvare il bill solo con una maggioranza dei due terzi
dei voti, che al momento i democratici non hanno salvo massicce e clamorose
defezioni nelle file repubblicane. Quest’ultima è un’eventualità abbastanza
remota ma non impossibile, considerando che alcuni repubblicani hanno già
votato con i democratici il bill in
questione, e che la guerra in Iraq è divenuta molto impopolare presso l’opinione
pubblica americana.
La novità dei giorni scorsi è che il presidente ha invitato
alla Casa Bianca i leader della maggioranza democratica in Congresso, per
uscire dallo stallo che si profila tra le parti in campo. Tuttavia, come
riporta il solitamente ben informato Washington Post, “Bush ha chiarito che non
sta arretrando dalla sua richiesta chiave, un bill “pulito” senza dead line artificiali per il ritiro né
restrizioni ai comandi che operano sul campo”. Se i democratici insisteranno
nell’inserire un indirizzo politico sulla guerra nella legge di finanziamento,
ha ribadito il presidente in un discorso ai veterani di guerra riuniti a
Fairfax, non esiterà minimamente a mettere il suo veto. Da parte loro, i leader
democratici della maggioranza alla Camera e al Senato, Nancy Pelosi ed Henry M.
Reid, hanno fatto capire che non parteciperanno ad un incontro che imponga tali
pre-condizioni al negoziato.
Nel dibattito è intervenuta un’altra importante voce
repubblicana, John McCain. Il senatore che ha criticato duramente l’amministrazione
Bush su Abu Ghraib e ha imposto nel 2005 un bill
%0Abipartisan che vieta senza eccezioni la tortura, stavolta difende a spada
tratta la linea presidenziale. Forte anche della sua esperienza di reduce del
Vietnam, McCain aveva già proposto ben prima di Bush, ed in contrasto con la
dottrina Rumsfeld, di inviare massicci rinforzi per stroncare una volta per
tutte la guerriglia in Iraq. Parlando il 10 aprile al Virginia Military Institute, il senatore ha
affermato con forza che “l’America ha un interesse vitale ad impedire che
l’Iraq diventi una sorta di selvaggio west per i terroristi come lo era
l’Afghanistan prima dell’11 Settembre. Lasciando l’Iraq prima che vi sia un
governo stabile noi rischiamo proprio questo, e la conseguenza potenziale di
permettere un santuario terrorista in Iraq è un altro 11 Settembre o peggio”.
Secondo l’International
Herald Tribune, l’appoggio alla guerra in Iraq sta indebolendo la posizione di
McCain nella corsa per la nomination repubblicana alle presidenziali 2008.
Tuttavia, difficilmente ciò scoraggerà un combattente come il senatore, che
rimase cinque anni e mezzo prigioniero dei vietcong mentre il padre era il
comandante in capo delle truppe americane in Vietnam pur di non cedere al
ricatto dei sequestratori.