Sullo scostamento di bilancio un voto scontato. L’errore del centrodestra è stato farne un caso politico.

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Sullo scostamento di bilancio un voto scontato. L’errore del centrodestra è stato farne un caso politico.

27 Novembre 2020

Nel day after del gran galà parlamentare sullo scostamento di bilancio, si contrappongono due diverse letture. Da un lato l’informazione “istituzionale”, mainstream, che saluta il voto favorevole e compatto del centrodestra come una svolta epocale e il Cavaliere come un novello Metternich. Dall’altro i commentatori d’area, preoccupatissimi che l’opposizione sia caduta in una trappola mortale e convinti che la giornata di ieri abbia sancito di fatto un sostegno all’esecutivo.

La verità è un’altra, ed è distante tanto dall’entusiasmo degli integrati quanto dall’inquietudine degli apocalittici. Essa risiede nel significato tecnico dello scostamento di bilancio: il quale vuol dire, semplicemente, che lo Stato italiano è autorizzato a spendere quest’anno più di quanto nella finanziaria dello scorso anno fosse stato preventivato. Considerando che lo scorso anno la parola “coronavirus” era nota solo a qualche virologo, e forse neanche a loro, trattasi di una ovvietà. Non foss’altro che per le spese da cassa integrazione e per il mancato gettito fiscale. Non è infatti il primo scostamento che viene approvato dall’inizio della pandemia, e se sarà l’ultimo è soltanto perché siamo arrivati a dicembre e questo terribile 2020 è praticamente finito.

Su come dei patrioti avrebbero dovuto votare rispetto allo scostamento, insomma, non si sarebbe nemmeno dovuto discutere, senza che questo implichi in alcun modo cambi di casacca o sostegni manifesti o mascherati al governo Conte. E’ un po’ come per i debiti di guerra, con la non banale variabile che in questo caso la guerra dipende non da decisioni umane ma da un virus e dalle sue conseguenze socio-economiche. Lo ha capito per tempo la pattuglia di parlamentari che fa riferimento a “Cambiamo” di Giovanni Toti, ma il punto ora non è attribuire pagelle o primazie. Il punto è che in una politica consumata nei 280 caratteri di un tweet, nella quale i leader si fanno follower (dei like, dei sondaggi, di un’opinione pubblica da assecondare invece che da aiutare nella comprensione di temi complessi…), anche spiegare l’ovvietà di un voto tecnico diventa problematico per paura di perdere un consenso epidermico e immediato. E il risultato è che, quando l’ovvio presenta il conto e il voto parlamentare va nell’unica direzione nella quale poteva andare, la drammatizzazione esasperata di un passaggio scontato carica l’evento di un significato politico esorbitante, da dover giustificare fingendo di aver ottenuto in cambio chissà che cosa.

Diverso, e profondamente politico, è invece il discorso sul modo con il quale questo ulteriore extra-indebitamento verrà impiegato. Lì l’opposizione sarà chiamata a dare battaglia, possibilmente senza limitarsi a farlo in formato social network. E’ stato anche giusto porre il tema prima del voto sullo scostamento, perché un’autorizzazione di spesa è strettamente legata alle finalità della spesa stessa. Ma se lo si fosse fatto in termini oggettivi, distinguendo i diversi passaggi e senza dare l’idea che autorizzare uno scostamento equivalesse ad approvare una manovra finanziaria, si sarebbe impedito al governo di rivendicare un risultato politico inesistente e all’informazione di dare l’idea che l’opposizione si sia offerta a Giuseppe Conte.